venerdì 23 settembre 2011


«Manager e mamma di 9 figli? Si può» di Raffaella Frullone, 23-09-2011, http://www.labussolaquotidiana.it/

Le mamme lavoratrici, le donne multitasking, le amanti del cinema e le fan di Sara Jessica Parker sono in fibrillazione per l’arrivo, questa sera, nelle sale italiane di Ma come fa a far tutto?, lungometraggio che vede la protagonista di Sex and the City vestire i panni di una donna manager in bilico tra lavoro e carriera. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Allison Pearson, in Italia pubblicato dalla Mondadori, in cui la giornalista del Telgraph fornisce una sorta di manuale di sopravvivenza per mamme che lavorano.  Il film, regia di Douglas McGrath, vede Sara Jessica Parker interpretare Kate Reddy, una donna con un’avviata carriera nel mondo della finanza e mamma di due bambini e si snoda sui tentativi, a tratti rocamboleschi, a tratti  romantici, di conciliare e rendere perfetto l’equilibrio tra vita professionale e menage familiare.

Ad attendere il film ci sono anche i due femminili italiani più letti A, gruppo Rcs e Vanity fair, gruppo Condénast, che due settimane fa  hanno dedicato la copertina alla protagonista titolando rispettivamente “La crisi? La pagheranno le donne acrobate” e “Perché le donne devono scegliere e gli uomini no?”.

All’interno delle riviste due interviste che, naturalmente, prendono spunto dal titolo per chiedere a Sara Jessica Parker, 46 anni, sposata con tre figli, uno di 9 anni e due gemelle avute grazie ad una madre surrogato, se sia davvero possibile conciliare l’inconciliabile, ovvero la maternità e la carriera.
Dice Sara Jessica Parker a Vanityfair: “Il desiderio di famiglia non si può cancellare. Ma, una volta realizzato, non puoi nemmeno disfare quello che sei, quello per cui magari hai studiato anni, lottato anni. Il conflitto del personaggio sta tutto qui”.

Mentre per avere un’idea del personaggio dovremo attendere di vederlo sul grande schermo,  abbiamo intervistato una donna che certamente ha le carte in regola per parlare del conflitto famiglia – lavoro, se di conflitto si può parlare.

Classe 1960, nazionalità francese, bionda, occhi azzurri, fasciata in un elegante abito di pizzo bianco Clara Lejeune è amministratore delegato unico e presidente della General Electrice France un’azienda che conta 10mila dipendenti, sposata con Hervè Gaymard, ex ministro dell’economia francese, e  madre nove figli di età compresa tra 4 e 18 anni. «Ma come fa a far tutto?» è una domanda che le rivolgono molto spesso.

«A dire il vero me lo chiede spesso proprio mio marito – risponde divertita – ma non credo di avere un trucco da svelare. Semplicemente ad un certo punto ho abbandonato l’idea di dover fare tutto in modo perfetto e ho capito che l’importante è esserci. Amo mio marito e amo i miei ragazzi, cerco di fare quello che posso, non sempre ci riesco, ci sono giornate in cui tutto fila liscio e altre che sono un disastro, in quel caso semplicemente mi scuso, non sono una super mamma e i ragazzi lo capiscono. Sul lavoro ho imparato a delegare, se ho un appuntamento importante in famiglia esco prima. Non c’è riunione d’emergenza che tenga, non c’è invito di manager, politici e imprenditori importanti che mi trattenga, semplicemente esco. Certo mi sono giocata delle opportunità, ma la mia famiglia viene prima e questo non ha penalizzato in maniera determinante la mia carriera».

Clara Gaymard dice tutto questo con la naturalezza di chi vive una dimensione di normalità simile a tante altre e intuisce che per chi ascolta non sia così «Noi donne abbiamo la tendenza a voler far tutto, tutto per noi e tutto per i nostri figli. Io mi sono aiutata con poche semplici regole, una è questa: niente cene fuori. Sono i momenti più belli in cui siamo tutti insieme attorno allo stesso tavolo e non me ne priverei mai. Non accetto inviti fuori, non esistono cene di lavoro. Se decidiamo di vedere degli amici li invitiamo a casa oppure andiamo noi da loro, tutti e undici naturalmente. Anche i ragazzi hanno una regola: possono svolgere un’attività extrascolastica e che sia raggiungibile a piedi da casa, non posso accompagnarli tutti e nove a canto, pallavolo, musica, pattinaggio. Per qualcuno questa può essere una scelta penalizzante, io invece cerco di far scegliere ai miei figli quello che li appassiona davvero: una cosa, oltre la scuola, è sufficiente».

Quindi conciliare carriera e famiglia è possibile?
«Mi dispiace che si parli di conciliare. Noi donne siamo innanzitutto madri, questo non significa che se c’è la possibilità, non dobbiamo lavorare. Per me è importante che ogni donna abbia la possibilità di scegliere, che se desidera stare accanto ai figli lo possa fare, che se torna al lavoro non venga relegata a fare fotocopie, vorrei che ogni madre potesse vivere la gravidanza, ma anche la propria maternità nel modo più sereno possibile. La mia vita è complicata, ma mi chiedo “chi non ha una vita complicata?” anche con due figli è complesso, anche stando a casa a curare i figli ci sono le difficoltà. Ecco io dico che una donna dovrebbe poter scegliere serenamente, perché la serenità nella scelta sarà poi la forza di affrontare le difficoltà. Sento tante madri che si lamentano anche per cose piccole, io mi sforzo e cerco di non farlo. Mi dico “I miei figli hanno diritto ad avere una madre contenta”. Per questo il mio dovere è fare il meglio, il resto lo affido serenamente a Dio».

Nello sguardo sicuro di Clara Gaymard sembrano fondersi la serenità e l’umiltà di suo padre Jérôme Lejeune (1926 -1994),  medico, ricercatore e scopritore della sindrome di Down, Lejeune fu il primo grande oppositore delle pratiche eugenetiche e accanito difensore della dignità della vita. Grande amico di Giovanni Paolo II, fu il primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, e nel 2007 è iniziato il processo per la sua beatificazione.

«Ho avuto la fortuna, o forse sarebbe meglio dire la grazia di essere sua figlia, di vivere con lui. Un medico e un ricercatore, che però riusciva sempre ad ascoltarci. Aveva poco tempo, ma ogni giorno veniva a casa per pranzare insieme e allora era tutto per noi bambini, ci ascoltava e stava con noi. Il pranzo era anche il momento in cui papà raccontava quello che faceva sul lavoro. Ancora ricordo di quando ci descrisse questi bambini, con il viso un po’ cicciottello, dallo sguardo particolare, ci raccontava che nessuno li voleva, e che i genitori si vergognavano e lui diceva “Io voglio aiutare questi bambini, sono bellissimi”. Era felice di fare questo. Io non sono un medico, sono diversa in tante cose da mio padre, ma nel cuore ho la stessa felicità».

«La vita è felicità» è anche il libro scritto da Clara Gaymard nella quale racconta la sua vita e quella di suo padre. Il segreto per la felicità dunque non è riuscire a fare tutto?
«Ci sono cose importanti, e altre urgenti. E molte cose urgenti non sono importanti. Quelle importanti, poi, spesso non possono essere risolte rapidamente, perciò, non vanno fissate come urgenti. La serenità è prenderne atto e fare al meglio quello che si può fare, la felicità è sapere che c’è qualcuno che, per fortuna, che ha progetti diversi e più grandi dei nostri».

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