martedì 15 maggio 2012


La fecondazione in vitro aumenta del 37% i problemi genetici - Tramonta l’utopia del “figlio perfetto” - Livia Carandente, 13 maggio, 2012, http://www.uccronline.it/

“Maschio o femmina?”. Era il ritornello ricorrente posto agli aspiranti genitori in attesa del nascituro. E si ipotizzavano le soluzioni. Si pensava alla forma della pancia, alle sensazioni; ma il tutto restava una dolce sorpresa al momento della venuta alla luce. Poi, il sesso del nascituro è divenuto certezza, col progredire della scienza. Dunque gli interrogativi son cambiati: “a chi somiglia?”.Nonostante il piccolo o la piccola non siano ancora venuti al mondo. Le nuove ecografie infatti sembrano foto digitali. Pare che riescano ad evidenziare addirittura i tratti del viso del feto. Ancora qualche anno ed i quesiti volgeranno alla bellezza, alle dimensioni, al peso del bebè. Con relative pretese. “Lo voglio bello, intelligente, con gli occhi verdi …”. Come scegliersi un abito, un gioiello, una automobile. Il rischio di “selezionare” i tratti genetici a proprio uso e consumo esiste. Ed è “giustificato” in nome della riduzione delle disuguaglianze. Come se, diventando uguali , o perlomeno simili, potessimo diventare “giusti”. Ma per chi?

Un recente articolo pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, poneva seri interrogativi sull’effettiva efficacia della mappatura del genoma umano per elaborare previsioni sull’insorgere di malattie. La rivista scientifica “Fertility and sterility” ha evidenziato invece come dall’analisi di gemelli monozigoti, il sequenziamento del Dna non risulta essere una tecnica capace di predire la futura salute di una persona. Stesse perplessità sussistono anche in merito al destino dei nati da fecondazione artificiale. Al contrario, il concepimento in laboratorio aumenta del 37% la probabilità di difetti alla nascita. Analoghe considerazioni, cause dirette della fecondazione in vitro, sono state rilevate da uno studio pubblicato sulla rivista dell’American Heart Associatio” (problemi vascolari). E’ stato anche riscontrato, in uno studio pubblicato nel 2010 su “Pediatrics” (rivista ufficiale dell’accademia americana di pediatria) un alto rischio di tendenza alla tumoralità per i bambini nati da fecondazione. La Fivet (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) dunque, oltre a creare un alto numero di embrioni umani scartati, congelati o distrutti, incrementa anche il rischio di far nascere bambini con problemi genetici importanti.

Questo dato però non viene particolarmente diffuso perché l’industria della fecondazione assistita fattura attualmente 6 miliardi e mezzo di dollari l’anno; motivo per cui far andare avanti il discorso nonostante i danni che arreca alle donne che si prestano a questo tormento; di matrice psicologica e fisica, come riportato in un documentario prodotto dal “Center for Bioethics and Culture”. L’insuccesso di questa tecnica , la morte degli embrioni e l’abortività che comporta, non ne consentano l’accettazione da parte della Chiesa. Ma è veramente così degradante questa tecnica? La rivista scientifica «HEC Forum» ha risposto di “si”: «La Fivet ha strette regole che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente esauste. Il trattamento di Fiv può avere un tremendo impatto sulle donne: è un iter assai impegnativo dal punto di vista fisico con effetti di vasta portata sul benessere psicologico di una donna [...] oltre a causare rotture nel rapporto con il partner e nelle relazioni sociali».

Secondo uno studio condotto in Belgio, ancora, su 2995 nati tramite Fivet il 30% nasce prematuro e con gravi problemi di peso, necessitando nel 25% dei casi di cure intensive. I ricoveri ospedalieri neonatali sono 3 volte superiori. La sindrome di Beckwith-Wiedman, che provoca malformazioni e tumori, nei bambini nati da Fivet è 6 volte superiore. Ma non è finita: un’equipe svedese ha studiato oltre 13.000 bambini nati da fecondazione in vitro. Le conclusioni sono state così sintetizzate: «I bambini nati da FIV hanno conseguenze ostetriche peggiori rispetto alla popolazione generale. I nati singoli, indipendentemente se nati dopo trasferimento di un solo embrione o di due embrioni, hanno anch’essi conseguenze ostetriche peggiori, con tassi maggiori di prematurità e di basso peso alla nascita». Alla luce di questi considerevoli dati, delle conseguenze sottolineate da autorevoli ricercatori, la domanda cambia ancora. Possiamo tutto? E la risposta è evidente. Non ha bisogno di ricerche, o forse si. Quelle della coscienza e dell’etica. Non sempre ciò che vien dopo è progresso, spiegava Alessandro Manzoni.

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