Contro l'Eutanasia, vittoria di Pirro, di Tommaso Scandroglio, 30-01-2012,
http://www.labussolaquotidiana.it
Il 25 gennaio scorso l’Assemblea
parlamentare del Consiglio d’Europa ha pubblicato la Risoluzione n. 1859 in cui
sprona i 47 Stati membri, tra cui l’Italia, ad introdurre nelle loro
legislazioni una disciplina normativa che riguardi lo strumento del cosiddetto
testamento biologico, o direttive anticipate di trattamento (DAT) o living
will.
I pericoli, gli errori e gli
inciampi giuridici contenuti in questo testo sono molteplici. Vediamone
qualcuno in sintesi.
In prima battuta dobbiamo
osservare che l’Assemblea fa discendere “il principio di autonomia personale e
il principio del consenso” informato dall’art. 8 della Convenzione Europea dei
diritti dell’Uomo. Derivazione indebita dato che questo articolo riguarda il
rispetto della vita privata e familiare, cioè la privacy personale. Detto in
parole povere questo articolo impone che lo Stato o chicchessia non entri
nell’intimità della vita personale. Non riguarda assolutamente la possibilità
di rifiutare cure mediche.
Un secondo errore sta nel fatto
che la Risoluzione applica la disciplina del consenso informato allo strumento
del testamento biologico. Ma questa operazione di fatto è impossibile da
realizzarsi. Infatti il consenso perché sia valido deve essere formale e
attuale. Formale: io firmo o mi rifiuto di firmare un modulo in cui mi si
chiede di essere sottoposto ad alcune cure particolari. Attuale nel senso che
il mio consenso è efficace solo se espresso dopo che ho ricevuto le dovute
informazioni dal medico. Come potrei acconsentire a sottopormi ad un trattamento
che non mi è stato ancora spiegato nel dettaglio?
Ora il testamento biologico è
sicuramente un documento formale, cioè scritto nero su bianco e – si spera –
rispettando alcune caratteristiche di redazione. Ma non è strumento che
soddisfa il criterio di attualità. Infatti nel testamento biologico io posso
rifiutare cure di cui non ho avuto illustrazione alcuna da parte dei medici,
perché forse vi sarò sottoposto solo tra molti anni. Il consenso/rifiuto
inserito nel testamento biologico è quindi un consenso/rifiuto non informato,
ma disinformato.
Altro inciampo: l’Assemblea
afferma che le volontà espresse nel testamento biologico sono vincolanti per il
medico perché così è stato stabilito dall’art. 9 della Convenzione di Oviedo.
Purtroppo l’art. 9 dice l’esatto opposto. Infatti se si va a leggere il
Rapporto Esplicativo di questo stesso articolo si scopre che gli estensori
hanno inteso dire che le dichiarazioni anticipate hanno valore non vincolante
bensì orientativo, valore consultivo non obbligatorio.
La Risoluzione poi ad un certo
punto richiama una Raccomandazione del 2009 (CM/Rec [2009]11), la quale afferma
che l’estensore del testamento biologico può nominare un suo fiduciario per
l’applicazione corretta delle sue volontà. Purtroppo, come abbiamo già scritto
sulla Bussola in passato, il fiduciario, al pari di noi tutti poveri esseri
umani, non è immune da errori e quindi non si esclude che possa in buona fede
sbagliarsi nell’interpretare il testo del testamento biologico, così come
alcuni studi hanno messo in evidenza. Ma potrebbe cadere in errore anche
dolosamente se l’estensore delle DAT per ipotesi lo aveva nominato in aggiunta
– cosa non rara – successore del suo patrimonio o parte di esso. La tentazione
di dare una spintarella al caro nonno moribondo verso la dolce morte in alcune
circostanze potrebbe essere molto seducente.
La Risoluzione, come se non
bastasse, complica la situazione ancora di più laddove permette all’estensore
di nominare più fiduciari: difficile ipotizzare che vadano tutti d’accordo. In
merito a questa eventualità il testo prevede l’elezione sempre da parte
dell’estensore delle DAT di uno specie di arbitro. Ma anche costui non è esente
da errore. E poi viene da chiedersi dove è finito il principio di
autodeterminazione con tutta questa gente che decide al posto del paziente.
Inoltre il fiduciario deve
seguire non solo le volontà espresse nelle DAT, scritte nero su bianco, ma
anche i desideri, gli stati d’animo e gli orientamenti generali di vita devono
essere rispettati. Il problema è che desideri, orientamenti di vita etc. sono
criteri troppo generali e quindi troppo ambigui per fornire indicazioni precise
su quali scelte compiere. Ricordiamo che Eluana morì di fame e di sete perché
un giudice sentenziò che gli stili di vita di questa donna prima dell’incidente
strizzavano l’occhio all’eutanasia.
Di fronte a tutte queste
incertezze i deputati Luca Volontè (Udc) e Renato Farina (Pdl) hanno presentato
un emendamento in cui si indica che in caso di dubbio sul da farsi occorre sempre
applicare il principio del favor vitae. Però non è escluso che il fiduciario
sia sicurissimo di applicare le volontà dell’estensore delle DAT nonostante
questi abbia in realtà disposto altro e allora il dubbio nemmeno si pone.
Oppure chi ci assicura che fiduciario, familiari e medico non decidano di far
dire alla DAT quello che non vogliono dire? Chi controlla? Chi adirà un
giudice? E anche nel caso in cui qualcuno percorrerà le vie legali riuscirà a
farlo in tempo utile prima che si stacchi la spina?
