Il miracolo dell'occhio? Il darwinista non lo vede di Umberto Fasol, 23-09-2011,
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Tutto è scontato; nulla deve
stupire: semplicemente esiste e non potrebbe essere diversamente, infatti
c’è. Questa è la logica del darwinismo
moderno. Nell’ultimo numero di Le
Scienze (settembre 2011) un articolo importante, enfatizzato anche
nell’editoriale, esemplifica molto bene questo dogma, applicandolo all’occhio,
quello stupendo organo di senso che ci consente di introiettare il mondo
esterno, di godere della bellezza di un volto e di un paesaggio e perfino di
sorridere.
Da sempre – si sottolinea nel
pezzo – l’occhio è stato presentato come un esempio di irriducibilità e quindi
di creazione immediata, senza evoluzione.
Lo stesso Darwin si era reso conto di questo, ma ora, dopo 150 anni di
scoperte e di ricerche, la scienza biologica è in grado di dimostrare che anche
l’occhio, come tutta quanta la vita, è frutto di piccole ma continue
trasformazioni che, a partire da un sensore per il ritmo circadiano, è
diventato quel globo mobile che tutti apprezziamo.
Come? Per effetto della selezione
naturale, la solita bacchetta magica.
“Un ingegnere che avesse
progettato l’occhio con questi difetti, rischierebbe di sicuro il licenziamento.”
Come a dire: spazziamo subito via dal nostro orizzonte ermeneutico il grande
Nemico della Scienza, Dio. Con questa perentoria certezza Trevor Lamb,
ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze all’Università Nazionale di
Canberra in Australia, nell’ultimo numero di “Le Scienze” intende archiviare
definitivamente e trionfalmente la tesi del “disegno intelligente” e mettere la
“pietra tombale sul concetto di complessità irriducibile”, applicata al suo
esempio più classico: la bellezza e l’efficienza dell’occhio umano.
Quali sono questi scandalosi difetti dell’occhio umano? Sono numerosi, a
detta dell’autore, che, comunque, si accontenta di enunciarne tre, “che
degradano la qualità dell’immagine”: “una retina invertita che costringe la
luce a passare attraverso i corpi cellulari prima di raggiungere i
fotorecettori; vasi sanguigni nella superficie interna della retina; una
macchia cieca dove le fibre nervose convergono in un nervo ottico”.
Perché esistono questi difetti di
costruzione, si chiede l’autore dell’articolo?
Risposta: “Perché la selezione
naturale non produce perfezione, ma piuttosto si destreggia con il materiale a
disposizione, con conseguenze talvolta bizzarre”
Il ragionamento è dunque semplice
e a tutti comprensibile: se l’occhio è difettoso, non può essere il frutto
della creazione di un Essere intelligente. Questa è la verità, anzi, l’unica
verità possibile in campo scientifico, dove tutto è rivedibile per definizione.
Una volta che abbiamo escluso con
baldanza l’esistenza di Dio, possiamo procedere a trovare qualche
soluzione. Ma sarà un percorso in
discesa, perché il vero Nemico della Scienza è appena stato ucciso; ogni
alternativa potrà andare bene. E allora
ecco l’altra verità: la selezione naturale. L’occhio è un bricolage fortuito e
quindi sempre migliorabile, eseguito dall’ambiente e dalla sua selezione, che
non ha alcuna causa, non ha alcuno scopo da perseguire e tanto meno una
funzione (la vista) da sviluppare.
L’autore fornisce le prove
sperimentali di questo percorso fortuito e inatteso. In soli 100 milioni di
anni un sensore luminoso di ritmi circadiani risalente a 600 milioni di anni
fa, si è evoluto in un organo otticamente e neurologicamente raffinato,
databile 500 milioni di anni.
La filiera dell’occhio umano
inizia, secondo il dr. Lamb, con la retina della missina, un agnato
dall’aspetto piuttosto primitivo, che si presenta a due strati cellulari, con
una struttura morfologica che ricorda quella dell’epifisi dei vertebrati non mammiferi,
la ghiandola che regola i ritmi circadiani.
