EUTANASIA - Mina Welby, cinque anni dopo - "Piergiorgio, vola come
Ariel" - Il 20 dicembre 2006 si spegneva il giornalista e scrittore
simbolo del diritto all'autodeterminazione del malato. Sua moglie con
l'Associazione Coscioni pronti a dare battaglia sul testamento biologico di
PAOLO GALLORI, http://www.repubblica.it
Mina Welby
ROMA - Cinque anni fa, il 20
dicembre 2006, moriva Piergiorgio Welby. Avrebbe voluto "farlo"
prima. La distrofia muscolare lo aveva consumato fino a imprigionarlo in un
letto. La natura che tanto amava scorreva fuori della sua stanza, dove macchine
senza anima costringevano la sua in un corpo ormai indifendibile, spinto a
respirare, ad alimentarsi. E ad assistere impotente all'esposizione di quanto
restava di sé all'andirivieni di camici bianchi. Finché quel giorno di cinque
anni fa un anestesista acconsentì a sedarlo e spense la ventilazione meccanica.
Il dottor Riccio fu poi assolto dal giudice Zaira Secchi, che puntellò la
sentenza sull'articolo 51 del codice penale: non punibilità per il medico che
adempie al dovere di dare seguito alle richieste del malato, compresa quella di
rifiutare le terapie, sancita dall'articolo 32 della Costituzione. Aveva 60
anni, Piergiorgio, amava la vita, ma per lui quella non lo era più. Lo disse al
presidente Napolitano, in una lettera lucida e impietosa, per reclamare il
diritto a una morte non giusta ma "opportuna". Per raccomandare al
presidente della Repubblica che la sua storia, e quelle come la sua, fossero
portate a conoscenza degli italiani. Per alimentare una riflessione seria
sull'eutanasia, contro l'accanimento terapeutico e per il diritto
all'autodeterminazione del malato. Sul testamento biologico si sarebbe poi
abbattuto il caso Englaro. La "guerra di Piero", scrittore,
giornalista e attivista radicale, oggi continua con Mina Welby, sua moglie,
presidente dell'Associazione Luca Coscioni.
Mina, sono passati cinque anni.
E' cambiato qualcosa?
"Credo di sì, nella
discussione aperta tra gli italiani, soprattutto tra le persone sensibili a
queste richieste. In Italia di nascosto si fa desistenza terapeutica, senza
scriverlo nelle cartelle cliniche. Indagini dimostrano come in America un'alta
percentuale di medici faccia desistenza terapeutica. In Europa il 39%. Nel
2002, in Italia, con Piero ancora in vita, era appena il 10%, si faceva più
accanimento terapeutico, desistenza solo quando le cure erano evidentemente
inutili. Avviene anche oggi, contro il codice deontologico medico. In questo
hanno responsabilità i parenti, che insistono con i medici per le cure. E i
dottori, per non essere denunciati..."
Mina, lei è in prima linea contro
il ddl Calabrò, il disegno di legge che ribadisce il no all'eutanasia e
inasprisce le regole sul testamento biologico.
"Aspettiamo che il ddl sia
calendarizzato, il Senato ora è affaccendato in altre cose. In realtà si parla
di tre proposte di legge in una: su alleanza terapeutica, consenso informato e
disposizione anticipate sui trattamenti. Su alleanza terapeutica e consenso
informato leggi c'erano già. Serviva solo un discorso su come trattare le
disposizioni anticipate sui trattamenti. Ma questa legge è stata concepita
male, perché scritta sulla falsariga del decreto "salva Eluana" di
Berlusconi. Per questo è illiberale e liberticida"
Si spieghi.
"Nel "testamento
biologico", la persona non può rifiutare, sin da principio, la nutrizione
artificiale, che è un trattamento medico. Nessun medico può mettere un sondino
a un paziente che lo rifiuta. Nel momento in cui la persona si ritrova in coma,
la legge dice che il sondino va messo. E' assolutamente illiberale. E ancora:
un malato di Sla dice che non vuole essere tracheotomizzato, se va in coma
viene intubato. Il medico dovrebbe rispettare la sua volontà, è scritto nel
codice deontologico. In questa legge invece si evoca il codice penale: il
medico che fa desistenza terapeutica rischia l'accusa di omicidio"
Il ddl non considera più valida
la manifestazione orale sul trattamento desiderato nel fine vita espressa in
precedenza da soggetti in stato vegetativo. Il caso Englaro, per intenderci.
"Infatti. Ma io credo che
anche la legge Calabrò non potrebbe confutare il codice civile, secondo cui è
giusto che per quella persona decida la famiglia, qualcuno che l'ha amata. E'
giusto che il medico chieda come andare avanti, se le cure non servono più.
Invece questa legge, articolo 3, comma 5, concentra tutto nel documento, la
dichiarazione anticipata sui trattamenti (senza, il personale medico è
obbligato ad agire a salvaguardia della salute e della vita, ndr)".
Sul sito dell'associazione
Coscioni si raccolgono proposte di emendamento.
"Sì, in modo da allungare i
tempi e far capire ai senatori che quel testo non è accettabile. Da varie
indagini, Eurispes per esempio, si rileva che il 70% degli italiani vuole una
legge chiara e buona per essere accompagnati nel fine vita".
E' ottimista sull'esito di questa
sua battaglia?
