domenica 11 dicembre 2011


Ricerche e libri, l’Olanda scopre il «ritorno» dalla morte - Il Paese apripista nel legalizzare l’eutanasia si appassiona delle idee messe in circolazione da pubblicazioni specialistiche e da bestseller sulle esperienze di«pre-morte» come sulle caratteristiche della coscienza umana - Il segno del dubbio che affiora nella coscienza della gente su scelte di autodeterminazione - di Maria Cristina Giongo, Avvenire, 8 dicembre 2011-12-11

In Olanda è stato dato grande risalto alla notizia di una ricerca scientifica dell’Università Charitè di Berlino che attribuisce l’esperienza di premorte a un aumento della serotonina nel cervello. La serotonina è un neurotrasmettitore che viene principalmente coinvolto nella regolazione dell’umore, del sonno, della temperatura corporea, dell’appetito ed ella sessualità. Mentre come esperienza pre-morte si intende l’insieme di sensazioni vissute da alcuni pazienti che a causa di malattie terminali o eventi traumatici hanno sperimentato fisicamente la condizione di coma,arresto cardiocircolatorio o encefalogramma piatto: senza tuttavia giungere alla morte vera e propria. l racconto delle persone che hanno potuto tornare indietro dallo stato di morte clinica è basato su informazioni molto simili, soprattutto per quanto riguarda la visione di un tunnel attraversato da una luce intensa con una piacevole sensazione di benessere e felicità. La ricerca dell’Università di Berlino è stata condotta su un campione di ratti il cui cervello è stato posto sotto osservazione attraverso uno scanner dopo la somministrazione di un’alta quantità di anestetizzanti. Poco prima della morte la dose di serotonina nel cervello è triplicata. indagine è stata pubblicata su Neuroscience Letters e ripresa anche da New Scientist. Secondo il professore che l’ha guidata, Alexander Wützler, la stessa reazione potrebbe accadere nel cervello umano al momento della morte e giustificare i racconti di persone che si sono risvegliate dal coma, descrivendo le ormai note sensazioni di bagliori, suoni intensi ed emozioni (cui, appunto è stato dato il nome di esperienze di «pre- morte»). A esplorare un mistero che sembra appassionare gli olandesi si è cimentato anche un cardiologo, Pim vanLommel, 68 anni, arrivando a conclusioni contrarie o piuttosto parallele (nel senso che un’opinione non esclude l’altra). Dopo una ricerca di dieci anni su 344 pazienti,nel 2001 Van Lommel ha pubblicato nella prestigiosa rivista medica The Lancet un’interessante teoria a riguardo. Secondo lo studioso il fenomeno della pre-morte può essere spiegato soltanto se si considera la coscienza un elemento legato non solo all’attività cerebrale ma a qualcosa di più profondo, che la supera. Questo fatto all’inizio sollevò polemiche con i sostenitori della natura puramente materialistica della coscienza. Ma suscitò anche tanti consensi. Nel 2006 van Lommel ha ricevuto un premio al«World Congress on clinical and preventive cardiology» e nel 2010 il premio «Network book Award» delMedical and Scientific Network per ilsuo libro Eindeloos bewustzijn (che in italiano significa «La coscienza infinita»). Un’opera che ha venduto piùdi 125mila copie (arrivata ora alla XVII edizione, con traduzioni in varie lingue)in cui spiega come nel corso del suo studio si sia reso conto che non sempre il cervello lavora insieme alla coscienza.«Nella scienza moderna – ha detto in un recente convegno – si usano tecniche sempre più precise (come l’Mri-scanner)basate su immagini attraverso cui si possono fissare varie attività cerebrali,ma non quella del contenuto della coscienza». Sentimenti e pensieri non assumono alcun ruolo in questo tipo di ricerche: «Ecco perché è importante concentrarsi anche su altre, differenti indagini per capire se la coscienza è stata sempre presente nell’universo, creando in seguito le basi della sua esistenza materiale. Inoltre, se ci si convince dell’importanza della coscienza come entità senza fine, non di per sé legata alla materia, svanirà in noi anche la paura della morte che tanto ci rende difficile l’esistenza». «Durante la mia ricerca – prosegue lo scienziato – è stato interessante notare come i pazienti in osservazione fossero in grado di raccontarmi le loro esperienze ai confinidella morte con dovizia di particolari,ammettendo di essere cambiati nelmodo di affrontare la vita; più sereni,creativi, generosi, intuitivi, appassionati della natura. Meno materialistici e interessati all’aspetto fisico, ma piuttosto a quello interiore». 

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