Alla base dei diritti e della loro tutela di Tommaso Scandroglio, 23-12-2011,
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“Diritti umani” è una di quelle
espressioni un po’ jolly e un po’ magiche. E’ una locuzione che in linea
generale si può adattare a qualsiasi discorso – da quello politico a quello
sociale, da quello culturale a quello etico – ed ha la proprietà straordinaria
di nobilitare le affermazioni di ogni tipo con la sua aurea di binomio
politicamente corretto. Però viene da chiedersi, grattando un po’ la superficie
di questa accoppiata di termini così annerita da tanti dotti e fumosi discorsi,
cosa si nasconda dietro a questi diritti fondamentali.
Il tema è stato oggetto di un
dibattito organizzato dal Movimento per la Vita dal titolo “I pro life europei
in Campidoglio per i diritti dell’uomo” tenutosi a Roma lo scorso 10 dicembre,
anniversario della firma della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
dell’ONU. Ai partecipanti all’evento il Santo Padre ha rivolto un saluto
ricordando che “il primo fra tutti i diritti è quello alla vita”. Primo, sia
perché il più importante, quello che ha più peso valoriale, e primo anche
perché ovviamente è la porta di accesso per poter far propri tutti gli altri
diritti fondamentali: la salute, l’educazione, la conoscenza, etc.
La Dichiarazione universale
solennemente dichiara nel suo preambolo che questi diritti esistono e devono
essere tutelati. Però c’è un inciampo: perché tutelarli? La domanda sembra
banale, ma così banale non è se nemmeno gli estensori della Dichiarazioni si
sono presi la briga di spiegarci il motivo per cui la vita, la salute, la
proprietà sono beni così preziosi che meritano tutela. Insomma tutti d’accordo
sull’esistenza di questi diritti e sul fatto che devono essere garantiti, ma
non uguale concordia sul fondamento di questi diritti. La questione non è di
lana caprina, dal momento che senza l’individuazione della fonte dei diritti
dell’uomo, cioè del perché li chiamiamo diritti fondamentali, non è possibile
tutelarli appieno. Se non troviamo la spiegazione razionale del perché ad
esempio il genocidio è un atto abominevole, la stessa difesa di un’etnia
oggetto di persecuzione diventa problematica anche sul piano pratico.
Dunque quale è la fonte dei
diritti umani? Una tradizione di pensiero che parte dagli Stoici, intercetta
Aristotele, prosegue con la Scolastica medioevale e approda ai giorni nostri con
Maritain ed altri, sostiene che fonte dei diritti umani è la natura umana.
Questa si può intendere come un fascio di inclinazioni che tendono ad alcuni
beni. Detto in altri termini tutti noi naturalmente tendiamo al bene della
vita, della salute, della conoscenza, etc. In noi, nel nostro DNA ontologico, è
impressa una vera e propria sete di questi beni e se non la soddisfiamo moriamo
assetati, seppur in senso morale. Perciò se la vita ad esempio è un bene
significherà di conserva che dovrò tutelarlo e dovrò evitare tutte quelle
condotte che potrebbero lederlo. Più nello specifico ciò comporta che avrò il
dovere morale di curarmi, di condurre una vita sana e sul versante opposto non
mi sarà permesso togliere la vita a nessuno, nemmeno a me stesso. In chiave
giuridica i beni fondamentali prendono il nome di diritti fondamentali. E con
il termine diritto si indica la pretesa giuridica di vedersi riconosciuti
alcuni beni. Se la mia natura reclama il bene della vita perché è fondamentale
per il mio essere uomo, vuol dire che pretende questo bene, che ha un diritto
naturale su di esso.
Ecco allora che la titolarità dei
diritti umani è infissa nella nostra natura, scaturisce dalla parte più intima
ed essenziale di noi. Ciò ci porta a dire che questi diritti sono un po’ come i
mattoni con cui è costruito l’edificio uomo: farli propri significa essere
pienamente se stessi.
Questa visione che è propria
della tradizione cristiana personalista è oggi la Cenerentola nel campo della
filosofia del diritto. Ad esempio Norberto Bobbio nel suo L’età dei diritti
sosteneva che è vano trovare il fondamento assoluto dei diritti dell’uomo.
Semmai questi sono frutto del consenso dei più. China pericolosa questa. Cosa
succederebbe infatti e se la maggioranza decidesse che alcuni soggetti – il non
nato, il moribondo, l’appartenente ad una particolare etnia etc – non sono più
degni di essere titolari di questi diritti? Altri come Benedetto Croce o il
giurista Gustavo Zagrebelsky sostengono che è la storia la fucina dei diritti
fondamentali. Ma anche questa fondazione è fragile: e se i costumi e le
abitudini diffuse indicassero che esistono persone di serie A con pieni diritti
civili e persone di serie B con qualche diritto mancante sarebbe giusto
avvallare la direzione verso cui spira il vento della storia?
Infine e da ultimo grande
ascendente stanno avendo le neuroscienze. Se noi siamo solo materia e la parte
più peculiare di noi è il nostro cervello è indubbio – così si sostiene - che
vi siano soggetti le cui capacità intellettive sono perfette e dunque meritano
l’assegnazione di tutti i diritti fondamentali. Altri però non brillano per
medesimo acume o assumono condotte socialmente pericolose che provano che il
loro status encefalico è nato delinquente e tale rimarrà: a tutti costoro è
corretto non riconoscere tutti i diritti umani. Questo per dire che senza un
fondamento nella natura dell’uomo i diritti di quest’ultimo sono i balia di
idee che possono diventare nemiche dell’uomo stesso.
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