La voce libera della Chiesa di Lucetta Scaraffia, 22-01-24
L’Osservatore Romano, http://www.news.va/it
Il tema è scontato — la Chiesa
che invade gli spazi di libertà pubblici — e scontato è anche il punto di vista
del pamphlet di Sergio Romano e Beda Romano La Chiesa contro. Sarebbe stato più
corretto, quindi, intitolarlo Contro la Chiesa. Essendo un pamphlet, il libro
presenta le caratteristiche del genere: superficialità delle fonti (sia
storiche sia bioetiche) e imprecisione delle notizie, come nel caso di quelle
relative al Comitato nazionale di bioetica italiano, per le quali un semplice
controllo avrebbe evitato molte inesattezze.
Il volume rivela subito una
radicata esterofilia: così Beda Romano ha affrontato ore di colloquio con la
segretaria del comitato bioetico francese, che è una fonte molto di parte —
forse intervistare lo scienziato che l’ha presieduto per anni, Didier Sicard,
l’avrebbe aiutato a fare un discorso più critico — ma mai ha incontrato un
membro del corrispondente organismo italiano. Da parte sua, Sergio Romano
scrive che la separazione tra Stato e Chiesa è riuscita in tutti i Paesi
europei ma non in Italia, fondandosi su un’interpretazione molto parziale sia
del Risorgimento che del Concordato.
Il libro presenta anche aspetti
nuovi: la comparazione storica dei rapporti tra Stato e Chiesa nei diversi
Paesi europei, e soprattutto nella seconda parte — più nuova e interessante —
l’affrontare i nodi bioetici senza esaminare le questioni morali e filosofiche a
essi sottese, analizzando la realtà dei comportamenti di fronte alle questioni
tecno-scientifiche in discussione. Per ogni Paese Beda Romano sceglie di
approfondire il tema in cui esso si è dimostrato più avanzato ai suoi occhi: i
trapianti di organi in Spagna, i Pacs per le convivenze omosessuali in Francia,
l’inseminazione artificiale in Danimarca, la clonazione nel Regno Unito,
l’eutanasia in Svizzera. Forse, agli occhi degli autori, il Paese ideale
sarebbe quello dove tutte queste “vette di progressismo” fossero riunite
insieme. Invece l’Italia è il contrario, perché non trova posto in nessuna
classifica di “buoni”, di “moderni”, di “scientifici”.
La colpa naturalmente — con
scarsa originalità — viene imputata alla Chiesa, nota per oscurantismo sin dai
tempi di Galileo nella sua realtà istituzionale e nei malefici effetti sulla
borghesia italiana. Con una ripresa del discorso sulla mancata modernizzazione
italiana a causa della Controriforma: un altro luogo comune che la ricerca
storica, negli ultimi decenni, ha ampiamente confutato.
È proprio così difficile pensare
che le applicazioni delle tecnoscienze o l’accettazione giuridica delle unioni
omosessuali non costituiscono solo un test di modernità ma aprono problemi
antropologici perché trasformano la nostra cultura, ed è quindi un bene che
siano oggetto di riflessione e discussione, e magari di una prudente
sospensione di giudizio? Lo pensano molti filosofi laici e scienziati,
cattolici e non. Non lo pensano invece le industrie farmaceutiche, i
ricercatori che vogliono una rapida celebrità e fondi per le loro attività.
Certamente la Chiesa cattolica è
l’unica istituzione mondiale che osa esprimere un giudizio critico su una
tendenza “progressista” volutamente superficiale, l’unica che osa denunciare le
possibili conseguenze negative di queste innovazioni. Che osa, in sostanza,
stimolare una discussione, far riflettere e chiedere risposte vere. Ed è
curioso che proprio per questo suo essere libera e pensante — su alcuni temi
l’unica voce critica che può farsi sentire in tutto il mondo — sia tacciata di
oscurantismo e di incapacità nell’affrontare la modernità.
I singoli intellettuali che
affrontano con sguardo critico le questioni — per esempio, oltre a Jonas e
Habermas, Testart e Agacinsky — rimangono infatti fatalmente confinati in un
ambito ristretto di interlocutori, spesso solo intellettuali che parlano la
loro lingua. La Chiesa invece parla in modo più facile, e si fa ascoltare
ovunque. Disturbando, e non poco, il quadretto di una felice modernità che
avanza senza macchia tanto caro a molti.
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