venerdì 4 maggio 2012


Capitale familiare - Nella crisi economica la famiglia è ammortizzatore sociale e assicurazione contro i fallimenti del mercato di Claudio Lucifora e Dominique Meurs, http://www.europaquotidiano.it

I valori familiari e l’intensità dei legami che tengono insieme i componenti di un nucleo familiare rappresentano uno dei fondamenti della struttura sociale che, oltre appunto alle numerose implicazioni di natura più strettamente “sociale”, producono effetti rilevanti anche sulle scelte economiche degli individui. Decisioni relative all’investimento in capitale umano (chi studia e quanto?), alla divisione del lavoro tra i componenti (chi lavora? quale tipo di lavoro? e quali opportunità di carriera?), alle scelte finanziarie (dall’acquisto di una casa, alle decisioni di risparmio e investimento), fino alla creazione di valori etici e politici (la fiducia nel prossimo, il volontariato e la partecipazione politica) vengono prese all’interno della famiglia e dipendono fortemente dai ruoli e dalla condivisione di valori familiari.
Negli ultimi decenni, i paesi maggiormente industrializzati hanno sperimentato significativi cambiamenti nella struttura sociale e nel funzionamento economico che hanno inciso anche sulla struttura familiare “tradizionale”, tipicamente caratterizzata da una forte divisione di genere nelle scelte lavorative e nei ruoli di cura (male breadwinner/ female carer). Tuttavia, fenomeni come la crescente partecipazione al mercato del lavoro delle donne e l’emancipazione (parziale) dai ruoli di cura, il calo e lo spostamento in avanti delle scelte di fertilità, l’aumento dei tassi di divorzio e di coabitazione tra i partner e, non ultimo, l’erosione dei valori familiari, pur modificando profondamente la struttura funzionale della famiglia, non hanno modificato la centralità dell’istituzione familiare per spiegare buona parte dei comportamenti economici e sociali. Da questo punto di vista, se da un lato esiste una consolidata tradizione di studi sociologici e antropologici che analizza e cerca di spiegare l’organizzazione e il comportamento familiare, lo studio sistematico delle relazioni tra valori familiari ed esiti economici è assai più recente e meno condiviso tra gli economisti. In particolare, la caratterizzazione dell’economia di “mercato” ha per lungo tempo ignorato il ruolo della famiglia come istituzione economica, e sottostimato (o non considerato affatto) il contributo della produzione domestica (home production) alla crescita e al benessere sociale.
Va detto che l’atteggiamento degli studiosi nei confronti del ruolo dei valori familiari nel determinare gli esiti economici e sociali è molto dibattuto all’interno delle scienze sociali. Un filone della letteratura individua nei legami familiari un freno allo sviluppo economico e alla diffusione di valori civici all’interno dei membri di una società, il cosiddetto “familismo amorale”. Un filone di studi alternativo, da un lato, contesta l’interpretazione causale – l’assetto familiare non sarebbe la causa, ma l’effetto dell’arretratezza economica – e, dall’altro, sostiene una tesi diametralmente opposta, secondo la quale i legami familiari favoriscono la formazione del “capitale sociale” su cui le società fondano i valori civici e le istituzioni politiche. Il capitale sociale è l’opposto del “familismo amorale”, la presenza di valori familiari condivisi e la volontà di collaborare per la collettività costituiscono fattori che favoriscono lo sviluppo economico.
Esistono, infine, altri studi che mettono in luce come i legami familiari siano spesso in grado di fornire, attraverso l’internalizzazione dei rischi sociali, una forma di assicurazione ai fallimenti di mercato delle moderne economie. Questa modalità di assicurazione “sociale” opera sia tra i componenti del nucleo familiare (intra), sia attraverso una redistribuzione tra generazioni (inter). Laddove i legami familiari sono più forti, minore è la domanda di assistenza pubblica e più basso è l’intervento dello Stato.
