Obiezione di coscienza e giuristi "democratici" di, 5
dicembre 2011, http://veritaevita.blogspot.com/
"Oggi, a più di trent'anni
dall'approvazione della legge sull'interruzione di gravidanza, la possibilità
dell'obiezione di coscienza dei medici andrebbe semplicemente abolita".
Come vedete, il grande maestro di
diritto prof. Stefano Rodotà non ha dubbi e propone una soluzione
semplicissima: se vuoi fare il medico, devi praticare gli aborti.
A leggere l'articolo apparso su
"D" di Repubblica e ripreso da Micromega (cliccando sul titolo si
accede all'intervista) si comprende in che modo Rodotà giunge a questa
conclusione, per lui del tutto logica: cancellando il bambino ucciso.
Secondo lui i medici che
sollevavano obiezione non lo facevano per non uccidere bambini: "Quando la
legge è stata approvata, la clausola dell'obiezione di coscienza era
ragionevole e giustificata: i medici avevano iniziato la loro carriera quando
l'aborto era addirittura un reato ed era comprensibile che alcuni di loro
opponessero ragioni di coscienza".
Avete capito? I medici potevano
obbiettare solo perché, quando avevano iniziato a lavorare, l'aborto era un
reato ... i nuovi medici iniziano a lavorare quando l'aborto è un diritto e
quindi non possono opporre "ragioni di coscienza".
In questa frase è racchiusa la
concezione che ha Rodotà, sia dell'arte medica che del lavoro dei giuristi.
I medici: la loro coscienza
coincide (deve coincidere) con il dettato della legge: "il ginecologo sa
che l'interruzione di gravidanza è un diritto sancito dalla legge, che rientra
nei suoi obblighi professionali e non è più ragionevole prevedere una clausola
per sottrarvisi".
Rodotà sa che fare aborti è un
lavoro "sporco", tanto che, a suo parere, attualmente i medici non
obbiettori sono "medici di serie B che fanno solo aborti, con il rischio
di una dequalificazione professionale" (non sarà che la qualificazione
professionale si ottiene curando il paziente e non sopprimendo bambini?).
Strana, però, questa dequalificazione: quei medici garantiscono - a parere
dell'illustre professore - "il diritto alla salute della donna, che è un
diritto fondamentale della persona e non è mera assenza di malattia, ma
benessere fisico, psichico e sociale"; perché dovrebbero sentirsi
dequalificati?
I giuristi: la realtà è quella
scritta nella legge? Rodotà pensa che ripetere più volte la parola d'ordine
"interruzione di gravidanza" muti la sostanza dell'atto abortivo? Il
compito del giurista è solo commentare la legge vigente (ovviamente
"saggia")? Fare finta che davvero gli aborti siano terapeutici (e per
chi?).
In realtà il prof. Rodotà applica
fino in fondo lo spirito della legge 194 - una legge che afferma il diritto ad
uccidere bambini innocenti, le "non ancora persone", per usare le
parole della Corte Costituzionale: quando si è violato il diritto fondamentale
alla vita, davvero è possibile rispettare la libertà di coscienza dei medici? E
per quanto tempo ancora gli obbiettori di coscienza non saranno discriminati
per legge (a partire dai bandi per l'assunzione riservati ai non obbiettori,
che Rodotà propone)?
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