J'ACCUSE/ Aborto "sicuro"? In 6 anni ha fatto 263 milioni di
morti... - INT. Carlo Bellieni, giovedì 26 gennaio 2012, http://www.ilsussidiario.net
L’Oms definisce l’aborto una
pratica sicura, e nello stesso tempo certifica che dal 2003 al 2008 nel mondo
sono avvenute 43 milioni e 800mila interruzioni di gravidanza l’anno. “Sarà in
parte sicura per la donna e per il partner, ma certo non per il figlio, dato
che abbiamo avuto 263 milioni di aborti in sei anni”. Carlo Bellieni,
neonatologo dell’Università di Siena, commenta così l’ultima ricerca pubblicata
sulla rivista Lancet dall’Oms e dal Guttmacher Institute, un ente Usa
pro-aborto. Dallo studio emerge che nei Paesi dove l’aborto è legale il numero
di interruzioni di gravidanza sarebbe più basso rispetto a quelli dove questa
pratica è penalmente perseguibile. Per Bellieni però “pretendere di calcolare
in modo esatto il numero di aborti nei Paesi dove sono illegali, è un po’ come
cercare di individuare quanti italiani evadono le tasse: qualsiasi ricerca di
questo tipo ha serie lacune scientifiche. Inoltre in Occidente le statistiche
sull’interruzione di gravidanza non tengono conto di quelle che le donne
praticano a casa loro tramite la pillola abortiva”.
Proprio ieri nel frattempo
Reuters Online ha anticipato un articolo realizzato da Gynuity Health Projects
e pubblicato da Obstetrics & Gynecology, da cui risulta che il rischio di
morte da aborto sarebbe inferiore rispetto a quello del rischio parto. Tra il
1998 e il 2005 sarebbe morta di parto una donna per ogni 11.000 bimbi nati
vivi, mentre è morta per complicazioni dovute ad aborto chirurgico una donna
ogni 167.000. Anche su questi dati abbiamo chiesto l'opinione del professor
Bellieni.
L’Oms ha definito l’aborto “una
pratica sicura”. E’ veramente così?
L’aborto sicuro non esiste. E non
solo perché porta rischi per la psiche della donna, ma anche perché conduce
alla morte del bambino. Quindi parlare di interruzione di gravidanza sicura è
un controsenso, se per “sicuro” si intende che non provoca dei danni.
Quantomeno, bisognerebbe prima chiedere a quell’essere vivente che cosa ne
pensa.
Per quali motivi l’aborto
presenta dei rischi per la psiche della donna?
A livello psichiatrico, sono
diversi gli studi che dimostrano l’esistenza di rischi importanti per la psiche
della donna che ha avuto un aborto volontario. E che sono decisamente superiori
rispetto a quando una donna perde un bambino per un aborto spontaneo.
Che cosa ne pensa della tesi
dell’Oms, secondo cui nei Paesi dove l’aborto è illegale le interruzioni di
gravidanza sono più numerose?
La ricerca va sempre rispettata,
ma questi dati sono inficiati dal fatto che nei Paesi occidentali non tutte le
interruzioni di gravidanza sono registrate, in quanto molte di esse sono
compiute attraverso interventi farmacologici a domicilio.
Quali in particolare?
Tra questi ci sono la pillola del
quinto giorno, la RU486, oltre a vari strumenti anticoncezionali che hanno un
effetto anche abortivo. Ciò riduce le interruzioni di gravidanza registrate in
ospedale, ma non il numero di aborti complessivi. Un’altra perplessità legata
alla ricerca è che non si capisce come faccia a essere così precisa nel
calcolare la percentuale di aborti nei Paesi dove questa pratica è illegale. E’
difficile infatti che una persona racconti spontaneamente di avere compiuto un
reato, perché rischia di finire in carcere. E’ un po’ come pretendere di
compiere un sondaggio per scoprire quante persone evadono le tasse: è molto
difficile che gli intervistati raccontino la verità. Per fare un esempio ancora
più calzante, la ricerca di Oms e Guttmacher Institute assomiglia a quelle che
affermano che il 10% dei neonati nasce da un uomo diverso dal marito della
moglie. Questi dati evidentemente sono criticabili dal punto di vista
scientifico.
Secondo la ricerca dal 1995 al
2003 gli aborti sono diminuiti, per poi stabilizzarsi. Quali sono i motivi di
questa tendenza?
Questa tendenza si spiega appunto
con l’introduzione della pillola abortiva, che provoca delle interruzioni di
gravidanza che non sono registrate ufficialmente. Tra il 1995 e il 2003 c’è
stato un ingresso massiccio di queste pillole sul mercato, che hanno fatto
diminuire gli aborti chirurgici. Quindi negli anni successivi la situazione si
è stabilizzata.
Per quale motivo l’Oms ha scelto
di collaborare con istituzioni pro-aborto come il Guttmacher Institute?
Il ricercatore che fa bene il suo
lavoro, deve per definizione essere neutrale e non avere conflitti d’interesse.
Per me quindi uno studio serio può essere realizzato da una persona di
qualsiasi religione, basta che sia onesta con i dati che trova. E’ questo che
va verificato, non la posizione “politica” del Guttmacher Institute.
Esistono altre motivazioni per
cui gli aborti potrebbero essere più elevati nei Paesi emergenti rispetto
all’Occidentali?
Nei Paesi occidentali esistono
dei livelli di sterilità elevatissimi. E quindi le donne abortiscono di meno,
per la semplice ragione che non riescono più a concepire i figli. Su questo
incide lo spostamento dell’età feconda dai 20 ai 30 anni, infezioni crescenti
nella popolazione, ma soprattutto l’effetto prodotto da pesticidi, solventi ed
emissioni inquinanti. Tutti problemi che in Africa non esistono, tanto è vero
che il tasso di fecondità e di riuscita del concepimento per una donna è molto
più elevato. Quello della sterilità in Occidente è un vero dramma, al punto che
migliaia di coppie ricorrono alla fecondazione in vitro.
Davvero i livelli d’inquinamento
in Europa sono così elevati da creare seri problemi al concepimento?
Assolutamente sì. Due anni fa ho
pubblicato il libro “Una gravidanza ecologica”, scritto insieme a Nadia
Marchettini, una professoressa di chimica dell’ambiente, in cui si
approfondisce questo problema. L’arsenico presente nel legname, il mercurio che
si trova nei pesci, il cloro nelle piscine, gli idrocarburi nell’aria, le
tinture per i capelli, i campi elettromagnetici ma anche i lavori usuranti
svolti dalle donne sono tutti dei gravi fattori di sterilità.
Che cosa ne pensa invece della
ricerca di Gynuity Health secondo cui l’abortire sarebbe più sicuro che
partorire?
Sono dati che in primo luogo non
fanno onore agli Stati Uniti, perché la mortalità da parto in Italia è molto
più bassa. Negli Usa è di una donna su 11mila mentre in Italia, secondo quanto
afferma il sito del ministero della Sanità, è pari a una donna su quasi 40mila,
con punte nel Nord Italia di una ogni quasi 50mila. Bisogna quindi lavorare non
tanto per garantire l’accesso all’aborto, ma per rendere il parto più sicuro.
Mentre negli Stati Uniti evidentemente le strutture sanitarie sono ancora molto
lontane dai livelli della sanità italiana. Occorre infine sempre ricordare non
solo che l’aborto non mette a rischio solo la vita della madre ma anche quella
del feto, ma anche che le donne dal parto escono felici e contente, mentre dopo
un aborto è difficile se non impossibile che nutrano questi sentimenti.
(Pietro Vernizzi)
© Riproduzione riservata.
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