martedì 17 gennaio 2012


Quando il gioco diventa malattia di Antonio Giuliano, 17-01-2012, http://www.labussolaquotidiana.it

Non chiamatela più febbre. Quella del gioco è una patologia che adesso fa davvero paura. Secondo l’ultimo dossier “Azzardopoli” dell’associazione Libera, sono circa 800 mila nel nostro paese i giocatori patologici: sono quelli che si accaniscono in media tre volte a settimana, spendendo fino a 600 euro al mese. Con 2 milioni di giocatori considerati a rischio. «Purtroppo sono cifre realistiche. Oltre alla grandissima offerta di giochi, peraltro in continua espansione e alle cifre di introito, basterebbe frequentare per una settimana una sala gioco per rendersi conto della gravità del problema». È il commento amaro di Cesare Guerreschi, psicoterapeuta, fondatore della Siipac, la Società italiana d’intervento sulle patologie compulsive, già autore di diverse pubblicazioni sul tema, come Giocati dal gioco (San Paolo 2000, pp. 160 euro 9,30)
Siamo in verità da sempre un popolo di giocatori. Già al tempo dei Romani si scommetteva sui gladiatori e si giocava a dadi. E deteniamo una serie di primati in merito: il più antico mazzo di carte d’Europa (1410), una prima forma di lotto nel XV secolo, il Ridotto di Venezia primo casinò italiano addirittura nel 1638. E oggi i giocatori on line in Italia sono oltre 3 milioni e mezzo (secondo le stime di NetBetCasino.it). Senza contare che nel nostro Paese ci sono orma 400 mila slot machine, una ogni 150 abitanti, più del 15% in più rispetto agli altri Paesi.

Ma quando il gioco diventa un azzardo?
Per definizione il gioco d’azzardo esiste quando è prevista una vincita in denaro e quando la componente dell’”alea” (il caso) prevarica sull’”agon” (abilità). I vari gratta & vinci, slot, video lottery terminal (vlt), scommesse, superenalotto… Sono tutti giochi d’azzardo.

Ci sono giochi più pericolosi di altri?
Non si può fare una distinzione netta. Le slot machine permettono al giocatore di “fuggire” dalla realtà, di crearsi un mondo parallelo del tutto personale, permettono la non visibilità e l’isolamento. Lo stesso accade per il gioco on-line, praticabile comodamente da casa propria nella totale assenza di possibilità identificativa da parte dell’esterno. Altri giochi vengono invece condivisi socialmente, come l’attività nei casinò, i bingo, le scommesse sportive, le carte, ma non sono da considerarsi meno pericolosi.

Quali sono i sintomi per riconoscere un ludopatico?
Giocare diventa pericoloso nel momento in cui subentra l’incapacità di smettere volontariamente di farlo. E spie allarmanti sono per esempio mentire ai familiari, “giocarsi” un affetto, commettere illeciti per finanziare il gioco… Oltre all’investimento di denaro e tempo sempre maggiore, l’irritabilità, l’irrequietezza e gli stati depressivi, la rincorsa della perdita ossia la tendenza a risanare le perdite di gioco con puntate sempre più alte.

In Italia si spendono 1260 euro di spesa pro capite per video-poker, slot machines, Gratta e vinci, Sale Bingo. Abbiamo un fatturato legale di 76 miliardi di euro (e almeno 10 miliari di euro illegale) che ci colloca al primo posto in Europa. Sembra che la crisi amplifica il fenomeno anziché diminuirlo…
Negli ultimi anni a causa dell’aumento dell’offerta delle pubblicità che promettono soldi facili il numero dei giocatori patologici è aumentato e vengono coinvolti sempre più giovani (anche minorenni) e anche le donne. Il gioco d’azzardo ha avuto in Italia una forte crescita, sia negli introiti che nel numero di utenze, proprio a causa della crisi. Si fa leva sulle ristrettezze della gente per spingerla a puntare sul gioco d’azzardo come possibile investimento e/o soprattutto come “speranza” per risolvere problemi di natura economica.

Quanti sono quelli che si rivolgono ai vostri centri?
Nell’ultimo anno abbiamo avuto nella nostra clinica di Bolzano 170 pazienti, 28 in più del 2009. I pazienti in cura in Siipac sono giocatori che hanno sviluppato una dipendenza patologica che ha portato a conseguenze psicologiche e sociali molto gravi. Circa il 70% sono uomini di età compresa tra i 25 e i 45 anni con una buona istruzione e con un lavoro mediamente retribuito. Una percentuale abbastanza elevata proviene dal sud, probabilmente a causa del minor controllo esercitato dallo stato sui sistemi di gioco nelle regioni del meridione.

