giovedì 1 dicembre 2011


Quando l’integrazione porta alla morte, 30 novembre 2011, di Valentina Colombo, http://www.corrispondenzaromana.it

Hina Salem, Sanaa Dafani, Begum Shnez e ora Rachida Radi, tutte uccise perché volevano semplicemente essere se stesse. Colpevoli di volere un fidanzato italiano, colpevoli di volere vivere “all’occidentale”, colpevoli di togliersi il velo, colpevoli di lasciare il marito. L’ultima vittima in ordine di tempo è Rachida Razi, 35 anni, marocchina, che lo scorso 19 novembre, a Brescello in provincia di Reggio Emilia, è stata presa a martellate e uccisa dal marito, Mohamed al-Aryani.

Rachida aveva deciso di separarsi dal marito che già in passato aveva denunciato per maltrattamenti. Rachida aveva anche iniziato a frequentare la parrocchia, dove per arrotondare faceva qualche lavoretto, ma dove soprattutto incontrava persone, incontrava il mondo esterno. Rachida si era tolta il velo, voleva imparare l’italiano e a detta dei volontari che lavorano in parrocchia aveva anche iniziato un “percorso verso una nuova vita”, una nuova fede.

In poche parole è stata brutalmente uccisa l’ennesima donna che voleva integrarsi nel paese che l’aveva accolta. Non è il primo cittadino marocchino che si avvicina alla nostra fede. L’islam popolare marocchino, con una forte devozione dei santi, è forse il più vicino alla spiritualità cristiana. Purtroppo, l’avvicinamento al cristianesimo, per non parlare della conversione da parte di un musulmano ha sempre il risvolto tragico: la condanna a morte.

Se il Corano non è esplicito nella pena, le raccolte di detti di Maometto sono molto chiare. Nella raccolta di Bukhari (52, 260) che è considerata una raccolta di hadith puri e quindi è una delle fonti del diritto islamico. Sempre in Bukhari leggiamo: “L’Inviato di Dio non ha mai ucciso se non innanzi a una delle tre seguenti situazioni: 1. Una persona che ne aveva uccisa un’altra ingiustamente, fu uccisa; 2. Una persona sposata che ha commesso adulterio; 3. Un uomo che ha combattuto contro Dio e  il Suo Inviato e che ha rinnegato l’islam per diventare un apostata” (83,37); “Chiunque apostati l’islam, uccidetelo” (84, 57); “Un uomo che abbraccia l’islam e che dopo ritorna all’ebraismo deve essere ucciso secondo il giudizio di Dio e del Suo Inviato” (89, 271); “L’Inviato di Dio ha detto: ‘Negli ultimi giorni ci saranno dei giovani stupidi che parleranno bene, ma la cui fede non uscirà dal cuore e lasceranno la religione come una freccia che sbaglia mira. Allora ovunque li troviate, uccideteli, perché chiunque li uccide riceverà la giusta ricompensa nel Giorno del giudizio” (84, 64-65).

Non a caso già nel 2007 a Vigevano in provincia di Pavia un marocchino convertito che aveva esposto la bandiera del Vaticano per accogliere il Pontefice era stato preso a sassate da un gruppo di egiziani. Nel 2009 Mohamed Echamali, 29 anni, raccontava la sua angoscia quotidiana in carcere, in quanto convertito e chiedeva disperatamente aiuto: “Adesso mi trovo nel carcere di Aosta ma fra pochi giorni sarò trasferito perché non posso più stare qui: i detenuti connazionali mi hanno picchiato con rabbia soltanto perché vado in chiesa e non ho fatto il Ramadan come tutti loro”.

Sempre nel 2009 Said Bouidra, un giovane di 22 anni immigrato dal Marocco, che voleva convertirsi al cattolicesimo si è impiccato a Civitavecchia. Il giovane stava vivendo un dramma personale in quanto era  fortemente osteggiato dalla famiglia che  era contraria alla sua conversione e già erano ricorsi a minacce e a percosse fisiche. Ci sono poi casi di conversioni, inizialmente tormentate, ma aiutate da un marito e da una cerchia di amici italiani. E’ il caso di Rachida Kharraz che nel 2009 decide di battezzarsi pubblicamente, con l’orgoglio e la convinzione di chi è forte della propria fede e, come dice lei, con la forza della protezione della Madonna che sin da piccola sognava. Purtroppo a Rachida Radi un allontanamento dal marito e un avvicinamento alla parrocchia sono costati la vita.

E’ inaccettabile, insopportabile che questo accada in Italia, in Europa e che tutti noi ci risvegliamo solo innanzi a un atroce omicidio. Ogni volta si condanna, ma nulla cambia. Lo Stato dovrebbe prendere delle misure severe, nette al fine di evitare queste tragedie. Le donne immigrate sono le principali vittime. Bisognerebbe monitorare più attentamente le denunce sporte alla polizia e ai carabinieri, non trascurare nulla perché le donne immigrate non sono donne di seconda categoria. Bisognerebbe coinvolgerle sempre più nella vita quotidiana con corsi di lingua italiana, nel percorso scolastico dei figli obbligandole a recarsi ai colloqui con gli insegnanti, bisognerebbe sensibilizzare insegnanti, medici e istituzioni affinché denuncino casi sospetti laddove la donna non abbia il coraggio di ammettere una violenza.

Solo Rachida sa cosa serbava in cuore, ma l’ipotesi di un’eventuale conversione diventa plausibile nel momento in cui nessuno della sua famiglia abbia ancora reclamato la salma accresce il sospetto che la donna stesse davvero iniziando un percorso di fede nuovo.

Non è ammissibile il delitto d’onore, non è ammissibile la condanna a morte per apostasia, non è soprattutto ammissibile che tutto questo accada in Italia. Bisognerebbe prevedere una modifica del codice penale, ovvero introdurre l’aggravante per i reati commessi per ragioni o consuetudini etniche, religiose o culturali. Bisognerebbe fare in modo che nessuno possa essere privato della vita in nome della libertà né tantomeno in nome della religione.

Bisognerebbe avviare un progetto a livello nazionale che protegga queste donne, che le faccia sentire al sicuro, affinché abbiano il coraggio di uscire allo scoperto, di denunciare e di vivere. Bisognerebbe avviare dei programmi di formazione che insegnino agli uomini immigrati che l’onore non si difende con l’omicidio, che non c’è giustificazione alcuna, né religiosa né culturale, alla morte.

Bisognerebbe iniziare a punire severamente, senza alcuna attenuante culturale, non solo chiunque uccide, ma chiunque minacci, maltratti la propria moglie, la propria figlia, la propria sorella. Bisognerebbe prevedere una pena per chiunque minacci di morte un uomo o una donna perché ha intenzione di cambiare religione. E’ giunto il momento di dimostrare che l’Italia non vuole più lo spargimento di altro sangue innocente né le nuove catacombe per i convertiti dall’islam.

Nessun commento:

Posta un commento