La misteriosità del linguaggio umano e il fallimento del neodarwinismo,
19 settembre, 2011, http://www.uccronline.it
Ci siamo soffermati recentemente
sulla scoperta delle ossa di uno scheletro di “Australopithecus sediba”
ritrovato in Sudafrica e che i quotidiani hanno troppo entusiasticamente
identificato come l’anello mancante tra la scimmia e l’uomo. Facevamo notare
che se risultasse davvero così, sarebbe un duro colpo per il neo-darwinismo,
dato che la scoperta porta con sé un’altra prova contro l’idea dell’evoluzione
graduale, perno centrale della teoria di Darwin (cfr. Ultimissima 12/9/11).
In questi giorni il docente di
Linguistica generale nella Scuola Superiore Universitaria IUSS di Pavia, Andrea
Moro, esperto di sintassi e neurolinguistica, già visiting scientist presso il
MIT e la Harvard University, tra i fondatori del Dipartimento di Scienze
Cognitive al San Raffaele di Milano nel 1993, ha parlato della misteriosità del
linguaggio umano descrivendo anche le tappe del progresso in questo campo.
Circa cinquant’anni i
riduzionisti pensavano, spinti come sempre da forti condizionamenti filosofici,
che tra gli esseri umani e gli altri animali «non ci fossero distinzioni
qualitative rispetto al codice di comunicazione». Tuttavia «a guastare la
festa, verso la fine degli anni cinquanta del secolo scorso vennero degli studi
sulla struttura logica del linguaggio che mostrarono come ridurre il codice di
comunicazione umana solo a meccanismi di tipo statistico era impossibile».
L’essere umano rimane misteriosamente irriducibile, infatti «le grammatiche
contengono nel loro nucleo la capacità potenziale di produrre strutture
infinite. Inoltre, la comparsa dell’infinito non ammette gradualità, esclude
cioè che esistano negli altri esseri viventi “precursori” di questa capacità:
certamente gli animali comunicano, ma non lo fanno utilizzando meccanismi
capaci di “costruire” l’infinito». Quindi anche in questo caso nessuna
evoluzione graduale. L’uomo è tutta un’altra cosa.
Questi dati, continua Moro,
portarono Noam Chomsky (capostipite di questi studi) a dichiarare: «gli esseri
umani sono in qualche modo progettati in modo speciale con una capacità di
natura e complessità sconosciuta». In un articolo del 2010, Moro aggiungeva:
«la variazione tra le lingue umane non è illimitata perché non è, come invece
lasciava credere una certa filosofia del 900, né frutto né del caos né di una
convenziona arbitraria. I confini di Babele esistono e sono scritti nella
nostra carne. Si aprono dunque quesiti sulla questione dell’evoluzione della
nostra specie impensabili nel secolo scorso, ma rimane fondamentale la
consapevolezza che il nucleo del linguaggio umano, la sua capacità creativa, è
un mistero». Per chi volesse approfondire consigliamo l’acquisto del suo libro,
“I confini di Babele. Il cervello e il mistero delle lingue impossibili”
(Longanesi 2006) .
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