A Trento, come ai tempi di Erode di Francesco Agnoli, 12-12-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
Ripassino per la Curia di Trento di Riccardo Cascioli, 12-12-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
A Trento, come in tante città
d’Italia, venire concepiti è sempre più un rischio ed una colpa. Che si paga
con la morte. Ne hanno parlato anche i quotidiani nazionali. Una giovane
ragazza trentina di sedici anni, incinta, è stata spinta dai genitori ad
abortire. Nonostante fosse fortemente determinata a tenere il bambino.
Nonostante fosse, secondo i quotidiani locali, molto “innamorata” del suo
fidanzato.
I genitori sono addirittura
ricorsi al Tribunale dei Minori, affinché l’eliminazione cruenta del nipote
fosse ingiunta dall’autorità. Imposta con la violenza.
Dopo aver resistito con le unghie
e con i denti, la povera ragazza, è capitolata e “ha deciso”, non certo
spontaneamente, di abortire.
Innumerevoli sono le riflessioni
che nascono di fronte ad un simile fatto drammatico.
Partiamo dalla meno importante:
quel figlio è stato ucciso anche perché i suoi nonni non potevano accettare il
fidanzato della figlia. Un ragazzo albanese. “Omicidio per motivi razziali?”,
si domanderà qualcuno. Non importa: nessun professionista dell’antirazzismo si
è sentito in dovere di protestare. L’aborto è ormai un bene senza se e senza
ma.
Andiamo ora al cuore della
vicenda. La cultura abortista si è sempre nascosta dietro il principio
dell’autodeterminazione delle donne. L’autodeterminazione è oggi un sacro dogma
intoccabile, ma a senso unico: può uccidere suo figlio, la madre che lo vuole;
può far uccidere sua figlia, il padre che lo desidera, in nome di una presunta
volontà della stessa, espressa a parole, in età adolescenziale.
Ma nessuno alza un dito per
proteggere l’autodeterminazione di una ragazza che vuole tenere il bambino, e
che viene incalzata, assediata, violentata nella sua libertà, da chi vuole
costringerla a divenire il boia della sua creatura. Pro morte, la nostra
cultura, sempre; pro vita, mai.
L’autodeterminazione è dunque una
truffa: non solo perché non esiste il diritto di nessuno a negare la vita del suo
prossimo, in nome della propria presunta libertà; ma anche perché la verità
dell’aborto è che quasi sempre la donna che vi ricorre lo fa “costretta”:
costretta dalle circostanze; dalla
spinta di genitori, compagni, mariti; dalla freddezza e dall’insensibilità di
chi la circonda; da problemi economici; da una cultura ingannatrice che le
nasconde la natura del bambino, la drammaticità del gesto con cui viene ucciso,
e le conseguenze future per la propria psiche e la propria vita. Ma a nessuno
interessa rimuovere queste cause, queste costrizioni. A nessuno interessa
l’autodeterminazione, quando è per il bene.
Il Nemico del genere umano, del
resto, offre sempre, sotto il nome della “libertà”, solide e terribili catene.
Un’ultima considerazione, per un
cattolico la più amara. Di fronte alla ragazza che difendeva la vita del
figlio, non si è levata alcuna voce autorevole: un convento che si offrisse di
tenere il bambino; un sacerdote che ricordasse la verità e invocasse compassione...
(solo il rappresentante del Movimento per la Vita si è reso disponibile).
Nulla di nulla. Anzi, il
direttore del settimanale diocesano trentino, “Vita Trentina”, ha dichiarato:
“E’ un caso amaro. Una maternità che parte da uno stato di sofferenza così
grande non parte bene. La Chiesa non può certo dichiararsi a favore
dell’aborto, ma capiamo l’enorme difficoltà della famiglia e crediamo che in
questa storia vadano sorretti tutti, la ragazza e i suoi genitori”.
Dichiarazioni, queste, che dimostrano non solo una mancanza di fede, ma anche
un assoluto disprezzo del buon senso e dell’uso della ragione. Infatti il
direttore del settimanale diocesano ha anzitutto, per prima cosa, stigmatizzato
una maternità, difficile quanto si voglia. Come se non fosse un valore in se
stessa. Come se, qualunque sia il modo in cui è nato, ogni uomo non fosse per
sua natura degno di rispetto.
Poi, dopo una frasetta di
circostanza, quasi d’obbligo (tributo al mestiere che fa), ha dichiarato molto
convintamente di “capire”, cioè di condividere, la scelta per la morte; infine
con un equilibrismo degno di Ponzio Pilato e don Abbondio messi insieme, ha
elegantemente omesso di citare il bambino (vanno aiutati “tutti, la ragazza e i
suoi genitori”), dato ormai per spacciato o per inesistente, e ha invitato
invece a sorreggere i genitori, cioè la loro volontà di costringere all’aborto,
e, nello stesso tempo, la vittima, la figlia costretta ad abortire contro
voglia. Come sorreggere quest’ultima, non è stato detto. Non era, è chiaro, un
pensiero impellente, per il bravo direttore diocesano. Eppure, dire una parola
all’intervistatore non era difficile; eppure, si poteva senza grossi rischi
testimoniare la verità; eppure si doveva provare ad offrire un soccorso vero,
magari anche solo indicando ai genitori e alla ragazza una via diversa: la
possibilità di partorire il bambino e di renderlo adottabile. Ma le idee, gli
sforzi per fare il bene, quando il cuore è altrove, non vengono.
Salvaci tu, Gesù bambino, dalla
banalità del male. Dai nonni che spingono i genitori ad uccidere il “piccolo
albanese” che vive in loro figlia. Dai cattolici che hanno perso ogni anelito
al Bene ed alla Giustizia, e che ragionano come il mondo. Dai cattolici che non
sanno vederti, in quel bambino ucciso barbaramente, come ai tempi di Erode.
Ripassino per la Curia di Trento di Riccardo Cascioli, 12-12-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
All’incauto direttore del
settimanale diocesano di Trento (vedi articolo di Francesco Agnoli) e ai
responsabili della Curia trentina, che ha emesso un comunicato stampa di uguale
tenore, vorremmo umilmente ricordare quanto il Catechismo della Chiesa
cattolica afferma a proposito dell’aborto e di cosa prevede a carico di chi lo
procura.
Ebbene, gli articoli del
Catechismo dedicati all’argomento sono sei (dal 2270 al 2275); noi ne
ricordiamo qui solo un paio, tanto per iniziare, giusto per mettere in evidenza
che la misericordia non contempla la complicità con gli assassini. E per
ricordare che i genitori della sedicenne sono scomunicati, prima che a qualche
prete venga in mente di creare ancora più confusione e scandalo di quanto
abbiano già fatto i responsabili della diocesi di Trento (ma a proposito: a
Trento esiste un vescovo, magari quello stesso che nel giugno scorso scese in
campo personalmente per il famoso referendum sull’acqua?).
“Fin dal primo secolo la Chiesa
ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento
non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o
come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale”.
(art. 2271, Catechismo della
Chiesa cattolica)
“La cooperazione formale a un
aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di
scomunica questo delitto contro la vita umana. «Chi procura l'aborto, se ne
consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae», «per il fatto
stesso d'aver commesso il delitto» e alle condizioni previste dal diritto. La
Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa
mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile
causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.
(art. 2272, Catechismo della
Chiesa cattolica).
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