500 casi di cristianofobia. In Europa, di Marco Respinti, 06-02-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
Per l’esattezza 527. Tanti sono i
casi aperti di discriminazione nei confronti dei cristiani monitorati dal
Dokumentationsarchiv der Intoleranz gegen Christen diretto a Vienna da Gudrun
Kugler e noto anche con il nome inglese The Observatory on Intolerance and
Discrimination against Christians. E non in qualche remota regione del mondo
particolarmente famosa per la violenza e il fanatismo, ma nella
democraticissima, tollerantissima, laicissima Europa. Una cifra record per il
nostro mondo apparentemente pacifico e falsamente pacificato.
È il fenomeno orami noto come
"cristianofobia" da che il neologismo è stato creato dallo studioso
ebreo di diritto Joseph H.H. Weiler, docente alla New York University School of
Law, per essere poi introdotto a livello internazionale nel dicembre 2004, dopo
la famosa bocciatura di Rocco Buttiglione alla carica di Commissario europeo
per avere osato dire di riconoscersi, lui, cattolico, in principì non
negoziabili di diritto naturale.
Il triste traguardo raggiunto dal
monitoraggio condotto dall’Osservatorio di Vienna dice cioè che la cristianofobia è oggi un tratto
distintivo del nostro mondo, di quel mondo che definiamo "civile" e
che riteniamo tanto moralmente superiore al resto dell’orbe terracqueo da
attribuire a esso il compito di salvaguardare qui diritti intrinseci alla
persona umana che invece altre culture e diverse visioni religiose ritengono
"eresia" o violazione dei diritti di Dio. È invece proprio qui, nel
Vecchio Continente, la patria storica delle istituzioni rappresentative e della
cultura dei diritti dell’uomo, che si consumano, sotto gli occhi di tutti ma in
maniera così mass-mediaticamente inavvertita da travolgere tutto
nell’indifferenza pratica dei più, i maggiori casi di diniego dei criteri
minimi di rispetto, di tolleranza e di equità nei confronti dei cristiani. È in
Europa che la marginalizzazione dei cristiani dalla vita pubblica - culturale,
sociale, politica - di molti, troppi Paesi compie quotidianamente passai da
gigante, avvenga essa sul piano morale o su quello più strettamente –
tecnicamente - giuridico.
In gran parte, il problema ruota
attorno a un falsato criterio di "laicità", costantemente intesa solo
come laicismo: vale a dire, come insegna il magistero della Chiesa cattolica,
l’«estromissione della motivazione e della finalità religiosa da ogni atto
della vita umana» (beato Giovanni Paolo II [1920-2005], Discorso Sono lieto,
del 1° marzo 1991), che secondo il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965)
«va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo» (Costituzione
Pastorale Gaudium et Spes, del
7-12-1965, n.43). Quando dunque a questa laicità laicista viene per ciò stesso
conferito il monopolio della "modernizzazione" e della neutralità delle
istituzioni, che sarebbe l’unica garanzia dell’autentico e rispettoso
pluralismo, il cristiano che per definizione non può conformarsi alla
"mentalità del secolo", il cristiano che abita e vivifica questo
mondo ma che da questo mondo non è ultimamente definito, insomma il cristiano
generatore di storia e portatore di un altro criterio risulta solo nemico, al
massimo un ostacolo.
