mercoledì 9 maggio 2012


Va a Cambridge lo scienziato «bocciato» dagli atenei italiani - Prenderà il posto di un premio Nobel. «Mi hanno scelto in 24 ore». Il neurologo Zeviani: da noi si impedisce il ricambio di Simona Ravizza, sravizza@corriere.it, 9 maggio 2012, http://milano.corriere.it

MILANO - I successi nella ricerca scientifica adesso lo portano al Medical Research Council di Cambridge a prendere il posto di un premio Nobel, John Walker. Ma nell'Italia troppo spesso sotto i riflettori per le cattedre assegnate a mogli, figli, cognati, amici e amici degli amici, il medico e ricercatore italiano Massimo Zeviani, 56 anni, non è riuscito a vincere un concorso universitario. Dalla fine degli anni Ottanta, la sua attività nel laboratorio dell'Istituto Neurologico Besta di Milano si è concentrata sulla disfunzione dei mitocondri, le centrali delle cellule che forniscono l'energia indispensabile a tutti i processi vitali, come il cuore che batte, i muscoli che si contraggono e i neuroni che si connettono tra loro: gli studi di Zeviani hanno portato all'identificazione dei principali geni patogeni, all'individuazione dei meccanismi che producono le malattie e alla sperimentazione di nuove terapie. Sono scoperte che gli sono valse riconoscimenti internazionali come il premio Brain per la ricerca neurogenetica e pubblicazioni su riviste prestigiose come Nature e Science .
Dal prossimo gennaio il ricercatore andrà a lavorare a Cambridge come capo della Mitochondrial Biology Unit, diretta negli ultimi 14 anni dal Nobel John Walker, oggi 71 enne. Per raggiungere il traguardo Zeviani ha spedito lo scorso ottobre il curriculum vitae e il 17 gennaio ha sostenuto un colloquio di un'ora con 15 scienziati e autorità britanniche, guidati da sir John Stewart Savill, presidente del Medical Research Council. Partito verso Londra solo con la chiavetta di memoria del Pc piena di progetti, Zeviani ritorna a Milano il giorno successivo con la risposta in tasca: «Nel giro di 24 ore - ricorda - mi hanno fatto sapere che l'ambìto posto era mio». Per le sue ricerche il medico avrà a disposizione 50 milioni di euro in 5 anni.

L'orgoglio e l'amarezza. Dall'università italiana Zeviani si è visto sbattere la porta in faccia ben due volte: la prima, tempo fa, per un concorso nazionale per una cattedra da professore associato di Patologia generale, il secondo a Padova cinque anni fa per diventare professore ordinario di Biologia molecolare. Sull'argomento è impossibile strappargli un commento, non è tempo di polemiche per Zeviani, ma una considerazione se la lascia scappare: «Io devo molto a Milano, e all'Istituto Besta in particolare - dice -. Quello universitario è, invece, un mondo chiuso e autoreferenziale, che impedisce il ricambio. La selezione fatta a Cambridge invece è stata veloce, snella, basata sulla comparazione delle competenze e sui valori della trasparenza». Alberto Guglielmo, ai vertici del Neurologico Besta commenta: «Il prestigioso incarico a cui è stato chiamato Massimo Zeviani a Cambridge è anche un riconoscimento dei livelli di eccellenza della ricerca e delle cure che vengono effettuate nel nostro Istituto. La sua partenza non deve essere considerata come un episodio di fuga di cervelli, ma piuttosto un arricchimento delle nostre partnership internazionali».
Tutto vero. Ma è sempre di ieri un'altra notizia che fa riflettere: nella graduatoria degli scienziati migliori del mondo - pubblicata su tisreports.com dalla Virtual Italian Academy (legata all'università di Manchester) - dei 188 nomi sedici sono italiani, ma solo cinque lavorano in Italia (l'elenco è nella tabella pubblicata a lato).

La classifica è stilata sulla base dell'h-index, l'indice che misura sia il numero delle pubblicazioni internazionali, sia il loro impatto sulla comunità scientifica internazionale valutato sul numero delle citazioni bibliografiche. L'Italia vede in cima Alberto Mantovani, 64 anni, direttore scientifico dell'Humanitas (49ª posizione), e Giuseppe Remuzzi, 63 anni, tra i volti dell'Istituto farmacologico Mario Negri e primario di Nefrologia ai Riuniti di Bergamo (62ª posizione). Nella lista ci sono ben 26 premi Nobel. Insomma: la ricerca biomedica italiana è una delle migliori a livello internazionale. L'immunologo Douglas Green, alla 57ª posizione della graduatoria, fa notare: «Colpisce certamente come l'Italia sia ben rappresentata in quella lista». Sintetizza il concetto Mauro Degli Esposti, presidente della Via-Academy.org: «Il mondo riconosce che gli italiani sono più bravi di altri, ma il loro Paese non sembra curarsene troppo».

Nessun commento:

Posta un commento