domenica 11 dicembre 2011


Il «papà» di Dolly: basta ricerche sugli embrioni di Lorenzo Schoepflin - Ian Wilmut, guru inglese  della ricerca biomedica, chiede che si concentrino  le risorse  sulle ben più promettenti cellule staminali adulte, lasciando stare le embrionali – Avvenire, 8 dicembre 2011-12-11  

Ian Wilmut, pioniere della clonazione, pochi giorni fa si è detto perplesso sull’opportunità di insistere nell’uso delle cellule staminali embrionali, dicendosi piuttosto favorevole a scommettere su quelle adulte. Attualmente responsabile del gruppo di Riprogrammazione cellulare del centro di Medicina rigenerativa presso l’Università di Edimburgo, Wilmut non è nuovo a clamorose marce indietro: nel 2007 annunciò il suo addio alla clonazione, dopo che era salito alla ribalta delle cronache mondiali proprio per aver fatto nascere con tale tecnica la pecora Dolly nel 1996. Ora, in occasione del meeting annuale sulle cellule staminali in California, Wilmut ha è tornato a parlare espressamente della ricerca sulle cellule adulte come della più promettente nell’ambito delle staminali.  n particolare, Wilmut ha specificato che le staminali embrionali non sembrano mostrare prospettive positive a causa del rischio di sviluppare tumori, evidenziatosi dopo aver proceduto all’iniezione in animali. Il 67enne professore inglese si è detto inoltre favorevolmente impressionato dalla tecnica detta "programmazione diretta", che prevede l’uso di cellule da tessuti adulti riprogrammate per usi specifici, senza dunque il sacrificio di embrioni, indicandola ai colleghi quale strada da seguire. Questo nuovo segnale di un cambio di rotta arriva in un momento in cui il dibattito sulle staminali embrionali è accesissimo. In Europa l’ottavo Programma quadro sembra andare nella direzione di finanziare la ricerca che implica la distruzione di embrioni umani. Una scelta che appare in contrasto con quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia europea, che lo scorso ottobre ha sancito la non brevettabilità di tecniche che prevedono l’uccisione dell’embrione, definendo nel concepimento l’inizio di una vita umana. Negli Stati Uniti, con la presidenza Obama, le staminali embrionali sono divenute nuovamente oggetto di ricerche finanziate con fondi federali, dopo lo stop che Bush aveva imposto. Uno dei primi provvedimenti del presidente democratico riguardò proprio il via libera all’utilizzo di denaro pubblico da destinare alla ricerca sulle embrionali. In questi ultimi tre anni sono state attivate nuove linee cellulari, col conseguente sacrificio di un maggior numero di embrioni.  Nonostante le scelte politiche della Casa Bianca, i dubbi sulle reali prospettive dell’uso delle embrionali non sono svaniti. Recentemente la californiana Geron, importante azienda del settore delle biotecnologie, ha annunciato di voler abbandonare i propri progetti riguardanti le staminali embrionali a favore di altri filoni di ricerca: meglio concentrare le risorse economiche, sempre più scarse, in ambiti che fanno intravedere maggiori probabilità di successo. In maggio il Cirm, l’Istituto californiano di Medicina rigenerativa che è tra gli organizzatori del convegno durante il quale Wilmut ha rilanciato i suoi dubbi, concesse 25 milioni di dollari di finanziamento proprio alla Geron. Ma sei mesi prima, dei 19 progetti di ricerca finanziati dal Cirm solo 5 prevedevano ormai l’uso delle staminali embrionali, e neppure uno riguardava tecniche di clonazione.  a il confronto è apertissimo. Ieri ricercatori del King’s College di Londra hanno annunciato di aver depositato una linea di cellule staminali embrionali "xeno-free", ovvero prive di materiale di origine animale e quindi potenzialmente utilizzabili per curare esseri umani. Tali cellule sono state ricavate da embrioni congelati donati da coppie che hanno rinunciato all’impianto. Un’altalena – embrionali sì, embrionali no – che dimostra come quanto ribadito pochi giorni fa da Wilmut tocchi un tasto sempre più sensibile in seno alla comunità scientifica. I dubbi sulla possibilità di ottenere risultati concreti con le staminali embrionali di cui si è fatto portavoce il «papà» di Dolly sembrano esclusivamente di natura scientifica ed economica, e non basati su considerazioni etiche. Queste ulteriori indicazioni di un autentico guru della ricerca biomedica suonano come l’ennesimo segnale che spinge sulla strada della ricerca sulle cellule staminali adulte. Lasciando stare una volta per tutte gli embrioni umani. 

Nessun commento:

Posta un commento