Embrioni congelati: le domande ineludibili - Ora con quelle vite tutti
noi faremo i conti di Assuntina Morresi, 4 aprile 2012, http://www.avvenire.it/
Saranno le autorità competenti a
stabilire il come e il perché del guasto all’impianto di crioconservazione di
embrioni e gameti al San Filippo Neri, ma possiamo dire fin d’ora che questo
fatto scoperchia tragicamente il vaso di Pandora delle tecniche di procreazione
assistita.
Sono tante le domande a cui sarà
inevitabile rispondere, e non si tratterà di argomenti per addetti ai lavori,
perché la creazione di vite umane al di fuori del grembo materno implica
visioni antropologiche che coinvolgono i valori ultimi su cui si disegna il
volto di una società. Anzitutto bisognerà capire perché tutti quegli embrioni
erano crioconservati. La legge 40, anche dopo le modifiche della Consulta, ha
mantenuto la disposizione secondo cui gli embrioni devono essere creati in
numero «strettamente necessario» alla procreazione, e nessuno in più. La nostra
normativa, pur consentendone la creazione in laboratorio, dà molte tutele
all’embrione, che può essere creato in provetta ma solo per svilupparsi e,
possibilmente, diventare un figlio per chi non riesce ad averne naturalmente, e
non per altri scopi. Sarà necessario quindi verificare dalla documentazione
medica che ognuno degli embrioni distrutti sia stato creato perché
«strettamente necessario» alla procreazione, e non ancora trasferito in utero
per motivi di salute della donna, come prevede la legge.
Si apre poi un’importantissima
partita giudiziaria riguardo le responsabilità dell’incidente, gli eventuali
reati e i danni morali e materiali. Ispezioni e commissioni di inchiesta
aiuteranno a stabilire se ci sono profili penali oltre a quelli civili, e si
avvieranno procedimenti per stabilire, caso per caso, il danno subìto dalle
coppie. Ma per poter procedere a un risarcimento, sarà inevitabile porsi la
domanda: quanto vale un embrione d’uomo? E quindi, piaccia o meno, torneranno a
galla le questioni sorte con l’avvento delle nuove tecniche in campo medico, e
messe a tema in Italia soprattutto nella campagna referendaria sulla legge 40,
sulla natura e il valore e la dignità di ogni singolo embrione umano, e sulle
conseguenze del concepimento di una persona in laboratorio.
Non serve essere dei giuristi per
capire che alle coppie sarà destinato un risarcimento maggiore quanto più sarà
dato valore ai loro embrioni distrutti. Non riconoscere l’esistenza di un
essere umano in un embrione di pochi giorni, e ridurlo a «progetto parentale» o
«grumo di cellule» – come spesso viene chiamato dai paladini del "diritto
al figlio", soprattutto al figlio sano – sminuirebbe parecchio il danno
subìto dalle famiglie coinvolte, e non darebbe ragione della loro sofferenza in
questi giorni. La perdita di un figlio non ancora nato, anche se nel primissimo
inizio della sua esistenza, per il quale, tra l’altro, si è tanto investito, in
termini economici, fisici ed emotivi, è sicuramente più grave di quella di
generico «materiale biologico», pur prezioso. Non a caso, fra chi ha perso i
propri embrioni, qualche donna ha già dichiarato di sentirsi come se avesse
subìto un aborto.
Insomma, nel caso giudiziario che
si è aperto bisognerà pur dire se quegli embrioni sono o no vita umana, sarà
necessario stabilire con chiarezza se sono equiparabili o no ai gameti andati
distrutti, e stavolta non sarà una questione filosofica o destinata ai
dibattiti televisivi: il riconoscimento o meno della morte di esseri umani a
seguito dell’incidente del San Filippo Neri contribuirà in modo determinante a
quantificare il danno, e a stabilire cifre congrue per i risarcimenti. Nel
contenzioso che verrà bisognerà necessariamente stabilire se sono stati lesi
dei diritti, e quali, e individuare i beni andati distrutti. Meglio ancora: se
è andato perduto "qualcosa" o "qualcuno", e, nel caso,
stabilire "chi" è quel qualcuno. Che, piaccia o non piaccia, era vivo
e ora non lo è più.
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