sabato 12 maggio 2012


La famiglia e i frutti del vero amore, Cardinale Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, 12/5/2012, http://www.lastampa.it/

Anticipiamo un brano della lezione che il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, pronuncerà oggi al Salone del Libro sul tema della famiglia, in un incontro organizzato dall’Associazione Sant’Anselmo (ore 11). Nell’occasione viene presentato il suo nuovo libro, «Famiglia, risorsa decisiva», Edizioni Messaggero Padova. Alle 16, al Salone, Scola presenterà «Oasis», la rivista internazionale da lui fondata, con Marco Bardazzi, Paolo Branca, Maria Laura Conte e Vittorio Emanuele Parsi.

E’ ancora possibile oggi riproporre il nesso inscindibile tra differenza sessuale, apertura all’altro (relazione-amore) e fecondità che sta alla base del trinomio persona, famiglia e società? Per rispondere ad una tale domanda la via da percorrere è quella di chinarsi a considerare l’esperienza comune dell’humanum propria di ogni persona, di qualunque tempo e in qualunque parte del mondo.

Essa consiste in quell’esperienza elementare dell’amore «tra uomo e donna, che non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo s’impone all’essere umano» (Deus caritas est 3). I greci parlano di eros.

Le più avvedute indagini filosofiche sull’amore come contenuto dell’esperienza umana elementare sono arrivate a parlare, a mio avviso molto appropriatamente, di autoevidenza dell’eros. In che modo l’esperienza elementare dell’eros è autoevidente? È il proprio corpo, nel suo costitutivo orientamento all’altro, a rendere autoevidente l’eros. Autori come Schopenauer, Nietzsche e Freud sono giunti ad affermare il proprio corpo, sempre situato nella differenza sessuale, è per il soggetto il punto di partenza privilegiato per l’accesso alla realtà. L’autoevidenza dell’eros è strutturalmente legata al dato che il corpo dell’uomo e della donna, che sono entrambi «carne», corpo senziente e vivente, esistono sempre situati nella differenza sessuale. È una condizione insuperabile. Ogni uomo esiste sempre e solo o come maschio o come femmina e ha di fronte a sé l’altro modo, rispetto al suo, di essere persona, a lui inaccessibile ma a lui intrinsecamente correlato. L’essere situato nella differenza sessuale rivela immediatamente l’intreccio indissolubile di identità e differenza proprio dell’uomo.

Questa autoevidenza dell’eros, che mi si offre nella mia stessa «carne» (corpo vivente), per la sua costitutiva apertura all’altro è di natura dinamica, mi dice che il mio essere situato nella differenza sessuale è donato, in ultima analisi, alla mia libertà. L’essere situati nella differenza sessuale non è riducibile ad una mera sequenza ripetitiva di comportamenti, ma chiede autodeterminazione. Nell’assunzione libera della differenza sessuale, l’apertura all’altro domanda una decisione per l’altro che, contemporaneamente, mi spalanca ad una conoscenza progressiva della mia sessualità. Potremmo parlare in proposito di un processo di «sessuazione» (il neologismo è impervio ma esprime bene la dinamica del processo stesso). Si deve riconoscere, senza per questo cadere in relativismi equivoci che dissolvono la differenza stessa, che la sessualità possiede anche un carattere culturale. Talvolta l’antropologia non è riuscita a mettere in rilievo l’importanza di questo processo di «sessuazione», oscurando di conseguenza uno dei cardini della concezione della differenza sessuale e dell’amore: il proprio corpo personale, in forza della differenza sessuale, contiene un’apertura spirituale, il corpo sessuato è il corpo personale e spirituale. Quest’apertura situa l’uomo-donna nell’esistenza come capace di ricevere e di donare la vita (fecondità).

Vediamo così comparire in filigrana, nell’autoevidenza dell’eros, i tre fattori cui abbiamo fatto riferimento all’inizio: differenza sessuale, apertura all’altro (relazione-amore) e fecondità. Da tempo chiamo questo intreccio il mistero nuziale.

Sulla base dell’autoevidenza dell’eros occorre ora interrogarsi sull’effettiva pertinenza della concezione di famiglia, intesa nel suo nucleo originario e non nelle sue modulazioni storico-culturali, legata alla tradizione occidentale. Fedeltà, indissolubilità e fecondità, sono realmente fattori imprescindibili affinché accada la verità del mistero nuziale.

Cosa possono significare queste parole in un tempo come il nostro? Il vero amore – come ogni umana esperienza documenta – implica anche il sacrificio, può domandare rinuncia. L’umana fragilità, pur in tutta la sua imprevedibilità e nelle mille ferite che, anche colpevolmente, possono essere inferte all’amore, non riesce obiettivamente a giustificare il venir meno della fedeltà. L’amore tra un uomo e una donna in sé e per sé è posto originariamente al riparo da ogni debolezza, perché amore e fedeltà si annodano indipendentemente dal tempo, nonostante qualunque scacco l’amore stesso possa subire. Una simile affermazione, che sembra oggi clamorosamente smentita dalla ormai diffusa pratica della separazione e del divorzio, non perde per questo il suo carattere di oggettiva verità cui gli amanti aspirano. Chi potrebbe, infatti, seriamente sostenere che una società in cui la fedeltà coniugale venga meno sia una società migliore? La fedeltà trova nell’indissolubilità matrimoniale non un aggravio eteronomistico rispetto alla libertà, ma una essenziale condizione di esercizio. Sulla scia della fedeltà e dell’unità/indissolubilità la famiglia fondata sul matrimonio assicura come coessenziale l’apertura alla vita. Il frutto dell’amore è il terzo, il figlio: un’altra persona singolare, non un semplice individuo della specie umana. La procreazione, in quanto apertura alla vita, è quindi intrinseca al mistero nuziale e all’unione corporeo-spirituale dell’uomo maschio con l’uomo femmina. È l’essere stesso dell’individuo umano, situato nella sua specifica differenza sessuale, a mostrare come la vita non possa che essere il frutto prezioso e totalmente gratuito dell’amore tra l’uomo e la donna.

La famiglia continua ad essere cellula fondamentale anche per le società plurali, ed è necessario per le istituzioni statuali affermarne l’unicità e sostenerla con decisive politiche familiari.

Nessun commento:

Posta un commento