martedì 20 settembre 2011


La misteriosità del linguaggio umano e il fallimento del neodarwinismo, 19 settembre, 2011, http://www.uccronline.it

Ci siamo soffermati recentemente sulla scoperta delle ossa di uno scheletro di “Australopithecus sediba” ritrovato in Sudafrica e che i quotidiani hanno troppo entusiasticamente identificato come l’anello mancante tra la scimmia e l’uomo. Facevamo notare che se risultasse davvero così, sarebbe un duro colpo per il neo-darwinismo, dato che la scoperta porta con sé un’altra prova contro l’idea dell’evoluzione graduale, perno centrale della teoria di Darwin (cfr. Ultimissima 12/9/11).

In questi giorni il docente di Linguistica generale nella Scuola Superiore Universitaria IUSS di Pavia, Andrea Moro, esperto di sintassi e neurolinguistica, già visiting scientist presso il MIT e la Harvard University, tra i fondatori del Dipartimento di Scienze Cognitive al San Raffaele di Milano nel 1993, ha parlato della misteriosità del linguaggio umano descrivendo anche le tappe del progresso in questo campo.

Circa cinquant’anni i riduzionisti pensavano, spinti come sempre da forti condizionamenti filosofici, che tra gli esseri umani e gli altri animali «non ci fossero distinzioni qualitative rispetto al codice di comunicazione». Tuttavia «a guastare la festa, verso la fine degli anni cinquanta del secolo scorso vennero degli studi sulla struttura logica del linguaggio che mostrarono come ridurre il codice di comunicazione umana solo a meccanismi di tipo statistico era impossibile». L’essere umano rimane misteriosamente irriducibile, infatti «le grammatiche contengono nel loro nucleo la capacità potenziale di produrre strutture infinite. Inoltre, la comparsa dell’infinito non ammette gradualità, esclude cioè che esistano negli altri esseri viventi “precursori” di questa capacità: certamente gli animali comunicano, ma non lo fanno utilizzando meccanismi capaci di “costruire” l’infinito». Quindi anche in questo caso nessuna evoluzione graduale. L’uomo è tutta un’altra cosa.

Questi dati, continua Moro, portarono Noam Chomsky (capostipite di questi studi) a dichiarare: «gli esseri umani sono in qualche modo progettati in modo speciale con una capacità di natura e complessità sconosciuta». In un articolo del 2010, Moro aggiungeva: «la variazione tra le lingue umane non è illimitata perché non è, come invece lasciava credere una certa filosofia del 900, né frutto né del caos né di una convenziona arbitraria. I confini di Babele esistono e sono scritti nella nostra carne. Si aprono dunque quesiti sulla questione dell’evoluzione della nostra specie impensabili nel secolo scorso, ma rimane fondamentale la consapevolezza che il nucleo del linguaggio umano, la sua capacità creativa, è un mistero». Per chi volesse approfondire consigliamo l’acquisto del suo libro, “I confini di Babele. Il cervello e il mistero delle lingue impossibili” (Longanesi 2006) .

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