Dal dibattito in corso emerge una serie di importanti questioni economiche che, nel bene o nel male, mettono la famiglia e la rete di relazioni sociali che a essa si riferiscono al centro del processo decisionale. Alcuni temi di questo dibattito possono essere riassunti nelle seguenti domande.
In che misura i legami familiari e la condivisione dei valori influenzano le decisioni economiche? Quali sono i meccanismi attraverso i quali la struttura familiare modella i comportamenti economici e sociali? Gli assetti familiari su cui è basato il funzionamento sociale sono anche efficienti per la creazione e la diffusione del benessere economico, o piuttosto costituiscono un freno allo sviluppo? Le relazioni familiari favoriscono la creazione di “capitale sociale”? I paesi e le culture che promuovono la condivisione di valori familiari generano equilibri economici diversi da quelli prevalenti in paesi caratterizzati da un tessuto sociale più individualista? Queste domande, inoltre, impongono un ripensamento del paradigma economico prevalente, secondo cui il funzionamento dei mercati è il risultato di scelte effettuate da individui che agiscono isolatamente o prevalentemente in contesti di interazioni strategiche non-cooperative.(...)

Forte senso civico
Il principale risultato del “familismo amorale” alla Banfield è che la rete familiare, proteggendo gli interessi dei membri del nucleo familiare a discapito degli esterni, distrugge le relazioni di fiducia tra i componenti di un gruppo sociale e indebolisce le norme che governano le relazioni sociali. Inoltre, l’arroccamento sugli interessi dei componenti del nucleo familiare, che caratterizza società con forti legami familiari, determinerebbe un declino delle virtù civili e nella partecipazione politica. Alcuni studi recenti hanno rivisitato i presupposti del familismo amorale studiando le relazioni esistenti tra l’intensità dei legami parentali e dei valori familiari rispetto al grado di fiducia, alla partecipazione politica e più in generale a una serie di comportamenti eticamente desiderabili, come il rispetto del prossimo, l’importanza dei beni pubblici, la solidarietà.
I risultati ottenuti da questo filone di letteratura sono ambigui. Da un lato viene confermato che la presenza di forti legami familiari risulta associata a una minore partecipazione politica (soprattutto delle donne), a un minore impegno sociale (volontariato), mentre rafforza la creazione di norme e regole per limitare la libertà di azione, economica e sociale, degli individui. Un’ipotesi alternativa, che si basa sulla nozione di capitale sociale, sostiene che i legami familiari possono rendere più facile la creazione e il mantenimento di una rete di relazioni atte a promuovere rapporti di reciprocità e di fiducia, sia tra i componenti della famiglia, sia anche all’esterno del nucleo familiare. In questo caso, i valori familiari risultano strettamente legati ad atteggiamenti socialmente utili e cooperativi per facilitare la fornitura di beni pubblici e atteggiamenti fiscalmente responsabili. In un recente studio, Was Banfield Right? Family Ties and Civic Virtues (2011), Martin Ljunge mostra che individui caratterizzati da forti valori familiari hanno una maggiore probabilità di disapprovare comportamenti socialmente scorretti come l’evasione fiscale, il mercato nero, la corruzione e il mancato rispetto degli accordi contrattuali; mentre sono più favorevoli alla condivisione di valori come la tolleranza e il rispetto del prossimo. Queste diverse dimensioni dei valori sociali individuano nei legami familiari l’elemento centrale per promuovere e sostenere una società caratterizzata da alto senso civile e rispetto del prossimo. La presenza di forti legami familiari risulta associata a una forte condanna sociale e una minor tolleranza nei confronti di comportamenti legati alla evasione fiscale.