"Quando ho iniziato a
rispondere agli inviti, agli incontri venivano anziani. Oggi sono i giovani,
liceali, universitari, a farmi domande davvero difficili e anche impertinenti,
personali. Ma è giusto, bisogna svelare per spiegare come il morire sia un
fatto personalissimo. E nessuno, nemmeno una legge può invadere questo campo.
Lo afferma anche l'ordine dei medici, nel documento uscito dal congresso del 7
e 8 luglio, a Palermo. In Germania, la legge sulle disposizioni anticipate sui
trattamenti non entra nel privato, si limita a dare input sul trattamento di
queste dichiarazioni. Il ddl Calabrò entra tra il medico e il paziente. Invade
il codice deontologico del medico e la volontà del paziente. Inaccettabile.
Spero che non passi".
Qual è l'ostacolo maggiore in
Italia: politica, religione...
"Non credo dipenda dalla
religione. Credo di più in un problema politico. I cattolici non sono tutti
dello stesso parere, così come i non credenti. Ci sono atei d'accordo con la
gerarchia vaticana e cattolici che dissentono. Ho raccolto dichiarazioni, mail,
di tanti sacerdoti, non estremisti antivaticanisti, che hanno sostenuto e
sostengono Piergiorgio e oggi fanno ricerche assieme ai loro fedeli".
Il sogno di Piergiorgio era la
morte "opportuna", come scriveva a Napolitano.
"Tra i medici italiani c'è
una corrente che fa ricerca sul suicidio assistito. In modo particolare, per
persone sole, anziane o con difficoltà di vita. Io credo che oggi, con una
crisi non solo economica ma politica e soprattutto culturale, non tutti avremo
la possibilità di un accompagnamento nel fine vita con cure palliative
costosissime, anche se per il ministero della Salute sono obbligatorie.
Inoltre, una persona potrebbe non accettarle. Piuttosto, mancano psicologi,
servirebbero di più. Ogni anno l'Istat registra 3mila suicidi, la maggior parte
sono malati di cancro".
Mai avuto un ripensamento?
"Mai, vado avanti, ho votato
tutta me stessa a questa battaglia e non mi dò pace, anche sapendo quanto è
difficile arrivare a una legge che Piergiorgio avrebbe voluto sul suicidio
assistito, sulla depenalizzazione dell'eutanasia. Nel 2004 ci fu la proposta di
legge del senatore Battisti. Un insospettabile, non era un radicale, era della
Margherita. Con il ddl del 13 febbraio, in deroga agli articoli 579, 580 e 593
del codice penale, si voleva rendere non punibile il medico che provoca o
agevola la morte di una persona che lo ha richiesto, a condizione che sia in
uno stato di malattia terminale irreversibile, di tipo patologico o
accidentale. Quando la vide, Piergiorgio fu molto felice. Ora giace in qualche
cassetto del Parlamento".
Nella lettera a Napolitano,
Piergiorgio chiedeva visibilità per storie come la sua. Crede che i media lo
abbiano accontentato?
"Il vero problema è
l'informazione sbagliata. Data in modo superficiale, impulsivo, emotivistico,
con lo scopo di vendere i giornali. Usando termini che hanno generato caste
contrapposte, quando non c'è alcuna necessità di opporre la vita alla morte,
perché la morte è parte della vita. Con "si deve lasciare che Eluana vada
via" non si intendeva, come mi è stato rinfacciato spesso, che noi
volevamo far morire tutte le persone in stato vegetativo. E' assurdo. Il papà
aveva fatto questa richiesta perché sua figlia lo avrebbe voluto. Eluana lo
aveva detto. Tornando ai media, sarebbe utilissimo che i giornali facessero
periodicamente un'operazione di aggiornamento e approfondimento per informare i
cittadini. Non succederebbe più quanto accaduto a Porta a Porta, dove si sono
contrapposte persone risvegliatesi dal coma. Ma il coma non è lo stato
vegetativo, dal coma si può tornare indietro".
Immagini di aver vinto, di aver
coronato il sogno di Welby.
"Avrei un pensiero felice
per i cittadini, ma so che continuerei a combattere. Perché non tutti sarebbero
d'accordo, ci sarebbero obiettori di coscienza, medici non disposti per
questioni di coscienza, come con l'aborto. Ci sono sempre nuove sfide. Ma io sono
contenta, vedo che le battaglie di Piero vanno avanti, portandole in Europa
assieme all'Associazione Luca Coscioni e ai radicali".
Mina, il musista Marco Turriziani
ha composto questa canzone, "Ho sognato che volavi".
ASCOLTA IL BRANO 1
"Un titolo che riassume il
pensiero di tanti amici di Piergiorgio. Quelli presenti al funerale, ammirati
da un volo di piccioni su piazza Don Bosco, a Roma. E poi, quelli che
Piergiorgio frequentava nel forum sui falchi. Nel 2007, mi invitarono in un
allevamento per dare un nome a un falchetto in ricordo di Piergiorgio. Lui
chiamava se stesso il Calibano, pensando al personaggio shakespeariano, l'uomo
di fango, brutto, insidioso, terrificante. Io chiamai il falchetto Ariel: il
Calibano si è strasformato, adesso vola, si libra nella libertà e nella
bellezza. Come Piergiorgio aveva sempre desiderato".
(18 dicembre 2011)
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