AIDS, 30 ANNI DOPO: UNA VITTORIA DELLA SOLA TECNOLOGIA? - Di Rassegna
Stampa - 10/12/2011 - Attualità - http://win.libertaepersona.org
Quest’anno si celebra il
trentennale dell’AIDS. Risale infatti al 1981 la prima descrizione di questa
patologia, caratterizzata da immunodeficienza acquisita, e associata a
gravissime infezioni e tumori, che e’ stata poi definita come Acquired Immuno
Deficiency Syndrome.
In questi trenta anni sono stati
fatti progressi incredibili; mai infatti, nella storia della Medicina, sono stati
ottenuti risultati così significativi in un periodo di tempo relativamente
breve. Una malattia invariabilmente mortale e’ stata trasformata, in molti
casi, in una patologia cronica, grazie ai farmaci antivirali resi disponibili
grazie ad una collaborazione, altamente efficiente, tra industrie farmaceutiche
e istituzioni pubbliche. Quindi, il problema AIDS e’ risolto? La risposta e’
sicuramente no, per tre ordini di ragioni. Una e’ legata alle caratteristiche
intrinseche del virus HIV, che non e’ eradicabile dalla persona infettata.
Quindi, una volta infettati, il
virus rimane per tutta la vita nell’organismo, e l’unico modo di impedire la
progressione della malattia e’ quello di assumere per lunghi anni,
probabilmente per tutta la vita, la terapia antivirale. Il vaccino e’ ancora
lontanissimo. La seconda ragione e’ che il sostanziale controllo dell’AIDS nei
Paesi sviluppati non ha adeguato riscontro nei Paesi in via di Sviluppo, dove
si trovano almeno 30 dei 33 milioni di persone che nel mondo si stimano essere
infettate da HIV. In questi Paesi, la copertura con farmaci antivirali non
supera un terzo delle persone che ne hanno bisogno, a fronte di una copertura
pressoché totale in Europa occidentale e negli Stati Uniti. Risorse economiche
carenti, logistica insufficiente, strategie di intervento spesso infelici e
incomplete, giocano un ruolo non irrilevante nella generazione e nel
mantenimento del “gap” tra Paesi sviluppati e in via di Sviluppo.
La terza ragione e’ la più
sottile, ma forse per questo la più importante: manca la percezione delle
ragioni fondanti della diffusione della malattia, basate spesso su elementi
comportamentali, quali l’uso di droghe iniettive e soprattutto la promiscuità
sessuale. Questi elementi ancor oggi mantengono stabile, anno dopo anno, il
numero di nuove infezioni (in Italia più di 3000 nel 2011), nonostante che i
farmaci abbiano fatto la differenza in termini di riduzione della mortalità. La
domanda fondante che pone questa malattia rimane sempre la stessa: e’ possibile
eliminare una malattia legata spesso ai comportamenti, senza cambiare i
comportamenti stessi?
Il ritorno della sifilide, della
gonorrea, e in genere l’aumento di tutte le patologie a trasmissione sessuale,
indicano con chiarezza che il problema non e’ l’AIDS, ma che l’AIDS e’
l’epifenomeno di un problema ben più ampio, legato primariamente ad una visione
positivista e libertaria. Positivista, perché ritiene certa la capacità
dell’uomo controllare l’HIV con strumenti tecnici, quali farmaci (per la
terapia) e preservativi (per la prevenzione). Libertaria, perché giustificando
la libertà dell’uomo di essere pieno artefice della propria vita, di fatto
autorizza qualsiasi comportamento, con la sola precauzione di limitarne le
conseguenze (appunto, la cultura del preservativo). Come medici, il nostro
intervento sull’AIDS guarda in primis all’uomo malato, ma chiede anche la
capacità di dare un giudizio sulle cause di queste malattie, sapendo che
attraverso tale giudizio passano le scelte di politica sanitaria in termini di
prevenzione dell’infezione.
Editoriale di Medicina e persona,
a cura di C.F. Perno Università’ di Roma Tor Vergata
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