Aborto? No grazie (eppure se ne infischiano) di Alfredo De Matteo, http://www.libertaepersona.org
Alcuni dicono e scrivono:
l’aborto è un diritto, mai un dovere. Ad affermare ciò sono gli pseudo pro-life
che vanno per la maggiore ma soprattutto il variegato popolo dei pro choice che
vive nell’illusione di un mondo libero ed è disposto a scandalizzarsi solamente
quando tale apparente libertà viene negata, come nel recente episodio di
cronaca in cui una sedicenne è stata “convinta” ad abortire dai genitori prima
e dal giudice tutelare (al quale gli stessi genitori si erano rivolti) poi
malgrado ella non ne volesse proprio sapere di eliminare il bambino che portava
nel grembo.
Troppo giovane ed inesperta per
diventare mamma e per di più il bambino che aspettava era il frutto di una
relazione con un ragazzo albanese che non sarebbe stato in grado di assicurarle
un futuro decente, hanno sentenziato i genitori (separati) della ragazza che
magari se ne sono fregati di lei e della sua salute psicofisica fino ad un
momento prima di venire a conoscenza del fattaccio. Eppure sarebbe troppo facile
prendersela con gli insensibili genitori ed il superficiale giudice come se non
esistessero norme e pressioni culturali che ne avessero orientato e diretto il
comportamento. Il punto centrale è infatti il seguente: nel momento in cui un
comportamento umano viene elevato al rango di diritto (com’è nel caso
dell’aborto volontario legale e gratuito) finisce per diventare anche un dovere
sociale. Ad esempio, qual è stata la conseguenza naturale dell’affermazione
secondo cui la società deve garantire che tutti ricevano un livello minimo di
istruzione? La scuola dell’obbligo, ovviamente. Similmente, qual è la
conseguenza naturale dell’altra affermazione secondo cui la società deve
garantire a tutte le donne l’accesso libero e gratuito alla cosiddetta
interruzione volontaria di gravidanza? L’aborto imposto!
In effetti, il perverso percorso
è obbligato e non prevede strade alternative: se l’aborto è un diritto vuol
dire che è un comportamento positivo per chi lo compie e per l’intera società,
dunque un comportamento da incentivare e diffondere affinché tutti ne
usufruiscano. D’altra parte, una recentissima risoluzione approvata a
maggioranza dal Parlamento Europeo inquadra l’aborto proprio in quest’ottica,
definendolo addirittura come uno degli strumenti necessari contro la diffusione
del virus dell’Hiv. Nulla di strano, dunque, che dei genitori “moderni” e
“attenti al benessere fisico e psicologico” della propria figlia minorenne
facciano di tutto per impedirle di commettere la imperdonabile sciocchezza di
volere la nascita di un bambino non programmato. Parimenti, nulla di strano che
un giudice chiamato ad esprimersi decida anch’egli di utilizzare tutta la sua
autorità per convincere la povera sedicenne a tornare in sé e decidere di
sbarazzarsi del bambino che nessuno vuole, tranne la sua mamma. Certo, è un
mondo alla rovescia, orribile: ma è un mondo che segue una logica, quella del
male.
E’ inutile coltivare l’illusione
che la legalizzazione dell’aborto abbia reso libera la donna di decidere in
piena libertà se “tenere” oppure no il bambino che porta nel grembo dal momento
che tale assunto, oltreché essere comunque profondamente sbagliato in linea di
principio, è diabolicamente falso. O l’aborto torna ad essere considerato ciò
che è, ossia un crimine contro l’umanità e come tale adeguatamente punito,
oppure l’esito inevitabile (e non troppo lontano) sarà l’aborto obbligatorio
per le donne, in barba alla tanto osannata autodeterminazione femminile.
(http://campariedemaistre.blogspot.com/2011/12/aborto-no-grazie-eppure-se-ne.html#more)
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