La fecondazione in vitro aumenta del 37% i problemi genetici - Tramonta
l’utopia del “figlio perfetto” - Livia Carandente, 13 maggio, 2012, http://www.uccronline.it/
“Maschio o femmina?”. Era il
ritornello ricorrente posto agli aspiranti genitori in attesa del nascituro. E
si ipotizzavano le soluzioni. Si pensava alla forma della pancia, alle
sensazioni; ma il tutto restava una dolce sorpresa al momento della venuta alla
luce. Poi, il sesso del nascituro è divenuto certezza, col progredire della
scienza. Dunque gli interrogativi son cambiati: “a chi somiglia?”.Nonostante il
piccolo o la piccola non siano ancora venuti al mondo. Le nuove ecografie
infatti sembrano foto digitali. Pare che riescano ad evidenziare addirittura i
tratti del viso del feto. Ancora qualche anno ed i quesiti volgeranno alla
bellezza, alle dimensioni, al peso del bebè. Con relative pretese. “Lo voglio
bello, intelligente, con gli occhi verdi …”. Come scegliersi un abito, un
gioiello, una automobile. Il rischio di “selezionare” i tratti genetici a
proprio uso e consumo esiste. Ed è “giustificato” in nome della riduzione delle
disuguaglianze. Come se, diventando uguali , o perlomeno simili, potessimo
diventare “giusti”. Ma per chi?
Un recente articolo pubblicato
sulla rivista Science Translational Medicine, poneva seri interrogativi
sull’effettiva efficacia della mappatura del genoma umano per elaborare
previsioni sull’insorgere di malattie. La rivista scientifica “Fertility and
sterility” ha evidenziato invece come dall’analisi di gemelli monozigoti, il
sequenziamento del Dna non risulta essere una tecnica capace di predire la
futura salute di una persona. Stesse perplessità sussistono anche in merito al
destino dei nati da fecondazione artificiale. Al contrario, il concepimento in
laboratorio aumenta del 37% la probabilità di difetti alla nascita. Analoghe
considerazioni, cause dirette della fecondazione in vitro, sono state rilevate
da uno studio pubblicato sulla rivista dell’American Heart Associatio”
(problemi vascolari). E’ stato anche riscontrato, in uno studio pubblicato nel
2010 su “Pediatrics” (rivista ufficiale dell’accademia americana di pediatria)
un alto rischio di tendenza alla tumoralità per i bambini nati da fecondazione.
La Fivet (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) dunque, oltre a creare
un alto numero di embrioni umani scartati, congelati o distrutti, incrementa
anche il rischio di far nascere bambini con problemi genetici importanti.
Questo dato però non viene
particolarmente diffuso perché l’industria della fecondazione assistita fattura
attualmente 6 miliardi e mezzo di dollari l’anno; motivo per cui far andare
avanti il discorso nonostante i danni che arreca alle donne che si prestano a
questo tormento; di matrice psicologica e fisica, come riportato in un
documentario prodotto dal “Center for Bioethics and Culture”. L’insuccesso di
questa tecnica , la morte degli embrioni e l’abortività che comporta, non ne
consentano l’accettazione da parte della Chiesa. Ma è veramente così degradante
questa tecnica? La rivista scientifica «HEC Forum» ha risposto di “si”: «La
Fivet ha strette regole che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente
esauste. Il trattamento di Fiv può avere un tremendo impatto sulle donne: è un
iter assai impegnativo dal punto di vista fisico con effetti di vasta portata
sul benessere psicologico di una donna [...] oltre a causare rotture nel
rapporto con il partner e nelle relazioni sociali».
Secondo uno studio condotto in
Belgio, ancora, su 2995 nati tramite Fivet il 30% nasce prematuro e con gravi
problemi di peso, necessitando nel 25% dei casi di cure intensive. I ricoveri
ospedalieri neonatali sono 3 volte superiori. La sindrome di Beckwith-Wiedman,
che provoca malformazioni e tumori, nei bambini nati da Fivet è 6 volte
superiore. Ma non è finita: un’equipe svedese ha studiato oltre 13.000 bambini
nati da fecondazione in vitro. Le conclusioni sono state così sintetizzate: «I
bambini nati da FIV hanno conseguenze ostetriche peggiori rispetto alla
popolazione generale. I nati singoli, indipendentemente se nati dopo
trasferimento di un solo embrione o di due embrioni, hanno anch’essi
conseguenze ostetriche peggiori, con tassi maggiori di prematurità e di basso
peso alla nascita». Alla luce di questi considerevoli dati, delle conseguenze
sottolineate da autorevoli ricercatori, la domanda cambia ancora. Possiamo
tutto? E la risposta è evidente. Non ha bisogno di ricerche, o forse si. Quelle
della coscienza e dell’etica. Non sempre ciò che vien dopo è progresso,
spiegava Alessandro Manzoni.
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