In pratica, il dr. Lamb vuole
ricostruire l’occhio a partire dai suoi pezzi come il bambino fa con il gioco
del Lego. Inizia con la retina e
prosegue con la sua curvatura a globo, quindi con la genesi del cristallino e
dei muscoli che muovono l’occhio.
Qual è la causa di queste
creature? “La pressione di selezione”.
Imbarazzante.
Che cosa vuol dire “la pressione
di selezione”? Come può una lente
convergente come il cristallino comparire dal nulla di sé per effetto di una
spinta dell’ambiente di vita dell’animale?
E i muscoli oculo-motori? E la retina? E il nervo ottico?
In natura questo non si verifica
mai. La selezione opera su ciò che esiste prima della sua azione; non può
creare nulla. E quanto alla sua
“pressione”, abbiamo seri dubbi: in natura c’è posto per tante soluzioni
diverse.
Ma quello che sconcerta di più è
il silenzio assordante dell’autore su quella che è la funzione dell’occhio: la
vista. Si noti bene che la vista non fa meraviglia; i difetti dell’occhio, sì.
Eppure… nessun centimetro
quadrato del nostro corpo è trasparente alla luce, tranne quei due punti che si
trovano in apposite fossette ossee, nella parte superiore del cranio facciale.
Lì accade il miracolo: un raggio
di luce che porta le informazioni sulla realtà entra nel nostro corpo, lo
perfora letteralmente attraversando un diaframma che si dilata e si restringe a
seconda della luminosità, con apposito muscoletto circolare (il famoso
costrittore della rima pupillare).
La luce buca la cornea
dell’occhio e viene concentrata da una lente convergente, il cristallino, su un
fondo di cellule fotosensibili che tappezzano il globo (la retina).
L’immagine viene messa a fuoco
sulla retina, rovesciata in base alle leggi dell’ottica, scatenando una serie
di reazioni chimiche.
Il segnale chimico ridiventa
segnale elettrico lungo il nervo ottico che conduce l’informazione fino al
cervello occipitale.
Lì un altro miracolo: gli impulsi
elettrici creano una costellazione di segnali tali per cui il cervello (meglio:
la mente) elabora l’immagine che sta fuori di noi.
Ne siamo consapevoli: stiamo
vedendo!
Dentro di noi si è formata
l’immagine di ciò che sta fuori e il nostro cuore continua a pompare sangue, i
reni a filtrarlo, i polmoni si dilatano e si restringono, in assoluta
indifferenza a quanto sta accadendo agli occhi…
La vista c’è, ma il nostro corpo
potrebbe funzionare anche senza…
Se c’è una complessità
irriducibile, è proprio la vista, che trascende la retina, la rodopsina, i
muscoli oculomotori, il nervo e tutto l’hardware occorrente.
Come può aver agito l’ambiente
naturale per creare tutti questi pezzi, per metterli insieme per realizzare una
funzione che li trascende sia come singoli che come organizzazione?
Affermare poi che la vista sia “degradata”
dai vasi sanguigni (necessari per irrorare tutti i tessuti coinvolti… altro
miracolo) mi pare proprio una pretesa.
La pretesa di chi esclude a priori la presenza e l’azione del
trascendente ed è così costretto ad attribuire all’ambiente gli stessi poteri
che si attribuiscono a Dio.
Non mi sembra di avere una vista
degradata: non sono disturbato né dalla retina, né dai suoi capillari, né dalla
sua macchia cieca.
Come sempre accade nella biologia
evoluzionistica, la genesi delle forme non ha alcuna giustificazione
razionale. Cito un esempio
paradigmatico: per spiegare l’origine del cristallino, l’autore dice: “Durante
lo sviluppo embrionale si forma la lente, come ispessimento dell’ectoderma, che
si rigonfia entro lo spazio vuoto ricurvo a forma di C creato dalla retina.
Sembra verosimile che una sequenza di cambiamenti simili sia avvenuta durante
l’evoluzione.”
E’ questa una spiegazione
causale? Non è semplicemente la
descrizione dei prodigi compiuti dall’embrione in modo spontaneo, per forze
endogene, per vincoli precisi stabiliti dal suo Creatore?
Ora, se l’evoluzione imita lo
sviluppo dell’embrione, non può esserne la causa.
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