Vogliono
normalizzare la pedofilia di Marco Respinti, 31-08-2011,
http://www.labussolaquotidiana.it/
La
pedofilia? Un fatto "normale", che siccome la nostra
società "retrograda" ancora non percepisce come tale va
"normalizzato" a tutti i costi. Convinti di questo e
convocati dalla B4U-ACT - una organizzazione pro-pedofilia che agisce
dietro la maschera della cura dell’igiene mentale -, il 17 agosto a
Baltimora, nel Maryland, si sono dati convegno un nugolo di
ricercatori provenienti da uno stuolo di università statunitensi per
ascoltare e applaudire la star riconosciuta di tutta la materia, il
sessuologo Frederick S. Berlin, fondatore del National Institute for
the Study, Prevention and Treatment of Sexual Trauma e della Clinica
per i disordini sessuali dell’ospedale universitario Johns Hopkins.
Chi vi ha partecipato in veste critica ne dà resoconti scioccanti,
per esempio Matt Barber, vicepresidente del Liberty Counsel Action e
corettore della Liberty University School of Law, un ateneo
evangelicale di Lynchburg in Virginia (preziosa anche la
testimonianza di Bon Hamer, ex agente dell’FBI che per tre anni ha
frequentato sotto copertura ambienti pedofili e che oggi illustra
adeguatamente l’ideologia della B4U-ACT).
Parrebbe
una forzatura, ma non lo è. Tutto sta del resto nella definizione.
Se è una perversione frutto di devianza patologica, va da sé che la
pedofilia sia socialmente inaccettabile e dunque pure sanzionabile;
ma se è semplicemente uno dei comportamenti sessuali umani
possibili, per quanto particolari o "bizzarri", non esiste
motivo per stigmatizzarla. L'elemento discriminante - dicono i
fautori della sua normalizzazione - non è infatti la moralità di
tale comportamento sessuale in sé, ma la coercizione e la violenza
eventualmente esercitate sul partner, cioè solo il contesto e i
modi. Ma ciò vale evidentemente per ogni comportamento sessuale,
inclusi tutti quelli particolari o "bizzarri"; anzi, vale
per tutti i comportamenti umani, sanzionabili eventualmente a norma
di codice penale. Per questo, affermano i suoi sostenitori, la
pedofilia deve essere considerata solo accidentalmente diversa da
altri comportamenti sessuali umani e quindi mai giudicata socialmente
inaccettabile, tantomeno sanzionabile. Occorre, dicono, semplicemente
disciplinarla in base a una precisa "deontologia".
Oltre
alla pedofilia, possono peraltro essere e vanno quindi "sdoganati"
anche tutti gli altri comportamenti sessuali particolari o
"bizzarri", compresi quelli che in base a definizioni
appunto "retrograde" verrebbero definiti aberranti, per il
semplice motivo che non esiste criterio oggettivo per definirne
alcuni giusti e altri sbagliati. Da qui il grande sforzo culturale di
riclassificare le "perversioni" o le "devianze"
secondo un linguaggio nuovo figlio di una mentalità libera da
condizionamenti etico-sociali e da pregiudizi religiosi che le renda
semplicemente "altra sessualità" (ciò che è considerato
inaccettabile in alcune culture e in alcune epoche, si dice, non lo è
in altre) senza alcun giudizio sulla loro liceità morale, e che
dunque confini alle patologie dei disturbi mentali solo quei
comportamenti che si manifestano in forme di violenza
fisico-psicologica su soggetti non consenzienti e/o caratterizzate da
dipendenza ossessivo-compulsiva.
Non
è del resto esistito, nei Paesi Bassi, il Partito dell’Amore
Fraterno, della Libertà e della Diversità, la prima formazione
politica dichiaratamente pedofila, nata nel 2006 e scioltasi nel
2010, che aveva tra i propri obiettivi quello di liberalizzare la
pornografia infantile e i rapporti sessuali fra adulti e bambini?
