Importante studio: «l’aborto aumenta dell’81% il rischio di malattie
mentali», 30 dicembre, 2011, http://www.uccronline.it
Sulle conseguenze mentali e
fisiche dell’aborto indotto è in corso una vera e propria battaglia a suon di
ricerche scientifiche, come accade per tutte le tematiche politicamente
rilevanti. Tuttavia ci sono, come sempre, studi e posizioni guidate da
ideologia e politica e studi di alta qualità e correttezza metodologica.
Un esempio calzante di tutto
questo lo si è verificato nel 2006, dopo la pubblicazione di un importante
studio sul Journal of Child Psychology and Psychiatry dove è stato rilevato che
le donne sotto i 25 anni che avevano avuto un aborto indotto presentavano un
alto tasso di rischio di avere problemi di salute mentale (42%) tra cui
depressione, ansia, comportamenti suicidi e disturbi da abuso di alcool (50%) e
sostanze illecite (67%) rispetto a coloro che non erano mai state in gravidanza
(21%) e di coloro che avevano proseguito la gravidanza (35%). L’American
Psychological Association, schierata politicamente come sempre, ha subito
scritto un comunicato dicendo: «l’APA
nel 1969 ha adottato la posizione che l’aborto dovrebbe essere un diritto
civile. Per i sostenitori pro-choice gli effetti sulla salute mentale non sono
rilevanti per il contesto giuridico di argomenti per limitare l’accesso
all’aborto». Il Dr Fergusson, psicologo ed epidemiologo (dichiaratamente “non
credente” e “pro-choice”), ha a sua volta risposto su diversi quotidiani
dicendo: «avremmo potuto non trovare quello che abbiamo trovato, ma lo abbiamo
trovato e non si può essere intellettualmente onesti e pubblicare solo i
risultati che ti piacciono [...]. Sarebbe stato “scientificamente
irresponsabile” non pubblicare i risultati solo perché sono così critici». Ha
poi aggiunto che il lavoro è stato rifiutato da un certo numero di riviste, «è
molto insolito per noi. Normalmente il lavoro viene accettato al primo
tentativo», ha concluso ironizzando anche sulle pressioni e critiche
ideologiche che gli sono piovute addosso. Un’esperienza molto simile a quella
accaduta al biostatistico Alessandro Giuliani in campo biologico. Evidentemente
non c’è davvero libertà di ricerca.
Indipendentemente dai comunicati
dell’Apa (guidata dai soliti 200 soci, come ha spiegato l’ex presidente
Cummings) nel 2008 uno studio sistematico pubblicato su Contraception (rivista
americana considerata abbastanza schierata in versione pro-choice) ha valutato
tutti gli articoli incentrati sulla potenziale associazione tra aborto e salute
mentale pubblicati tra il 1 gennaio 1989 e 1 agosto 2008. E’ risultato evidente
che gli studi di scarsa qualità e metodologia più difettosa erano quelli che
negavano l’esistenza di un legame (mentre quelli di alta qualità hanno scoperto
una connessione tra aborto e peggiore salute mentale). Sempre nel 2008 il British Journal of
Psychiatry ha pubblicato uno studio longitudinale durato 30 anni dal quale è
emerso che le donne che avevano avuto aborti presentavano tassi di disturbi
mentali del 30% in più.
Quattro mesi fa sempre la stessa
rivista ha presentato un nuovo studio, ad oggi la più grande stima quantitativa
dei rischi per la salute mentale associati all’aborto disponibili nella
letteratura mondiale. Il campione della metanalisi ha compreso 22 studi e
877.181 partecipanti. Il risultato è
perentorio: le donne che hanno subito un aborto presentano un rischio maggiore
dell’81% di avere problemi di salute mentale, e quasi il 10% di incidenza di
problemi di salute mentale ha dimostrato di essere direttamente attribuibile
all’aborto. I ricercatori si augurano che queste informazioni vengano fornite
alle donne in procinto di abortire. La ricerca ha così confermato decine e decine
di studi precedenti, in gran parte presentati in questa pagina.
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