LETTERA/ Caro Rodotà, che errori "banali" sulla fecondazione
assistita di Carlo Bellieni, martedì 6 dicembre 2011, http://www.ilsussidiario.net/
Caro Stefano Rodotà, su
Liberazione del 27 novembre, in un’intervista in cui discute se esista una
legge naturale, Lei scrive tra l’altro - per illustrare, credo, come i limiti
naturali siano relativi - che da quando esiste la procreazione assistita “è possibile
sapere se, quando e come procreare”. Mi permetto di non essere d’accordo con
queste tre istanze. Detta così, sembra tutto rose e fiori - cosa che d’altronde
Lei stesso riconosce dicendo “questo pone certamente un problema di limiti”;
invece, la strada della procreazione assistita ha numerose incognite. La prima
incognita riguarda proprio la certezza che con la Fiv si possa davvero decidere
“quando procreare”; già, perché dopo una certa età la fecondazione assistita
non funziona più, o comunque funziona poco, e l’ipotesi che con la Fiv si
riesca a procreare “quando si vuole”, ohimè salta. C’è anche il rovescio della
medaglia: se non si sta attenti a questa regola, si rischia di procrastinare la
procreazione illudendosi che comunque “tanto c’è la Fiv”, e invece si resta a
bocca asciutta. E con tanto rimpianto.
La seconda incognita sono i
rischi legati alla Fiv (con la Fiv si può davvero scegliere “come” procreare?):
per la donna i rischi da stimolazioni ormonali per produrre ovuli, e per il
bambino un maggior tasso di prematurità, gemellarità e purtroppo anche di
malformazioni sono dati che si possono ricavare da una semplice ricerca su un
qualunque motore di ricerca medico affidabile, dunque sono verificabili, noti a
tutti i medici. Certo, non significa che se fai la Fiv starai male o che starà
male il bambino; ma il rischio c’è ed è maggiore della popolazione generale.
Basta leggere il libro della caporedattrice dei servizi di medicina di France 2
(“Un bébé, mais pas à tout prix”), o le metaanalisi pubblicate dal Lancet (28
luglio 2007) e da Best Practice & Research (21 febbraio 2007). Dunque, si
“sceglie come procreare”, o sarebbe meglio dire che “in certi casi ci si
arrende all’evidenza e si ricorre alle tecniche mediche che non sono pari a
zero”?
La terza incognita è proprio
legata al tema della Sua intervista: esiste un comportamento “naturale”? Cioè è
davvero una scelta neutra il “se procreare”? Ebbene, per me, nel mio mondo
“naturistisco”, fare figli è naturale; scegliere di non farne è un’eccezione.
Perché esiste nelle scelte biologiche un comportamento naturale: si chiama
“ecologia”, e non è una cosa da bigotti, ma da scienziati. Proprio su questo
tema scrissi assieme a degli ecologisti un libro intitolato “Ecologia della
gravidanza” (Edizioni SEF), per spiegare che il corpo umano deve essere
riscoperto nella sua interezza, e che ha delle regole. E la prima regola è che
le ovaie e i testicoli stanno lì per procreare; come gli occhi non stanno lì
per riempire le orbite, ma per ammirare il sole all’orizzonte o il volto di
un’amica. Ma, infine, ci voleva la Fiv per decidere se procreare?
Gentile Rodotà, fa bene a
criticare chi si arrocca dietro a una legge naturale e non dà ragioni, o chi ha
la condanna facile e rifugge dai dati scientifici: sono entrambi errori
madornali. Ma mi creda, analizzando la produzione scientifica degli ultimi
anni, ci sono più studi e scoperte che rendono ragione di quello che la Chiesa
afferma, di quante portino la nostra conoscenza in senso opposto. Il problema è
di non arroccarsi, e accettare da entrambe le parti la sfida del reale; pronti
a riconoscere le novità, i rischi e la bellezza di ciò che si scopre; e anche
rispettare un limite: la vita umana (che sia un embrione o una ragazzina per la
genetica poco cambia), che è un dato della natura, una certezza da non
travalicare.
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