Il
"Manuale" degli psicologi americani
Organizzazioni
come il B4U-ACT criticano dunque fortemente le definizioni
attualmente adottate in ambito scientifico da medici, psicologi e
psichiatri che ancora giudicano la pedofilia frutto tout court di
disturbi mentali, abbandonando questo possibile comportamento
sessuale umano ai tabù, a tal punto da rendersi disponibili - questa
la loro mission - per rivedere radicalmente i parametri su cui esse
si reggono. E l’organizzazione di un simposio importante come
quello di Baltimora dimostra come il giro mentale dei suoi attivisti
sia più diffuso di quel che s’immagini, oltre a rivelare
l’esistenza di una forte lobby culturalmente pro-pedofilia
all’interno della comunità medica e scientifica, come conferma
Judith Reisman, visiting professor alla citata Liberty University e
grande avversaria di questo mondo, almeno dal 1977.
Ora,
in tema di sessualità umana, è l’autorevolissima e stimatissima
American Psychological Association (APA) a stabilire quali siano gli
standard che determinano comportamenti di natura patologica derivanti
da disturbi mentali e quali, per bizzarri che siano, no. L’APA lo
fa - appunto autorevolmente - con il "Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali" (Diagnostic and Statistical
Manual of Mental Disorders), universalmente noto e pressoché sempre
citato con la sigla DSM, i cui criteri costituiscono di fatto il
"magistero vincolante" della nosografia (vale a dire la
scienza che si occupa della classificazione sistematica delle
malattie) in materia.
Da
che esiste, questo "Manuale" è il punto di riferimento
certo per medici, psichiatri e psicologi sia clinici sia ricercatori
di tutto il mondo.
È
insomma il "Manuale" APA che risponde - per dirla con una
battuta - alla domanda posta da una nota canzone di Vasco Rossi,
«quante deviazioni hai?». Proprio il "Manuale" APA ha già
operato una rivoluzione culturale sul tema, cancellando il concetto
di "perversioni" (Sigmund S. Freud definiva così le
«attività sessuali finalizzate alle regioni del corpo non
genitali») e sostituendolo con il più politicamente corretto
"parafilie".
Kinsey,
il pioniere
Con
questo termine oggi si definisce in ambito psichiatrico,
psicopatologico e sessuologico l’insieme della manifestazioni della
sessualità umana non direttamente connesse a fini riproduttivi. Vale
peraltro la pena di notare che, se concepito diversamente, per
esempio ancora in termini freudiani, questo universo del
"diversamente sessuale" bollerebbe come inaccettabili la
stragrande maggioranza dei comportamenti sessuali ritenuti invece non
solo oramai normali (esiste persino una letteratura di genere
pubblicata da editori non certo da caserma ed esistono scrittori
lanciati come promesse talentuose dai milieu dei premi letterari,
dalle terze pagine dei quotidiani nazionali di ogni orientamento
politico, dai direttori di collane), ma talora persino virtù da
"grandi amanti". E pure che esso coincide - evidentemente
in modo perfettamente legale per il nostro ordinamento giuridico -
con gran parte dell’editoria, della videografia e della sitografia
pornografiche. Del resto, con il nome di "iconolagnia", lo
stesso feticismo della pornografia è annoverato dall’APA fra le
parafilie raggruppate genericamente nella sezione Disordini sessuali
o parafilia non altrimenti specificata.
Molto,
se non tutto, ha del resto origine con il biologo e sessuologo
statunitense Alfred C. Kinsey (1894-1956) e con il suo famoso
"rapporto" sulla sessualità umana, in realtà due libri
scritti con la collaborazione di altri, Sexual Behaviour in the Human
Male, del 1948, e Sexual Behaviour in the Human Female, del 1953. È
stato Kinsey a insegnare al mondo che «al di là delle
interpretazioni morali, non c’è alcuna ragione scientifica per
considerare particolari tipi di attività sessuali come
intrinsecamente, per origine biologica, normali o anormali» e a
trattare apertamente, forse per primo, anche della sessualità nei
bambini in modo tale da far subito parlare di istigazione, se non
altro culturale, alla pedofilia.