Altro emendamento proposto da
Volontè e Farina: "L'eutanasia, intesa come l'uccisione volontaria o per
omissione di un essere umano dipendente per il suo supposto beneficio dovrebbe
essere sempre proibita". E' sicuramente apprezzabile lo sforzo di questi
due parlamentari nell’evitare derive eutanasiche, ma cantare vittoria contro
l'eutanasia per il passaggio di questi emendamenti, è quanto meno temerario.
Rimangono infatti alcuni problemi sul tavolo. Se per esempio io nel testamento
biologico chiedo, allorchè sarò incapace di intendere e volere, di non essere
sottoposto o di interrompere cure
salvavite, i medici dovranno obbedire a questa mia richiesta, causando così la
mia morte. Questa situazione configura né più né meno un caso di eutanasia
omissiva: io medico non ti do quelle cure che ti permetteranno di vivere,
perché tu le hai rifiutate nel tuo testamento biologico. L’effetto di questa
decisione è la morte del paziente con la collaborazione omissiva dei medici.
Insomma la legge può anche vietare l’eutanasia sulla carta, ma poi non può
legittimare pratiche – l’obbligo di rendere effettiva qualsiasi disposizione
delle DAT – che rendono nella prassi vano quel divieto.
Altra pezza cucita dall’Assemblea
parlamentare: non devono essere accolte quelle indicazioni contrarie alla
legge, alla buona pratica medica, o difformi alla situazione prospettata in
precedenza nel testamento biologico.
In merito alla legge: io chiedo
di morire ma c’è una legge che vieta l’eutanasia. Purtroppo si potrà dare il
caso che comunque prevarrà la volontà del paziente seppur il suo rifiuto di
cure salvavita lo porterà alla morte. Questo perché su una disposizione
generale – divieto d’eutanasia – prevale la normativa specifica (quella sul
testamento biologico). Anche nel nostro ordinamento è previsto che il medico
debba curare sempre e comunque, eccetto però il caso di rifiuto attuale. Anche
un rifiuto che consapevolmente porterà alla morte il paziente.
Per quanto riguarda la pratica
medica: in Italia i medici non recitano più nemmeno il giuramento di Ippocrate
che vietava l’eutanasia quindi i confini della buona pratica medica ormai sono
sempre più indefiniti. Nel nostro Paese è già accaduto che assecondare gli
istinti di morte del paziente sia stato qualificato come dovere deontologico del
medico.
Infine in merito al verificarsi
di nuove situazioni non previste dal testamento biologico, occorre tenere
presenti due elementi. Il primo: il testamento biologico non può che avere
carattere generico nelle sue disposizioni. Tenta infatti di scrutare il futuro
che di per se stesso è ignoto. In genere cosa c’è scritto in questi documenti?
Nel caso in cui non fossi più capace di intendere e volere in modo
permanente…., nel caso in cui versassi in uno stato vegetativo…. rifiuto
qualsiasi presidio vitale. Chiaro è che la situazione di incapacità descritta
nel testamento biologico una volta che venisse dichiarata irreversibile (a
torto dato che in medicina l’unico stato irreversibile è la morte) come
potrebbe mai cambiare? Insomma dopo un mese o poco più di coma si staccherebbe
la spina, eliminando così l’ipotesi descritta dalla Risoluzione di un
cambiamento del quadro generale.
Seconda obiezione: se invece si
decidesse di scrivere le DAT mentre si è già affetti da una patologia grave e
degenerativa – in genere è in queste situazioni che si prendono carta e penna
–, se non addirittura quando si versa in uno stato terminale della malattia, ci
viene da chiedere come questa patologia potrebbe volgere al meglio mutando così
la situazione prospettata nelle DAT?
Concludendo potremmo dire che il
problema di fondo di questa Risoluzione sta nell'assegnare valore giuridico e
quindi vincolante allo strumento del testamento biologico che è uno strumento
fragile. Ed è uno strumento fragile perché ha la pretesa di attualizzare una
volontà che non può essere attualizzata. Pretende di decidere ora per allora,
quando quell’ “allora” non si è ancora compiuto. Non si può attualizzare la
volontà nel futuro perché è impossibile prevedere di che male soffrirò e di
quali cure avrò bisogno.
E poi una cosa è decidere della
mia salute quando sono sano, un altro quando sono ammalato. Se prima da sano
alcune terapie mi potevano sembrare un trattamento disumano e inutile, dopo da
paziente quelle stesse cure mi potrebbero apparire come una scialuppa di
salvataggio. Il testamento biologico elimina questa possibilità di aggrapparsi
con speranza alla vita, perché blocca la mia libertà nel passato, la congela in
un “ieri” in cui tutta la mia psicologia è completamente diversa da quella dell’oggi
in cui mi trovo in un letto di ospedale. Il testamento biologico e le DAT sono
la contraddizione dell’autodeterminazione la quale esige che la mia libertà si
attualizzi istante per istante.
Infatti quello che ieri era
detastabile – respiratori, cannule, sacche per l’alimentazione, esami clinici,
interventi operatori – oggi potrebbe apparirmi come strumento prezioso per
rimanere in vita. Lasciamo decidere dunque al paziente cosa fare, non alle DAT
o al testamento biologico.
Nessun commento:
Posta un commento