La verità non è solo somma di frammenti - Lo sguardo profondo di Gian
Luigi Gigli, 4 maggio 2012, http://www.avvenire.it
In nessun altro ambito, più che
nelle scienze biomediche, si può meglio constatare quanto affermato dal Papa
ieri nell’incipit del suo discorso per i 50 anni della Facoltà di Medicina
dell’Università Cattolica: «Davvero il nostro è un tempo in cui le scienze
sperimentali hanno trasformato la visione del mondo e la stessa comprensione
dell’uomo». Da un lato, infatti, siamo in grado di penetrare sempre più
profondamente nella comprensione di come è fatto l’uomo, osservandone il
funzionamento in vivo con tecniche di immagine
spettacolari e viaggiando al suo interno grazie alle nanotecnologie.
Dall’altro, applicazioni tecnologiche in medicina (basti citare procreazione
artificiale, trapiantologia, ingegneria genetica, psicofarmacologia, tecniche
di terapia intensiva, medicina rigenerativa) sembrano convergere nel sollevare
interrogativi su chi realmente sia l’uomo, proprio colui del quale la nostra
società sembra smarrire essenza e significato.
Sull’altare della scienza,
ridotta a empirismo, sembra debbano essere sacrificate oggi la possibilità
stessa di riconoscere una verità sull’uomo e un’etica valide per tutti. Eppure
dovrebbe essere ormai evidente che una tale scienza, se anche moltiplicasse
all’infinito le sue applicazioni, non potrà mai rispondere agli interrogativi
più profondi: che senso hanno la nascita, la sofferenza, la morte? Perché
esiste il male? Perché l’uomo è capace di compierlo? Se liquidasse questi
interrogativi come a-scientifici o pre-scientifici, anche una medicina capace
di offrire le migliori soluzioni non riuscirebbe ad accrescere la nostra
felicità.
Malgrado ciò, la scienza di oggi,
e in particolare quella biomedica, sembra rigettare l’idea che nella natura
esista una verità che l’uomo (fatto a immagine e somiglianza del Logos
creatore) con la sua ragione può scoprire e riconoscere. Come ha affermato Papa
Benedetto, la fede del cristiano – e dell’uomo di scienza in particolare – non
è fuga nell’irrazionale; anzi, essa cerca al tempo stesso Dio e la conoscenza.
Lo scientismo di oggi invece, reso ubriaco dalla potenza tecnologica, sembra
aver smarrito il fine della ricerca e non si rende conto che il rifiuto di
riconoscere la razionalità insita nella natura può portare alla fine della
scienza, minando alle fondamenta la possibilità stessa del conoscere.
Mentre si affannano nel tentativo
di cogliere frammenti della verità, troppo spesso gli uomini di scienza
sembrano privarsi da soli di uno sguardo più profondo sul reale. Le conseguenze
di un approccio riduzionistico non riguardano tuttavia solo la scienza. Senza
l’apertura al trascendente, senza la possibilità di una lettura razionale della
natura, senza il quaerere Deum, infatti, cade anche la possibilità di un
diritto naturale, e con esso la garanzia di diritti inalienabili per ogni
persona. Se è negata una verità inscritta nel reale, definire cosa è bene e
cosa è male può essere identificato solo attraverso il consenso, non importa
come ottenuto. Non a caso nel nostro Paese s’è fatto ricorso proprio al
referendum come strumento di azione politica contro la vita.
Una medicina non dimentica né del
Buon Samaritano né di Ippocrate né della scienza potrà forse aiutare tutta la
comunità scientifica, a cominciare da quella biomedica, a recuperare la dignità
e il valore dell’uomo.
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