Secondo le vostre statistiche più del 50% dei ludopatici ha un lavoro dipendente e oltre l’80% ha un diploma o la laurea. Il lavoro e il livello d’istruzione non sono quindi deterrenti.
Il comportamento di gioco d’azzardo patologico è una patologia che potenzialmente può colpire chiunque a prescindere dall’età, dalla provenienza e dallo status sociale. Più che il livello d’istruzione contano le esperienze di vita di una persona, le sue caratteristiche di personalità, il suo sistema familiare e l’ambiente che lo circonda, nonché le capacità che ha sviluppato di far fronte ad eventuali situazioni stressanti.

In che cosa consiste il vostro trattamento?
Noi adottiamo un approccio multimodale proprio perché il gioco coinvolge vari aspetti della vita dell’individuo. La terapia prevede colloqui motivazionali, psicoterapia individuale, terapia di coppia, terapia familiare, terapia di gruppo, consulenza psichiatrica, consulenza legale. Naturalmente il tutto si svolge all’interno della comunità terapeutica semiresidenziale e prevede la collaborazione in equipe di diverse figure professionali tra cui psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, avvocati. Inoltre, la struttura offre la possibilità di partecipare a gruppi di auto-mutuo aiuto, che non prevedono la presenza di alcuna figura professionale ma vengono gestiti da ex-giocatori e giocatori stessi, all’interno dei quali hanno la possibilità di confrontarsi e condividere esperienze di vita al fine di ottenere un aiuto e uno sostegno reciproco. Un altro elemento fondamentale del nostro modello di intervento è il tutoraggio economico. Un processo grazie al quale aiutiamo la persona a riprendere contatto col denaro e a gestire nuovamente le proprie risorse economiche in base ad un principio di realtà e non di piacere.

Quanto dura la terapia?
Dai 3 ai 18 mesi. Poi i pazienti possono ricominciare la loro nuova vita, senza gioco d’azzardo, con la consapevolezza di quanto questo possa nuocere a loro e alle loro famiglie. Quando un giocatore patologico viene a curarsi alla Siipac capisce che dal gioco d’azzardo non se ne può uscire con le sole proprie forze. Per questo va osservata una rigida e indispensabile astinenza dal giocare, affiancata, nel nostro caso da un costante supporto psicoterapeutico che mira a ricostruire una personalità, il più delle volte, distrutta.

Una forte motivazione spirituale può essere di aiuto?
Noi prevediamo anche attività che esulano dalla terapia strettamente clinica. E con l’ausilio di qualche lettura o con la visione di cicli di film dedicati, affronto con i pazienti il tema della spiritualità, per renderli consapevoli del loro problema in modo riflessivo e ad elaborarlo anche tramite la fede o il loro credo. Ricordo con piacere diversi pazienti che grazie a questo approccio terapeutico hanno ripreso contatto con la spiritualità religiosa, ormai persa da tempo. Proprio nella fede hanno trovato in parte quelle risorse necessarie per continuare nel periodo di astinenza, attivando un gruppo di A.M.A (auto mutuo aiuto) nel centro giovanile della propria parrocchia.

Che cosa fate sul fronte della prevenzione?
Da un decennio abbiamo attivato programmi di informazione e sensibilizzazione nelle scuole, rivolti sia agli studenti che ai docenti e ai genitori. Inoltre, rimane uno dei nostri principali obiettivi quello di organizzare serate, incontri e dibattiti per l’intera popolazione.

L’associazione Libera ha censito 41 clan della criminalità organizzata invischiati nel gioco d’azzardo. Tra le proposte rilanciate dall’Alea (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo) e dal Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo) ci sono oltre a una legge ad hoc sul gioco d’azzardo con norme anti riciclaggio e l’inasprimento delle sanzioni, l’obbligo di destinare il 5% degli introiti e dei premi non riscossi ad attività di ricerca e cura delle dipendenze.
Mi trova ovviamente particolarmente d’accordo. Le associazioni che curano il gioco d’azzardo patologico a tutt’oggi sono ancora costrette a combattere contro forze politiche ed economiche ancora troppo miopi di fronte alle conseguenze sociali provocate da questa dipendenza.

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