La
revisione tanto attesa
Clinicamente,
sono oggi riconosciute dal "Manuale" APA otto maggiori
forme di "parafilia", classificate in base all’atto
sessuale che sostituiscono con pratiche di altro tipo o all’oggetto
verso cui si indirizzano, nonché al canale sensoriale che eccitano.
Per poterle considerare patologiche, il "Manuale" APA
stabilisce che le "parafilie" debbano ricorrere per almeno
sei mesi e manifestarsi come forma di sessualità esclusiva o
prevalente di un certo soggetto, interferendo in modo rilevante con
la sua normale vita relazionale e causandone un disagio clinicamente
significativo.
L’APA
ha redatto la prima versione del "Manuale", identificata
come DSM-I, nel 1952 per controbattere all’Organizzazione Mondiale
della Sanità che quattro anni prima, nel 1948, aveva reso pubblico
un testo, l’International Statistical Classification of Diseases,
Injuries and Causes of Death, oggetto di numerose contestazioni. Nel
1968 l’APA ha quindi riveduto il proprio "Manuale"
pubblicando il DSM-II, lo stesso ha fatto nel 1980 con il DSM-III,
seguito nel 1987 dal DSM-III-Revised e ancora nel 1994 dal DSM-IV,
ulteriormente poi modificato all’inizio del Terzo Millennio,
proprio nel 2000, dal DSM-IV-Text Revision (o DSM-IV-TR), quello che
oggi fa universalmente testo in attesa della nuova edizione, il
DSM-V, annunciato per il 2013. Ed è proprio su questa ulteriore
revisione che punta tutto il club "amici della pedofilia"
alla B4U-ACT.
Howard
Kline, direttore scientifico della B4U-ACT, contesta infatti il modo
attraverso cui l’APA persiste nel catalogare la pedofilia fra le
parafilie derivanti da disturbi mentali poiché sostiene che le sue
indagini si fondano soltanto sui dati raccolti tra soggetti
criminali, «le quali ignorano completamente l’esistenza di coloro
che rispettano la legge». I pedofili, cioè, che non esercitano né
coercizione né violenza sui partner - «Possiamo aiutarli»,
garantisce Kline all’APA, «perché noi siamo le persone di cui
essi scrivono» - e che quindi non hanno, secondo la B4U-ACT, alcun
motivo per vedere conculcati i propri comportamenti sessuali, per
"bizzarri" (ma non molesti) che qualche "retrogrado"
ancora li giudichi.
Il
precedente omosessuale
Del
resto, i pro-pedofili che contestano le classificazioni del "Manuale"
APA dandosi volontari per contribuire a una sua revisione sbandierano
con orgoglio un grande precedente. Quello dell’omosessualità. Fino
al DSM-II l’omosessualità era annoverata tra le parafilie frutto
di disturbi mentali, ma dal 1972 è stata derubricata; e questo non
attraverso la stesura di un nuovo "Manuale" completamente
riveduto nei suoi criteri portanti, ma solo attraverso una disinvolta
modifica introdotta nella settima ristampa dello stesso DSM-II per
consenso comune di medici, psicologi e psichiatri che
nell’omosessualità non hanno ravvisato (più) quegli aspetti
specifici in grado di collegarla a disturbi mentali (qualora essi si
manifestassero in pendenza di omosessualità verrebbero giudicati
comportamenti sanzionabili a prescindere dall’orientamento
omosessuale delle persone coinvolte), ma solo una forma altra di
sessualità.
Oggi
l’APA considera così l’omosessualità un comportamento umano
particolare fra i molti possibili e socialmente accettabili, e a
questo suo magistero si rifanno con enfasi un po’ tutti. Ed è alla
sua capacità di annientare il diritto naturale trasformando
truffaldinamente in parametro scientifico il relativismo che si va
progressivamente diffondendo nella società occidentale che
l’evidentemente diffusa e potente lobby pro-pedofilia guarda con
trepidazione non esattamente verginale.
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