IL CASO/ L’etica del Dr House e quel dolore che aiuta a capire di Carlo
Bellieni, lunedì 19 dicembre 2011, http://www.ilsussidiario.net
Lunedì 19 dicembre a Pavia, un
dopocena speciale in università: si parla dell’ “Etica del dottor House”. Cosa
attrae tanto del telefilm sull’eccentrico dottore da doverne parlare in
Università? Chi l’ha visto lo sa ma forse non sa dirlo; per questo è bene che
venga… chi non lo ha visto venga lo stesso perché sentir parlare di etica non
come una cosa dogmatica, ma viva e divertente non è cosa da tutti i giorni. E
capirà il perché di tanto interesse.
Il fatto è che il dr House può
essere letto su due piani; il primo è quello banale di vedere un medico
maleducato divertirsi a fare il maleducato. Ma a noi interessa il “piano due”,
quello che non si legge subito, ma si intuisce, e non si sa esprimere. E che
sparisce nelle puntate in cui House diventa più
buono, più simpatico, meno tenebroso. Tanto che nella nuova serie, la
ottava annata di trasmissione, si riaffaccia perché House è in prigione, perde
tutto, perde lo staff, gli amici, lo studio e il lavoro ma torna ad essere
House, quello che ci piace davvero.
E quello che piace all’autore
David Shore che lo ha creato proprio così: tenebroso, gotico, come si vede
nelle prime puntate e in molte altre, ma non in tutte. Perché la caratteristica
di House è il dolore. Dolore fisico per via della gamba operata, e dolore morale
per via di un’infanzia disastrosa che lo ha reso cinico e asociale.
Ma quando si soffre, e si soffre
tanto, si possono fare due cose: ribellarsi e gettarsi nel sogno o nel lamento,
o riscoprire in sé una capacità che prima non si capiva di avere, che gli altri
non si accorgono di avere: l’empatia, la capacità di vedere e soprattutto di
leggere il dolore altrui.
E House legge il dolore altrui
meglio degli altri, per questo è più bravo degli altri. Ma è più bravo anche
perché sa (ha scoperto) che è giusto vincere il male, la malattia; che è giusto
curare e non lasciare che il paziente si faccia del male o si deprima e chieda
di morire prima di averle tentate davvero tutte; che esiste un trattamento
giusto e uno sbagliato… che differenza con la medicina del ventunesimo secolo,
tutta basata sulla burocrazia, sul lasciar (falsamente) decidere al paziente
che di medicina non sa niente e tantomeno sa di disabilità e di malattia.
Ma House sa anche un’altra cosa:
che c’è un bene e un male, un trattamento giusto e uno sbagliato: che esiste
davvero una verità. E lui la cerca: non sa come chiamarla ma la cerca; in una
puntata arriva ad arrestarsi il cuore per vedere cosa c’è dopo la morte. Cerca
la verità, perché capisce e sa che esiste una verità. E per questo House piace,
per questo è seguito e osannato; perché, che lo si sappia dire o no, House è
l’araldo di quello che più profondamente ognuno di noi porta in sé, l’araldo
della ricerca piena di certezza della verità, l’araldo del senso religioso.
Dunque ci addentreremo con
filmati e storie nel mondo di Gregory House, mondo che affascina proprio perché
ci è più vicino di quanto pensassimo, più vicino televisivamente di tante
trasmissioni apparentemente “moralmente corrette”, ma che mancano di quel passo
in più che non è solo tecnico, ma che tocca l’umano, laddove l’umano raggiunge
le sue corde più forti nel dolore e nella capacità di invocare la
manifestazione di un significato.
Lunedì 19 dicembre 2011, ore 21
Aula Magna - Università degli
Studi di Pavia
Carlo Valerio Bellieni
Università degli Studi di Siena
L’etica del Dr. House
coordina
Rosanna Nano - Università degli
Studi di Pavia
© Riproduzione riservata.
Nessun commento:
Posta un commento