La cristianofobia, pratica e
teoretica, si manifesta in molti modi: si va dalle manifestazioni
dell’"arte" oltraggiosa cui è data piena possibilità di espressione
in nome di una errata concezione delle libertà individuale al tentativo
d’imporre norme comportamentali intollerabili, magari anche attraverso
direttive "dall’alto", per esempio imposte dalle istituzioni
dell’Unione Europea o dalle sue agenzie. Si susseguono così le ingerenze
nell’insegnamento scolastico quando l’educazione sessuale (ben noti i casi che
si ripetono in Germania) diviene un grimaldello per esautorare l’istituto
familiare, gli sforzi per conformare tutti all’accettazione dell’omosessualismo
come fait accompli o le violazioni della coscienza di chi obietta contro
aborto, eutanasia, sperimentazioni sugli embrioni umani. Ma è notorio che anche
solo un crocefisso appeso in classe vine condsierato sconveniente, né mancano
addirittura casi di intemperanza verso le campane della parrocchia che suonano
sotto casa o nei confronti dei ragazzi che all’oratorio schiamazzano
"molestamente" il pomeriggio…
Del resto, è evidente l’uso
terroristico del linguaggio, creato appositamente per generare nel pubblico
quel sospetto e quella repulsione che sono utilissimi a lucrare per la causa,
con cui i cristiani che si oppongono alla normalizzazione vengono rapidamente
deportati dalla ragione al torto per essere stigmatizzati come pericolosi
nemici. L’invenzione, per esempio, del termine "omofobia" - un
termine antipatico, irritante, evocatore di scenari tetri - per denunciare
preventivamente e condannare chiunque si permetta di non essere anche solo
semplicemente d’accordo con le nuove frontiere dell’"ideologia di
genere" o con l’offensiva vessatoria dei "diritti dei gay" (o
della comunità LGBT, lesbiche, gay, bisessuali e transgender) ne è il caso più
lampante.
Muovendosi sia sul piano
propagandistico della cultura sia nelle aule delle denunce, dei ricorsi e degli
appelli, la cristianofobia avanza insomma pericolosamente soprattutto nel mondo
democratico.
Per questo l’attività di
organismi seri come il citato Osservatorio di Vienna è fondamentale. Il più
delle volte, infatti, i casi di abuso contro i cristiani avvengono in maniera
apparentemente isolata. Sembrano episodi
singoli dovuti a questo o a quel motivo di contenzioso personale (il vicino di
casa che s’inquieta, il preside della tal scuola che entra in dissidio con una
certa famiglia, il primario di un ospedale che litiga con il paziente tizio).
Occorre quindi considerarli nella loro organicità per percepirne l’unità e
l’offensiva frontale.
Se non fosse altro, il pregio
dell’Osservatorio di Vienna è proprio questo. Svelare il progetto, in sé del
tutto scoperto e palese, che cerca di smantellare l’ultima resistenza
autenticamente popolare che ancora può opporsi al trionfo del relativismo più
smaccato: le persone e le famiglie cristiane - non solo cattoliche, del resto -
le quali, capaci ancora di generare comunità, istituti e istituzioni, riescono
a frenare l’antiumanesimo.
L’Osservatorio provvede dunque a
offrire aiuti legali ai perseguitati, raccordandosi con altre istituzioni che
statutariamente forniscono tali servizi ai cristiani vessati; raccoglie e
organizza le testimonianze; avverte e sollecita i media. Membro della
Piattaforma per i diritti fondamentali della UE-Agenzia dei diritti
fondamentali, l’Osservatorio è una organizzazione non governativa totalmente no
profit il cui obiettivo principale è quello di fare lobby presso istituzioni
quali la UE, l’OSCE, il Consiglio d’Europa, le Nazioni Unite, senza scordare le
Conferenze episcopali dei diversi Paesi, per ricordare e mostrare che il primo
problema di violazione dei diritti umani nell’Europa democratica riguardi i
cristiani. Che l’unica "minoranza" davvero positivamente perseguitata
a motivo di ciò che intrinsecamente è sono i cristiani.
In anni recenti all’ONU si è
esercitata pressione notevole affinché, accanto all’islamofobia e
all’antisemitismo, si iniziasse a parlare seriamente anche della
cristianofobia, e risultati apprezzabili sono stato ottenuti: tant’è che oggi
la Commissione per i diritti umani dell’ONU, che ha sede a Ginevra, parla
regolarmente di «antisemitismo, islamofobia e cristianofobia». Con tutta
evidenza, si tratta una significativa vittoria semantica e culturale. Che però
oggi la patria della cristianofobia sia l’Europa - la casa comune che, avendo
preso sul serio la Rivelazione, ha saputo dare vita a una civiltà
autenticamente cristiana, pur segnata dal peccato umano e poi travolta dalle
ideologie e dalle ideocrazie - è un fatto allarmante. E non può lasciare
tranquilla nessuna persona di buona volontà, qualunque sia il suo dio.
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