Ufficializzata la prima restrizione all’aborto in Spagna, 9 gennaio,
2012, http://www.uccronline.it
Pare proprio che il neo-governo
spagnolo di Mariano Rajoy, come avevamo anticipato in Ultimissima 14/2/11 e
Ultimissima 30/9/11, comincerà a mettere mano alla permissiva legge sull’aborto
voluta da Zapatero, il cui unico risultato è stato quello di aumentare il
numero di aborti. Lo ha annunciato in modo ufficiale il 23 dicembre 2011 la
vicepremier Soraya de Santamaria, nella sua prima apparizione pubblica dopo la
composizione del governo. L’ex governo socialista aveva deciso che la donna potesse abortire fino alla 14°
settimana di gestazione, solo le minorenni invece potevano farlo anche prima
quella data senza nessun permesso da parte dei genitori. Inoltre, si può abortire fino alla 22esima
settimana, con la sola clausola che venga indicato uno di questi motivi:
stupro, rischio per la salute, malformazione ma anche rischio psicologico,
quest’ultima opzione (lasciata appositamente vaga) in un anno è stata indicata
dal 95% delle donne che hanno abortito. Ora il Partito Popolare intende invece
fare sì che tutte le minorenni che decidono di interrompere la gravidanza
debbano prima ottenere l’autorizzazione del padre o del tutore. Non è molto, ma
un piccolo passo verso una più ampia restrizione.
Il prof. Antonio Gambino, docente
di Diritto all’Università Europea di Roma, spiega: «Questa modifica restringe
le situazioni nelle quali si può abortire, e già questo è un fatto positivo
perché la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza ha un forte
impatto culturale sugli ordinamenti in cui viene a operare. Nel caso specifico,
chiedendo anche il consenso dei genitori della minorenne che intende abortire,
indica che il nascituro ha dei diritti che vanno al di là della semplice
volontà del soggetto che vuole interrompere la gravidanza. Per essere
sacrificato il diritto del feto ha la necessità di essere messo a confronto con
più posizioni soggettive, tra cui quella dei genitori della donna minorenne che
vuole abortire. Questo ovviamente non esaurisce i problemi che fa emergere
qualsiasi legislazione sull’aborto, ma tuttavia nel restringerne l’applicazione
offre una valutazione apprezzabile [...]. Il tema delle settimane entro le
quali si può abortire non ha alcun senso, perché è evidente che per una vita
che ormai ha attivato progressivamente la sua venuta all’esistenza e quindi la
sua crescita, non c’è nessuna differenza né di ore né di settimane. E’ sempre
lo stesso essere che una volta concepito ha iniziato a vivere nel mondo».
C’è anche una riflessione
interessante sulla mancata valorizzazione dell’adozione: «I limiti che si
oppongono a questa scelta sono di natura culturale, perché sono legati a una
visione del nascituro come cosa propria, e non invece come soggetto autonomo e
persona. Purtroppo quando lo si considera come una proprietà, non si vede
invece che quel bene giuridico ha una sua autonomia in quanto a diritti».
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