Avvenire.it, 13 gennaio 2012 - Libertà religiosa e diritti umani - Un'altra
Autorità? No, grande politica
L’intenzione di Giulio Terzi di
Sant’Agata, neo-ministro degli Esteri del governo Monti, di muoversi nella scia
del precedente governo e dell’azione svolta da Franco Frattini ponendo al
centro delle priorità della politica estera italiana la difesa dei diritti
umani e delle minoranze perseguitate, a cominciare da quelle cristiane, merita
elogi senza riserve. E merita altresì un elogio la fine osservazione del
ministro, secondo la quale la difesa dei diritti non è solo un impegno etico,
ma un interesse geopolitico del nostro Paese. Qualcuno potrebbe storcere il
naso, leggendo in una simile affermazione una vena di machiavellismo e
protestare: ma così si corre il rischio di subordinare l’etica (che è un valore
assoluto) agli interessi contingenti (e quindi relativi) di una potenza di
medio livello qual è l’Italia di oggi! Chiaramente non è così.
Il ministro Terzi vuole solo
ricordarci che quando in un contesto politico e/o nazionale l’etica va in crisi
(nel nostro caso partiamo dell’etica dei diritti umani) va necessariamente in
crisi non solo il rispetto assoluto che si deve alle persone, ma lo stesso
equilibrio sociale. A causa della negazione dei diritti e delle violenze contro
le persone nascono guerre e conflitti civili, si bloccano produzioni e commerci
di beni, si creano flussi di emigrazione tra i più conturbanti, come quelli dei
rifugiati. Quando poi la violazione ha per oggetto un diritto come quello alla
libertà religiosa, che storicamente e teoreticamente ha un assoluto primato, le
conseguenze sono ancora peggiori.
Ogni tentativo di soffocare
questa libertà ha sempre una matrice fondamentalista, più o meno esplicita, e
produce lacerazioni pressoché insanabili nel contesto sociale di riferimento.
Soffre l’individuo minacciato di morte o indotto all’esilio a causa della sua
fede e assieme a lui soffre la società che vede perdere quella coesione sociale
tra i suoi membri, che non è impedita dal pluralismo delle fedi, ma che anzi a
volte proprio da esso trae forza e vitalità espressiva.
Meno condivisibile l’idea del
ministro Terzi di attivarsi per dar vita a una «Autorità nazionale indipendente
sui diritti umani». Se conosciamo un po’ le preoccupazioni dei nostri
connazionali, siamo certi che a più d’uno avrà evidentemente dato da pensare
l’onerosità di una simile Autorità, cosa che in effetti non può non avere
rilievo soprattutto nel momento di crisi finanziaria che stiamo attraversando.
Ma il nodo centrale è un altro: il carattere stesso di questa possibile
Autorità, che il ministro, correttamente,
ipotizza debba essere, come nel caso di tutte le altre Autorità,
esplicitamente «indipendente». Per essere «indipendente» un’Autorità deve
risultare libera non solo da vincoli partitici, ma più in generale da premesse
e da vincoli "politici". La difesa dei diritti umani, però, o è
"politica" o non è. Se infatti i diritti, di per sé, hanno una radice
etica (o meglio antropologica), la loro concreta individuazione storica e,
soprattutto, la loro tutela e la loro promozione implicano un impegno di ampio
respiro, quel tipo di impegno che nessuna Autorità, ma solo la politica, nel
senso più alto del termine, può accollarsi. Difendere la libertà di credere e
di pensare è dovere politico primario non solo del nostro Paese, ma dell’Europa
e più in generale di quell’Occidente, che nel sistema dei diritti dell’uomo
trova (e speriamo che continui sempre a trovarlo) il suo punto di massima
convergenza. E noi abbiamo l’ambizione di pensare che l’azione politica
dell’Italia sarà – in questo senso e in tutte le sedi, a livello bilaterale e
multilaterale – non solo solidamente fondata e lucidamente continua, ma sempre
più incisiva.
Affidare la tutela e la
promozione dei diritti ad un’«Autorità indipendente», al di là delle buone e
lodevoli intenzioni del ministro Terzi, può obiettivamente sminuirne la valenza
e ridurre una questione che va qualificata né più né meno che
"epocale" al rango di un problema amministrativo, importante, ma
inevitabilmente circoscritto. Non possiamo e non dobbiamo correre questo
rischio. Un’altra Autorità? No, grazie. Serve grande e buona politica. E
l’Italia sa bene come svilupparla.
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