LA COMPLEMENTARIETÁ DELLE SCIENZE ESSENZIALE PER COMPRENDERE L’UOMO di
Massimo Gandolfini*, Newsletter di Scienza & Vita n°52 del 21 Dicembre 2011,
http://www.scienzaevita.org
La “lectio magistralis” del
Cardinale Bagnasco, riletta “a freddo”,
è una vera fucina di provocazioni di
alto profilo culturale, su temi la cui
attualità è costante, inerendo l’uomo in
quanto tale, nel suo rapporto con se
stesso, con la comunità umana e con la
vita. Ognuno di questi esigerebbe un’attenta e rigorosa trattazione. Da “uomo di scienza”
vorrei raccogliere lo stimolo che ci è
stato proposto in apertura, con la
domanda: “E’ possibile conoscere?”, correlata
alla successiva affermazione: “La conoscenza
fa appello al senso comune, all’esperienza
universale”. Personalmente ci leggo
l’invito a riaffrontare il grande tema
del rapporto fra “scienza” ed “etica”: può esistere – o addirittura, deve esistere –
una scienza libera dall’etica? Sono
sistemi fra loro complementari o non
piuttosto istanze reciprocamente
incompatibili? Storicamente, il mondo
scientifico nasce dal mondo filosofico,
come un esercizio particolare del pensiero, finalizzato a dar vita ad un “sistema di
conoscenze” – ottenute con procedimenti
metodici e rigorosi, attraverso
un’attività di ricerca organizzata – in modo da giungere a una descrizione, verosimile
ed oggettiva, della realtà e delle leggi
che regolano l’accadere dei fenomeni
naturali. La scienza, fin dal suo atto
di nascita, ha essenzialmente tre scopi:
comprendere, spiegare e (quando
possibile) predire: giungendo aduna conoscenza
sia qualitativa che quantitativa dei fenomeni
osservati, si elaborano teorie interpretative del reale, aventi, se possibile, capacità
predittive. Questo processo ci ha
consentito, nel tempo, di pervenire a un
corpo di conoscenze in qualche modo oggettive,
nel senso di “teoricamente verificabili da chiunque e ovunque”. Nel mondo greco (si pensi ai Pitagorici o agli
Esclepiadi, notoriamente “parenti” tra
loro) come nel mondo latino e fino
all’Illuminismo, “scienza” ha sempre
significato “conoscenza”, senza distinzione di “campi del sapere”. E’ solo con l’affermarsi
dei “lumi” che inizia a operarsi una
distinzione fra “scienze naturali” e
“scienze morali”, aprendo la strada al
positivismo che suggerì di riservare il titolo di “scienza” alle “conoscenze dure o esatte”.
Auguste Comte affermò che la scienza,
per essere tale, deve necessariamente
esprimersi in modelli matematici, essendo
“la matematica la base universale di tutte le scienze”.
Questa impostazione operò nel
sentire comune, nella mentalità diffusa
delle persone, in particolare dei “non
addetti ai lavori”, una netta distinzione : le “scienze naturali” sono scienze esatte,
indiscutibili, oggettive, libere da ogni
condizionamento culturale d’altra natura
che non sia la scienza stessa; le “scienze
morali” sono visioni soggettive, parziali, opinabili, prive di un’impalcatura certa e incontestabile. La rappresentazione matematica
del tema affrontato diviene la garanzia
della oggettività dell’assunto. A
tutt’oggi questa mentalità permea l’opinione
dei più, per cui viene visto come “non scientifico”
(e, quindi, poco veritiero) ogni aspetto della lettura del mondo che ci circonda che
non sia di ordine matematico,
geometrico, chimico, e così via. A
smentire questa erronea visione, in tempi recentissimi, è stato nientemeno che uno dei
“padri” della fisica/matematica,
Albert Einstein. In
un suo famoso scritto, “Geometry and Experience” – sottolineando che la matematica è uno
strumento parziale costruito dall’uomo
per il solo studio “quantitativo” della
natura – si spinse a dichiarare che
“nella misura in cui le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non sono certe; e
nella misura in cui sono certe, non si
riferiscono alla realtà”. Effettivamente,
a ben vedere, siamo tutti consapevoli che
la natura ed il mondo del reale che ci circonda è un vero sistema complesso multifattoriale, non
riducibile ad un’unica dimensione. Riprendendo il paragone, utilizzato dal Cardinale Bagnasco, dell’opera d’arte, è incontestabile
che la Cappella Sistina non può essere
valutata, letta, giudicata correttamente
se non si utilizzano numerosi strumenti
– o meglio, numerose “scienze”, diverse
e complementari (teologia, filosofia, fisica, arte, architettura, estetica, ecc..) – pena averne una visione parziale e, quindi, erronea. Questo criterio, a maggior ragione, deve
valere per “comprendere” il reale che ci
circonda; in particolare, l’uomo. Parti
essenziali dell’esperienza umana non sono
valutabili, in modo ragionevole, all’interno di un sistema rigido come quello che caratterizza
le cosiddette “scienze esatte”. Nessuna
scienza, singolarmente presa, è in grado
di leggere la totalità della realtà:
ciascuna è solo in grado di produrre percezioni
incomplete, parti di una verità più grande, nascosta nella complessità e totalità del
fenomeno. Il fisico Victor
Weisskopf (1994) affermò che “l’approccio fisico, matematico, etico,
artistico e religioso non si
contraddicono a vicenda, ma si completano
l’un l’altro”. 19 20 E’ il principio di “complementarietà”
delle scienze, che non può mai essere
dimenticato (o peggio, osteggiato)
quando l’oggetto dello studio e della programmazione
scientifico-politica è nientemeno che
l’uomo stesso e il suo futuro. Contrapporre
“scienze naturali”, esatte, e “scienze umanistiche”,
aleatorie e opinabili, è metodologicamente
errato e storicamente pericoloso, perché
costituisce la base ideologica della
“scienza senza etica”, essendo l’etica
percepita e rappresentata come freno e
intoppo allo sviluppo del sapere
cosiddetto scientifico. Anche sul piano
rigorosamente storico, non si è mai dato
un agire scientifico che non rispondesse ad una precisa impostazione etica. Il vero problema
non è affermare l’autonomia della
scienza, quanto costruire una “buona
etica” che indichi un preciso sistema di valori “indisponibili” cui riferirsi, primo
fra tutti la vita. Ancora una volta, l’appello alla “ragione”
costituisce una sorta d’imperativo
categorico se il fine cui tendere è il
bene di ciascun uomo e dell’intera comunità
degli uomini. E fra la pluralità di forme d’esercizio della ragione, scienza ed etica
sono fondamentali “per garantire che i
progressi medici non vengano mai
compiuti ad un
prezzo umano inaccettabile” (Benedetto XVI, 14 novembre 2011) .
* Primario neurochirurgo,
Direttore Dipartimento Neuroscienze,
Poliambulanza Brescia;
Consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita
* Primario neurochirurgo,
Direttore Dipartimento Neuroscienze,
Poliambulanza Brescia;
Consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita
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