IL CASO/ 2. C’è una pillola che può far perdere Obama di Assuntina
Morresi, mercoledì 25 gennaio 2012, http://www.ilsussidiario.net/
Obama potrebbe perdere voti
preziosi per le sue elezioni presidenziali “grazie” al rimborso obbligatorio di
contraccettivi previsto nella sua riforma sanitaria. La decisione
“sconsiderata” - secondo i vescovi d’America, che hanno già invitato i
cattolici a dissentire pubblicamente - dell’Amministrazione americana prevede,
sostanzialmente, che i lavoratori dipendenti di qualsiasi ente od
organizzazione abbiano un piano assicurativo che comprenda obbligatoriamente un
minimo di servizi, fra i quali, appunto, il rimborso di tutti i contraccettivi,
compresi quelli cosiddetti “di emergenza”, che potrebbero anche avere effetti
abortivi.
Il che significa che pure enti
come scuole, ospedali e associazioni cattoliche dovranno offrire ai loro
dipendenti pacchetti assicurativi nei quali la contraccezione viene considerata
come un servizio sanitario irrinunciabile, inclusa la cosiddetta
“contraccezione post-coitale”. Sono esenti quelle organizzazioni religiose che
hanno dipendenti solamente della loro stessa fede e come obiettivo
l’insegnamento di valori religiosi: una clausola che comunque non coprirebbe la
maggior parte delle opere cristiane statunitensi.
L’ambiguità della categoria della
“contraccezione di emergenza” è nota: somministrato nei giorni (da tre a
cinque) immediatamente successivi a un rapporto sessuale potenzialmente
fecondo, questo tipo di prodotti chimici potrebbe avere un effetto
contraccettivo - evitando la fecondazione - oppure antinidatorio, cioè impedire
all’embrione già formato di annidarsi in utero. Una forma precocissima di
aborto, insomma. Sono prodotti che agiscono, quindi, in una duplice incertezza:
quella della presenza di un embrione e quella del meccanismo di azione.
Un’incertezza comoda, dal punto
di vista delle compagnie produttrici, che registrando questi farmaci come
contraccettivi possono commercializzarli più agevolmente, rispetto a quelli
dichiaratamente abortivi. Un’incertezza devastante, dal punto di vista educativo
e sanitario. Educativo, perché il messaggio trasmesso in questo modo è che
“basta che funzioni”, come nel film di Woody Allen: non so con precisione quel
che è successo nel mio corpo, non so come agirà questo farmaco, non mi
interessa sapere niente di tutto questo. L’importante è evitare una possibile
gravidanza, comunque sia. Sanitario, perché - pur non considerando la
possibilità di soppressione di un eventuale embrione - la cosiddetta
“contraccezione di emergenza” dovrebbe essere usata, secondo quanto indicato
dalle stesse case produttrici, solo in casi eccezionali. Ma la libera vendita
nelle farmacie non ne consente la tracciabilità, e quindi il controllo
dell’uso, specie nelle minorenni. Il risultato, in molti paesi, è surreale: è
libera la somministrazione di vere e proprie “bombe ormonali” in giovani donne
nel periodo più delicato della loro crescita, e al tempo stesso c’è bisogno
dell’autorizzazione dei genitori per qualsiasi altro tipo di farmaci, come ad
esempio antibiotici o antiinfiammatori.
Per trovare una soluzione al
problema si dovrebbe cominciare da un uso corretto dei termini: nell’attesa di
un chiarimento sui possibili meccanismi di azione di questa categoria di
prodotti, si dovrebbe evitare di chiamare “contraccettivi” dei farmaci dei
quali non si è in grado di escludere l’azione antinidatoria. O, quanto meno,
bisognerebbe metterne bene in evidenza i limiti, spiegando onestamente e senza
ambiguità ciò che si conosce e ciò che è ancora ignoto: solo chiamando le cose
con il loro nome, senza imbrogli linguistici, è possibile ridurre la carica
ideologica che inevitabilmente queste tematiche portano con sé.
Un buon consigliere del
Presidente Obama potrebbe suggerire di disinnescare le polemiche a partire da
un chiarimento terminologico su questo tipo di prodotti, possibilmente
accompagnato da una riflessione più attenta su quali farmaci, effettivamente,
siano da considerarsi irrinunciabili per un servizio sanitario nazionale.
Potrebbe essere un’occasione, questa campagna presidenziale, di affrontare il
problema della “contraccezione di emergenza”, una volta tanto, senza
nascondersi dietro trucchetti lessicali che servono solo a coprire la verità e
inasprire gli animi.
L’aborto, anche quello sotto le
forme incerte e ambigue della “contraccezione di emergenza”, è un tema che
scotta, specie negli Stati Uniti, dove l’imponente mercato creato da potenti
catene di cliniche private dedite solamente ad “attività” di aborto e
contraccezione ha suscitato la reazione di un largo fronte pro-life che attraversa
e unisce tante chiese cristiane, cattoliche e protestanti evangeliche, unite in
battaglie per la vita tutt’altro che timide, e che potrebbero essere
determinanti nella prossima campagna presidenziale. Obama è avvertito.
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