Quelle bimbe negate sono un orrore moderno di Redazione - 31 gennaio
2012, di Massimo Introvigne, http://www.ilgiornale.it/
Il caso della donna uccisa in
Afghanistan dal marito e dalla suocera per avere partorito per la terza volta
una bambina invece dell'agognato figlio maschio è agghiacciante, ma non è
isolato. I sociologi hanno coniato la parola «ginocidio» per indicare lo sterminio
delle bambine da parte di famiglie che preferiscono i figli maschi. Si tratta
di un dramma che è insieme antico e moderno. Certamente, in alcune società -
dall'Oriente alle tribù amazzoniche - l'idea secondo cui una bambina «valga
meno» di un maschio e che, specie in periodi di carestia o di crisi economica,
possa essere eliminata ha radici molto antiche. A fronte di costi maggiori di
quelli del maschio - specie dove, come avviene in India, ci si aspetta che al
momento del matrimonio la moglie sia corredata da un'onerosa dote - si pensa
che la bambina porti con s´ minori benefici. La stessa piaga indiana - vietata
ma non scomparsa - dell'immolazione delle vedove sulla pira funebre del marito
nasconde, dietro motivazioni culturali e religiose, l'idea che una vedova costi
molto e produca poco. E tuttavia il «ginocidio» è anche un fenomeno molto
moderno. Da quando l'aborto è diventato relativamente sicuro e legale, e la
diagnosi prenatale permette di conoscere con anticipo il sesso del nascituro,
il metodo più diffuso per eliminare le bambine è abortirle. In Cina le bambine
sono le grandi vittime delle leggi sul figlio unico. Per ogni centoventi o
centotrenta maschi che nascono in Cina solo cento sono bambine, il che
significa che milioni di ragazzi cinesi non troveranno mai una moglie cinese.
La Cina risponde importando mogli dalla Siberia e perfino dalla poverissima
Corea del Nord, ma le conseguenze sociali sono drammatiche. Lo stesso avviene
in India: anche qui milioni di potenziali mogli mancano all'appello. Fin dal
1994 il governo ha adottato una legge intesa a scoraggiare l'uso della diagnosi
prenatale per identificare le bambine che poi - a differenza dei maschietti -
sono abortite, ma soltanto un centinaio di medici sono stati inquisiti. Nel
2009 è stata istituita una «Giornata della Bambina» per fare fronte a un
fenomeno sempre più allarmante.
Sarebbe un errore ritenere che
l'aborto sia un'alternativa all'infanticidio delle bambine. È il contrario. Le
statistiche mostrano che l'uccisione delle bambine è a sua volta in aumento. In
India una bambina su tredici non arriva a compiere sei anni, e non si tratta
principalmente di malattie. Migliaia di bambine sono soffocate o annegate, e la
loro morte è poi denunciata come un «incidente» sia in India sia in Cina.
Alcune sono semplicemente abbandonate per strada. Altre non sono mai denunciate
all'anagrafe, ma questo crea per loro una tragica situazione di «persone che
non esistono», in balia di ogni possibile sfruttamento. Anche nelle
modernissime grandi città cinesi le organizzazioni per i diritti umani
fotografano spesso corpicini di bambine buttati nei rifiuti. E in India si va
sempre più diffondendo la paradossale pratica di operare bambine piccole con la
genitoplastica, la modificazione chirurgica degli apparati genitali da
femminili a maschili: una modifica, evidentemente, solo esteriore e che creerà
ogni sorta di problema alle bambine coinvolte. Nella sola città di Indore
un'indagine governativa ha portato alla luce trecento operazioni di questo
genere in un anno, e la protesta dei vescovi cattolici è arrivata fino alle
pagine dell'Osservatore Romano.
Uccidere anche la madre
«colpevole» di partorire solo figlie femmine è per fortuna - anche se non
inedito - decisamente più raro. Ma quando condanniamo - giustamente - queste
«pratiche da Medioevo», non dovremmo dimenticare che nel Medioevo cristiano
l'aborto e l'infanticidio erano rari. E che spesso è proprio l'idea moderna che
si può «scegliere» il sesso del nascituro a incentivare il «ginocidio».
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