Orissa, si convertono i carnefici indù, di Anto Akkara, 25-01-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
Tiangia, India – All’alba di
questo 2012 Hippolitus Nayak, funzionario del governo oggi in pensione,
cattolico, ha ricevuto gli auguri per
l’anno nuovo più belle di sempre. Il mattino del 1° gennaio, Lakhno Pradhan,
uno dei capi dei fondamentalisti indù che aveva guidato gli attacchi di massa
contro i cristiani e le loro chiese nei dintorni del villaggio di Tiangia, si è
presentato alla sua porta offrendogli un fiore. «Ha chiesto scusa per quel che
le bande indù avevano fatto contro i cristiani. Dio sta sciogliendo i cuori
induriti del Kandhamal» (distretto dello Stato federato indiano dell’Orissa),
ha commentato Nayak la cui casa è stata distrutta nel corso di uno dei peggiori
episodi di persecuzione anticristiana dell’intera storia dell’India.
Accadde infatti che, dopo
l’assassinio del leader nazionalista Swami Lakshmanananda Saraswati, avvenuto
il 23 agosto 2008, i fondamentalisti indù cominciarono a gridare al “complotto
cristiano”. E così, malgrado i ribelli maoisti avessero rivendicato l’omicidio,
masse di indù presero a scatenare indiscriminatamente la rabbia contro i
cristiani di quella regione spersa nella giungla. Nello scenario di violenza
selvaggia che si protrasse indisturbatamente per settimane, furono dunque
ammazzati più di 100 cristiani, e 300 chiese e quasi 6mila case abitate da
cristiani vennero saccheggiate e incendiate, finendo per mettere in mezzo alla
strada più di 54mila persone.
Nayak sottolinea che oggi
parecchi ex persecutori frequentano invece regolarmente la Messa domenicale in
quella medesima chiesa cattolica di Tiangia dove sono stati brutalmente
assassinati una mezza dozzina di credenti che si erano rifiutati di rinnegare
la fede. «Entrare in questa chiesa mi rasserena lo spirito. Nulla può farsi
cambiare decisione», ha aggiunto Jamboti Digal, una vedova, partecipando alla
liturgia del primo dell’anno celebrata in quella martoriata parrocchia.
Proprio così. In tutto il
Kandhamal stanno oggi abbracciando le fede cristiana centinaia di indù, e
addirittura alcuni di coloro che hanno cercato di costringere con la forza i
cattolici della regione all’abiura si scusano ora delle brutalità commesse.
Don Prasanna Kumar Singh, vicario
della parrocchia di Pobingia, ha riferito all’agenzia di stampa cattolica
tedesca KNA, Katholische Nachrichten-Agentur, che uno dei capi dei
fondamentalisti indù della regione si era del resto già per tempo “scusato” di
avere severamente danneggiato una chiesa che poi è stata restaurata e
riconsacrata solo nel 2011. «Ha persino preso parte alla liturgia Natale,
mettendosi a servizio per portare i doni all’offertorio».
Don Prabodh Kumar Pradhan,
vicario della parrocchia di Raikia, che, servendo 750 famiglie, è la maggiore
del Kandhamal, conferma il desiderio espresso da molti indù di convertirsi al
cristianesimo. Ma, dice il sacerdote, «dobbiamo fare attenzione giacché
potremmo avere guai con la legge».
In base allo Statuto sulla
libertà religiosa dell’Orissa, infatti, coloro che cambiano fede e i capi
religiosi che si convertono debbono prima ottenere il permesso dal funzionario
governativo di più alto rango della zona. Don Pradhan, ex retore del seminario
minore di san Paolo di Balliguda, commenta diretto: «Il Kandhamal sta di fatto
dimostrando che Tertulliano aveva ragione». L’apologeta latino e storico della
Chiesa Quinto Settimio Fiorente Tertulliano scrisse infatti che «il sangue dei
martiri è seme di nuovi cristiani».
La sublime testimonianza di fede
e di fedeltà offerta dai cristiani perseguitati del Kandhamal, dove le scene di
perdono dei persecutori si moltiplicano, ha infatti toccato, riferisce don
Pradhan, il cuore di numerosi indù.
Certo, malgrado questi segnali
positivi, il Kandhamal è ancora lontano dall’essere completamente pacificato.
Due pastori, Saulo Pradhan e Minoketon (Michael) Nayak, sono stati uccisi nel
2011 in circostanze ancora misteriose ma riconducibili comunque al
fondamentalismo indù.
E a Natale, di ritorno dalla
Messa della mezzanotte cui aveva partecipato assieme alla moglie e al fratello
minore, Dilip Mallick, un indù recentemente convertitosi al cattolicesimo, ha
trovato la propria casa, costruita secondo tradizione con il legno, nel
villaggio di Madinato, vicino a Balliguda, ridotta in cenere.
«Questo dimostra che diventare
cristiano oggi nel Kandhamal è pericoloso», commenta il padre monfortano K. J.
Markose, già padrino di un convertito dall’induismo. Ma Mallick non si è fatto
intimorire: «Resterò cristiano qualsiasi cosa succeda», ha riferito alla KNA.
«Posso solo dire che sono gente
di Dio», ha detto di questi convertiti mons. John Barwa, arcivescovo Cuttack
Bhubaneswar, durante la sua recente visita pastorale nella regione. «I piani
dell’Altissimo stanno oltre la nostra comprensione. Ciò che è avvenuto nel
Kandhamal è stato molto doloroso. Ma non è stata una maledizione. Anzi, adesso
si sta rivelando una benedizione».
Traduzione di Marco Respinti
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