La scienza non spiegherà mai perché c’è qualcosa anziché niente, 30
aprile, 2012, http://www.uccronline.it
Il noto divulgatore scientifico
americano, John Horgan, firma del “New York Times” e di “Scientific American”,
ha scritto sulle colonne di quest’ultimo un interessante articolo intitolato:
“La scienza non spiegherà perché c’è qualcosa piuttosto che niente”,
riprendendo la famosa domanda di Martin Heidegger, presa a prestito da
Leibnitz, che tanto infastidisce gli scientisti.
Probabilmente è un articolo in
risposta alle recenti posizioni scientiste dell’astrofisico Stephen Hawking,
già ampiamente criticate anche su questo sito web (e da parecchi suoi
colleghi). Dopo Hawking, anche Lawrence Krauss ha affermato la stessa tesi
(anche questa è stata analizzata sul nostro portale) nel suo libro “A Universe
from Nothing”. Horgan risponde proprio a quest’ultimo, spiegando che nel suo
pensiero di un universo nato dal “nulla” «non c’è nulla di nuovo», era già
stato teorizzato da John Wheeler e Andrei Linde. Ma essi sapevano bene di
proporre qualcosa di stravagante, al contrario «Krauss ci chiede di prendere»
la sua teoria «sul serio, e lo stesso fa il biologo evoluzionista Richard
Dawkins». Evidentemente è una tesi che suscita calore nella tribù ateista,
tanto che il leader del fondamentalismo antireligioso ha firmato la postfazione
del libro di Krauss, spiegando che «anche l’ultima carta del teologo
raggrinzirà davanti ai vostri occhi mentre state leggendo queste pagine [...].
Se “L’origine delle specie” è stato il colpo micidiale della biologia al
soprannaturale, possiamo guardare “un universo dal nulla” come l’equivalente da
parte della cosmologia». Notiamo che lo zoologo in pensione cita il titolo
breve dell’opera di Darwin, dato che si è saputo non conoscere il titolo
completo.
Horgan si prende comunque gioco
di lui: «Whaaaa …?! Dawkins sta confrontando il più profondo trattato
scientifico della storia ad un libro di “pop-science” che ricicla un sacco di
idee stantie della fisica e della cosmologia? Questa assurda iperbole dice meno
dei meriti del libro di Krauss di quanto non faccia l’inteso odio che Dawkins
prova verso la religione». Il divulgatore cita anche la dura recensione al
libro di Krauss arrivata dal filosofo David Albert, specialista della teoria
quantistica, arrivata dalle colonne di “The New York Times”, il quale ha
liquidato così le tesi di Krauss: «Dove sono, tanto per cominciare, le leggi
della meccanica quantistica che si suppone provengono da?». Le moderne teorie
quantistiche dei campi, sottolinea Albert, «non hanno nulla da dire a proposito
di quei campi da dove provengono, o di perché il mondo dovrebbe essere
costituito da particolari tipi di campi, o del perché avrebbe dovuto essere
costituito da campi, o del perché avrebbe dovuto esserci un mondo, in primo
luogo. Caso chiuso. Fine della storia».
Horgan ha proseguito il suo
articolo paragonando le tesi di Hawking e Krauss a quelle di Jim Holt e del
romanziere John Updike, i quali sostenevano -seppur con sfumature diverse- che
Dio aveva creato il mondo per noia o che lo aveva fatto perché colpito da una
crisi di identità cosmica. «Questa idea», si conclude su “Scientific American”,
«è del tutto stravagante, certo, ma non più, a mio avviso, dell’assurda pretesa
di Krauss e altri scienziati che pensano di aver risolto l’enigma
dell’esistenza». E infine: «Quando gli scienziati insistono dicendo di aver
risolto, o presto risolveranno, tutti i misteri, tra cui quello più grande di
tutti, fanno un cattivo servizio alla scienza, e diventano speculari ai
fondamentalisti religiosi che tanto disprezzano. Comte sbagliò su “come” la
scienza è limitata, ma non sul fatto che è limitata».
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