I beni più preziosi di Giacomo Samek Lodovici, 06-12-2011, http://www.labussolaquotidiana.it/
Per quale ragione i beni non
negoziabili – cioè la vita, la famiglia, la libertà di educazione e la libertà
religiosa – devono essere considerati gerarchicamente preminenti rispetto ad
altri beni come la giustizia sociale, l’eliminazione della povertà, la solidarietà,
l’accoglienza degli stranieri, la pace, ecc.?
Essi sono preminenti perché sono
più preziosi degli altri valori, che sono decisamente importanti, ma non come
quelli non negoziabili. Dunque questi ultimi non si possono mettere su un
piatto della bilancia collocando sull’altro piatto gli altri valori. Sarebbe
come pesare con una bilancia a due piatti l’oro e l’argento: sono entrambi
preziosi, ma l’oro lo è di più.
Ma perché i beni non negoziabili
sono più preziosi?
I motivi sono diversi e qui ne
consideriamo solo uno (per un approfondimento sul tema cfr. G. Samek Lodovici,
Vita, «il Timone», 108, dicembre 2011, pp. 36-38). Il fatto è che negando i
beni non negoziabili si negano anche gli altri beni. Questo è un punto
fondamentale e cruciale, ma raramente colto, anche dai cattolici. Infatti, come
ha detto davvero efficacemente Angelo Bagnasco (che è un ecclesiastico, ma che
citiamo perché si è espresso con argomenti pienamente laici) il 17 ottobre 2011
a Todi, con i beni non negoziabili «Sono in gioco […] le sorgenti» dell’uomo e
degli altri valori.
Lo stesso Bagnasco ha fatto
alcuni esempi (il primo ripreso da Benedetto XVI) circa l’inaridimento degli
altri valori prodotto dalla negazione della loro sorgente, che consiste appunto
nei valori non negoziabili: «“Se si perde la sensibilità personale e sociale
verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili
alla vita sociale si inaridiscono” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, §.
28)». Infatti, che senso ha parlare di accoglienza degli immigrati (per es.) se
non si accoglie la vita, cosa che avviene tralasciando di combattere l’aborto e
l’eutanasia, o (peggio ancora) praticandoli, i quali uccidono l’essere umano
nel grembo materno, o il malato o il disabile?
E, similmente, che senso ha
parlare di difesa dei deboli, poveri e indifesi se non si difendono o (peggio
ancora) si uccidono gli esseri umani più deboli, poveri e indifesi, cioè quelli
nel grembo materno (sul concepito come essere umano cfr. G. Samek Lodovici, Aborto:
una valutazione filosofica) o in stato di incoscienza? Infatti, come ha detto
Bagnasco, «chi è più debole e fragile, più povero, […] più indifeso di chi non
ha voce perché non l’ha ancora [cioè l’embrione] o, forse, non l’ha più [cioè
chi è in stato cosiddetto “vegetativo”]?».
Ancora, una società che promuove
la solidarietà, ma non tutela la vita e la famiglia, in realtà non è solidale
con l’uomo, bensì lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità. Infatti,
esplicitiamo noi, non solo abbandona il concepito e l’essere umano incosciente,
che hanno massimamente bisogno di essere protetti da coloro che li vogliono
uccidere, ma abbandona anche il bambino ed il ragazzino, che hanno bisogno di
un padre e di una madre uniti con il legame il più forte possibile: nonostante
i molti matrimoni che si sfasciano, ci sono dati inoppugnabili sulla maggiore
tenuta del matrimonio rispetto alle convivenze, cosicché i pacs (o i dico
progettati dall’allora ministro Rosy Bindi) non solo terminano molto più
facilmente dei matrimoni, ma inoltre indeboliscono il matrimonio stesso, perché
creano una forma di relazione più attraente (dato che comporta per i conviventi
quasi gli stessi diritti dei coniugi, senza quasi nessuno dei loro doveri), che
gli è alternativa e concorrenziale.
Similmente, chi promuove la lotta
contro la povertà e l’emarginazione entra in contraddizione con se stesso se
colpisce o non difende la famiglia edificata sul matrimonio tra uomo e donna.
Infatti, come anche in questo
caso certificano numerosissimi studi, quando si sfasciano le famiglie, la
povertà, l’emarginazione, la sofferenza psichica e la delinquenza aumentano
spaventosamente.
Limitiamoci a citare pochi dati
tra gli innumerevoli disponibili. Per es., la ricercatrice R. O’Neill (2002) ha
rilevato che se il 40 % dei bambini inglesi vive in famiglie a basso reddito
complessivo, la percentuale sale al 75 % tra quelli che vivono con un solo
genitore.
Tali bambini con un solo genitore
hanno il triplo di probabilità di ottenere cattivi risultati a scuola, il
doppio dei rischi di contrarre malattie psicosomatiche e di avere la
depressione o di comportarsi in modo antisociale, il triplo di probabilità di
avere problemi nelle relazioni amicali e il 22 % assume droghe contro il 10 %
dei figli degli sposati (cfr. anche Sweeting – West – Richards 1998; cfr. anche
Mauldon 1990). Inoltre (cfr. Pesenti 2004) negli Usa 3 suicidi su 4 in età
adolescenziale coinvolgono ragazzini che vivono con un solo genitore. In Gran
Bretagna il 70% dei giovani criminali proviene da famiglie monoparentali. La
causa principale della criminalità non è la povertà: «Al contrario, la
criminalità è aumentata in America durante il lungo periodo di crescita
economica: dal 1905 al 1933. Quando subentrò la Grande depressione calarono i redditi
ed anche la criminalità. Che ricrebbe di nuovo dal 1965 al 1974 quando i
redditi crebbero notevolmente» (Fagan 1995). E la criminalità è più alta tra i
neri «perché l’incidenza della dissoluzione della famiglie è più alta tra di
loro» (ibidem).
Ancora, che senso ha spendersi
per la pace e contro la guerra quando si è indifferenti all’aborto o (peggio
ancora) quando lo si pratica? Infatti, come ha detto coraggiosamente Madre
Teresa di Calcutta (una donna che è stata maestra – indefessa e quasi per tutti
insuperabile – di accoglienza, solidarietà e di pace) mentre riceveva il Premio
Nobel per la Pace nel 1979, l’aborto «è oggigiorno il più grande distruttore di
pace perché è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio
per mano della madre stessa. [...]
Perché se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c'è più
niente che impedisce a me di uccidere te, e a te di uccidere me».
Potremmo fare molti altri esempi,
ma questi bastano per affermare, citando di nuovo il ragionamento pienamente
laico di Bagnasco, che «Ogni altro valore necessario al bene della persona e
della società […] germoglia e prende linfa dai primi», dai valori non
negoziabili. Ed «Ecco perché nel ‘corpus’ del bene comune non vi è un groviglio
di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un ordine e una
gerarchia costitutiva».
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