L'illogico Odifreddi manca di coerenza di Tommaso Scandroglio, 14-12-2011,
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Fino all’altro ieri l’aborto era
un delitto, ieri una condotta da tollerare, oggi un diritto. E domani? Per
scrutare il futuro in modo scientifico cosa c’è di meglio che chiederlo ad un
matematico come Piergiorgio Odifreddi? Questi preconizza che l’aborto debba
diventare un dovere; sì, un dovere sociale. In un post del 9 dicembre
pubblicato nel suo blog, il quale si chiama con ottimismo “Il non-senso della
vita”, il professore ha messo sotto la lente di ingrandimento il caso della
ragazzina di Trento costretta ad abortire dai genitori. Il docente nativo di
Cuneo si rammarica del fatto che “il giudice ha negato l’imposizione
dell’intervento, perché per la nostra legislazione l’aborto è un diritto
(limitato), ma non un dovere”.
Con malcelato livore aggiunge una
stoccata messa a segno ai danni del cattolicume che insudicia la cultura
italica: “Naturalmente, non si può pretendere molto di diverso, in un paese in
cui la politica famigliare è ispirata a valori predicati da eunuchi che si
rifanno agli insegnamenti di una ‘famiglia’ in cui tutti i membri (padre, madre
e figlio) erano vergini”.
Il prof. poi continua
argomentando che prima di mettere al mondo un figlio dovremmo avere
l’accortezza di rendere questo mondo quasi perfetto, privo di rischi per il
bambino. Occorrerebbe cioè avere una garanzia, se non assoluta comunque
abbastanza solida, che il piccolo per tutta la sua vita potrà crescere sano e
felice. Ma dato che questo ovviamente non si può pretendere allora è
preferibile imporre l’aborto: “In mancanza di adeguate prospettive che rendano
l’adempimento di queste condizioni se non certe, cosa ovviamente impossibile da assicurare,
almeno probabili e prevedibili, i tribunali dovrebbero intervenire per impedire
la procreazione. Anzitutto, in maniera preventiva, forzando all’uso di
anticoncezionali. E poi, quando la prevenzione avesse fallito, imponendo la
cessazione della gravidanza”. E più avanti chiosa: “La procreazione
responsabile è un dovere civile e sociale anche, e soprattutto, dei cittadini
adulti sposati. E uno stato degno di questo nome dovrebbe vigilare affinché
essa fosse praticata, e imposta quando non lo fosse”. Insomma a sentir lui non
dovrebbe nascere più nessuno.
A rigor di logica – quella stessa
logica che così tanto piace all’ex seminarista Odifreddi – quest’ultimo
dovrebbe togliere il disturbo al più presto per la seguente ragione. Dunque, a
dar retta ad Odifreddi la vita non vale di per se stessa ma solo se adornata da
salute, “benessere, felicità, autorealizzazione”. Ciò ovviamente si deve
applicare anche ai già nati. Il risultato è letale. Infatti, dal momento che
Odifreddi, al pari di noi tutti poveri mortali, nella sua esistenza ha con
quasi certezza sofferto di qualche seppur piccolo dispiacere che ha incrinato
il suo perfetto stato di benessere psicofisico, è doveroso comandare al
professore di farla finita perché la sua vita non vale più nulla. Attenzione:
secondo Odifreddi non si può richiamare il principio di autodeterminazione. Non
si può protestare affermando: “Ma a me la mia vita piace lo stesso, anche se
sono un po’ acciaccato e non vedo tutto rosa”. Oppure: “Anche se sarà infelice
voglio che mio figlio viva”. E no, la vita intaccata anche da un’ombra di
dispiacere perde la qualifica di vita degna di essere vissuta. E dunque piaccia
o non piaccia occorre che un tribunale costringa il professore di logica ad una
marcia forzosa verso il cimitero.
Odifreddi inneggia tanto alla
coerenza interna di un discorso e quindi ci faccia il piacere di essere
coerente sino in fondo. Ma non tema: la pietas cristiana non discrimina e
quindi è rivolta anche agli incoerenti. E dunque lo preghiamo solo di essere
coerente intellettualmente ma non di passare dalle parole ai fatti.
Il post del 9 dicembre però ha
avuto una certa eco nella cerchia degli afecionados del blog di Odifreddi. Dopo
aver affermato che i giudici avrebbero fatto bene a costringere la sedicenne ad
abortire, il buon senso di molti lettori del suo bloggino si è risvegliato
pieno di indignazione. Risposta del prof., anzi del “logico” come si è
definito: perché stupirsi di questa mia indicazione? Non sapete forse voi che
lo Stato italiano è ingerente in tema di libera scelta di abortire? La 194 –
continua Odifreddi – è piena di zeppe che ostacolano chi vuole abortire:
“controlli amministrativi, medici, psicologici e religiosi che venivano (e
vengono) imposti alla donna, anche adulta e sposata, che decideva (o decide) di
interrompere la gravidanza”. Dunque nulla di nuovo sotto il sole. Affermare che
i tribunali dovevano far abortire la ragazza è coerente con l’impianto
legislativo della 194 che annulla l’autodeterminazione della donna.
Un paio di considerazioni. La
prima: la donna non è ostacolata in nessun modo nel suo intento abortivo perché
qualsiasi motivazione addotta dalla stessa è per legge ragione sufficiente per
eliminare il bambino. Motivazioni che non necessitano di nessuna certificazione
medica. Il certificato rilasciato attesta unicamente la volontà della donna di
abortire. Dopo il 90° giorno occorre invece una certificazione dell’esistenza
delle cause che inducono la donna ad abortire, ma anche in questo caso i motivi
possono ricondursi ad un semplice: “Non lo voglio tenere questo bambino”. Il
libero accesso all’aborto quindi non è compresso in nessun modo.
Secondo: le poche procedure
previste dalla 194 sono – nell’intento di chi ha redatto la legge – da una
parte a tutela della salute della donna: che elimini il suo bambino in tutta
sicurezza in un pulito e asettico ospedale e non per mezzo di un ferro da calza
o di un cucchiaio usati da inesperte mammane. E dall’altra garanzia – puramente
nominale – di libera scelta: ecco perché l’obbligo – meramente formale e per
più versi inefficace – di informare la donna su strade alternative all’aborto,
di lasciare alla stessa alcuni giorni di riflessione etc. Non ci pare ingerenza
nella sfera della libertà della donna ma semmai all’opposto tutela della sua
“libertà”. Mettiamo tra virgolette questo termine perché chi decide di abortire
oltre ad uccidere il figlio uccide anche la propria libertà. Quindi il giudice
che obbligasse la donna ad abortire contraddirebbe la ratio della 194.
Odifreddi invece avrebbe ragione se sostenesse che alla donna che vuole
abortire nella realtà dei fatti viene prospettata solo l’opzione aborto. E il
matematico converrebbe con noi che la mancanza di scelte significa mancanza di
libertà, cioè coazione.
In conclusione la supposta
coerenza del “logico” Odifreddi ci pare in realtà assai autoconfutatoria perché
ha messo a segno in poche righe un bel cumulo di paralogismi e sofismi, cioè di
sillogismi erronei (l’ABC per chi studia logica). E gli autogol sono le reti
che fanno più imbufalire i propri tifosi e maggiormente rallegrare gli
avversari.
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