SCOPERTE/ Le cellule staminali adulte "impegnate" contro i
tumori - INT. Augusto Pessina, martedì 27 dicembre 2011, http://www.ilsussidiario.net
La notizia è di quelle che non
possono passare inosservate e la pubblicazione on line sulla rivista
scientifica PloS ONE offre a tutti la possibilità di approfondirne la portata: si
tratta di una ricerca che ha dimostrato, per la prima volta, che cellule
mesenchimali umane isolate da midollo osseo, quindi cellule staminali adulte,
possono essere “caricate in vitro” con farmaci chemioterapici e successivamente
utilizzate con efficacia per il trattamento dei tumori. Queste cellule possono
così divenire un nuovo dispositivo/farmaco in direzione di una cura sempre più
mirata e in grado di diminuire/eliminare alcuni effetti collaterali.
Lo studio è stato coordinato da
Augusto Pessina, del Dipartimento di Sanità Pubblica, Microbiologia, Virologia
dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con Giulio Alessandri,
del Laboratorio di Neurobiologia, Fondazione Istituto Neurologico Carlo Besta
di Milano diretto da Eugenio Parati, e l’importante supporto di Roberto Pallini
dell’Istituto di Neurochirurgia della Facoltà di medicina della Università
Cattolica del Sacro Cuore.
Ilsussidiario.net ne ha parlato
con Pessina, coordinatore della ricerca e primo firmatario dell’articolo
“Mesenchymal Stromal Cells Primed with Paclitaxel Provide a New Approach for
Cancer Therapy”.
Perché proprio le staminali
mesenchimali?
È noto che cellule staminali
mesenchimali sono presenti in molti tessuti umani adulti e in particolare nel
midollo osseo e nel tessuto adiposo e che sono in grado di rigenerare e
riparare tessuti danneggiati. Questa nuova scoperta dimostra che le stesse
cellule possono essere utilizzate come “veicoli” per trasportare farmaci che,
raggiungendo in modo mirato le cellule dell’organo malato, possono avere una
maggiore capacità terapeutica.
La vostra ricerca costituisce un
notevole avanzamento anzitutto sul piano conoscitivo.
Sì, perché proprio questa
caratteristica cellulare (di incorporare e rilasciare molecole) rappresenta un importante
aspetto biologico di base perché suggerisce che anche altre popolazioni
cellulari adulte possono essere in grado di incorporare molecole e
successivamente rilasciarle in forma farmacologicamente attiva e concentrata.
In studi preliminari abbiamo osservato che questa caratteristica biologica
sembra essere condivisa dai fibroblasti, ma anche da cellule dendritiche,
monociti e macrofagi, che sono presenti nel sangue e quindi facilmente
isolabili dai pazienti. Questo apre anche un nuovo interessante campo di
ricerca sulle funzioni cellulari di base (bio-farmaco-tossicologiche).
Quali sono le prospettive di
applicazione clinica e terapeutica?
Come dimostrato dai modelli
riportati nell’articolo su PloS ONE, questa scoperta apre anche nuove
interessanti e utili prospettive di applicazione clinica. Infatti, il
dispositivo cellula-farmaco può essere preparato mediante semplici e poco
costose procedure senza alcuna manipolazione di tipo genetico (come si è
costretti a fare in alcune tecnologie di terapia cellulare avanzata), riducendo
o eliminando così i rischi a esse correlati. In questo modo, la cellula
caricata del farmaco può essere usata come “trasportatore” fisiologico dello
stesso dentro l’organismo.
Quali sono i principali vantaggi
previsti?
Le cellule mesenchimali adulte
possono essere ottenute facilmente da midollo osseo, tessuto adiposo e da molti
altri tessuti; col vantaggio che, se usate dallo stesso paziente, si elimina il
rischio immunologico; inoltre, si riduce anche il rischio di trasmissione di
agenti patogeni. Per ora il nostro studio ha prevalentemente riguardato
l’oncologia nel cui ambito potrà essere sviluppata a supporto e affinamento di
tecniche tradizionali. Si può anche supporre che in alcune situazioni
neoplastiche potrebbe migliorare di molto le attuali terapie rendendole più
efficaci. L’uso di questo dispositivo potrà poi riguardare anche altre
patologie ove sia richiesto un potenziamento sia della specificità che della
attività terapeutica.
Si può già pensare anche alla possibilità
di conservazione delle cellule cariche?
Lo studio ha permesso di
evidenziare che le cellule cariche di farmaco mantengono la loro funzionalità
terapeutica anche dopo congelamento in azoto liquido, offrendo in questo modo
la possibilità di conservare queste cellule in congelatore e utilizzarle quando
necessario, nello stesso paziente donatore, anche tempo dopo la loro
preparazione, per esempio in caso di recidive o altro. Da questo punto di
vista, anche la possibilità di banking funzionale a future terapie viene
valorizzata in modo significativo e specifico; quindi non è semplicemente
enfatizzata come una possibilità generica di conservazione di proprie cellule
senza che vengano fornite indicazioni in tal senso.
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