I legami parentali e i valori che si formano e vengono condivisi dai componenti del nucleo familiare aumentano o riducono il benessere? Si può immaginare che gli esiti economici interessino sia gli effetti sul benessere “privato” della famiglia, sia quelli “sociali” attraverso le esternalità che la famiglia crea con il “capitale sociale”. Questi aspetti pongono delle sfide enormi agli studiosi e rispondere è molto difficile. Esistono tuttavia alcuni studi empirici che hanno cercato di analizzare la relazione esistente tra legami familiari e una serie di indicatori di benessere economico sia oggettivo, come il Pil pro-capite, sia soggettivo, come il grado di soddisfazione degli individui. Questi indicatori, con tutti i problemi di misurazione che presentano, costituiscono un primo tentativo, pur incompleto e parziale, di fornire alcuni fatti stilizzati su cui avviare il dibattito. Nei paesi più poveri, quelli in cui il Pil pro-capite è più basso (e anche la produzione domestica è maggiore), gli individui risultano uniti da legami parentali più forti e in generale maggiore importanza viene attribuita alla famiglia.
In altre parole, (...) la famiglia costituisce una risorsa di beni e servizi domestici e fornisce una rete di protezione sociale che tutela gli individui – soprattutto quelli a basso reddito – sia per quanto riguarda il sostegno economico, sia per contrastare l’esclusione sociale. Alla luce di queste considerazioni sembra lecito supporre che la rete di protezione sociale fornita dai legami familiari possa aver giocato un ruolo importante anche nel contesto della crisi finanziaria che ha colpito gran parte delle economie mondiali, svolgendo un ruolo di “ammortizzatore sociale” affiancando il welfare pubblico, e anche sostituendosi a questo nei paesi in cui la protezione sociale si è rivelata debole.
Le esperienze nazionali durante la crisi confermano molte delle ipotesi avanzate. Per esempio in Spagna i giovani della generazione chiamata mil euro, che grazie alla crescita economica e alla disponibilità di posti di lavoro (a tempo determinato) avevano sperimentato un certo, pur modesto, benessere e una certa indipendenza (economica) dalle famiglie, dopo la crisi hanno massicciamente fatto ritorno al nucleo familiare in cerca di sostegno economico. In modo del tutto simile, in Italia, la crisi ha ulteriormente peggiorato le prospettive di ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, prolungando la loro permanenza e dipendenza economica dal nucleo familiare di origine. In assenza di questa forma di assicurazione sociale per i giovani, l’elevata disoccupazione giovanile – che in alcune aree ha raggiunto il 50% – sarebbe socialmente destabilizzante. In generale, nei paesi e nei sistemi economici caratterizzati da forti legami familiari, gli individui trovano nella famiglia un meccanismo di assicurazione che il mercato spesso non è in grado di offrire. Questo ruolo di ammortizzatore familiare che riduce l’impatto dei rischi sociali sul benessere familiare e aumenta il benessere (atteso) delle famiglie comporta però un prezzo. In particolare, a fronte di una riduzione della varianza del ciclo economico sul benessere familiare, c’è una perdita di efficienza dovuta alla minor partecipazione al mercato dei giovani e delle donne, alla minore presenza delle donne in ruoli dirigenziali e alla minore mobilità geografica e sociale.
In ultima analisi, ci si potrebbe domandare: ma gli individui che appartengono a gruppi sociali in cui i legami parentali sono più forti e a culture in cui i valori familiari sono tenuti in maggior considerazione sono anche più felici? Nonostante le difficoltà insite in un tale quesito, un recente studio di due economisti, Alberto Alesina e Paola Giuliano, in The power of family (2010), risponde affermativamente. L’appartenenza a una società con alti valori familiari, rispetto a una in cui i legami sono deboli – a parità di altre condizioni – comporta un maggior livello di soddisfazione (circa il 12% in più rispetto alla media). Dal momento che i legami familiari sembrano più forti nei paesi a basso reddito (almeno per quanto riguarda il reddito rilevato dai conti nazionali), questo risultato contribuisce anche a spiegare il “paradosso” della scarsa correlazione esistente tra ricchezza e felicità. I valori familiari, indipendentemente dal reddito, sono una fonte di ricchezza morale per gli individui, un valore che faremmo bene a ricordare più spesso.

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