La forza del dialogo tra le religioni antidoto all'odio degli scontri
globali, Arrigo Levi, 1 marzo 2012, http://www.corriere.it
Un termine nuovo e molto di moda,
globalizzazione (il mio vecchio computer lo sottolinea ancora, giudicandolo
parola non italiana), rischia di confondere, anziché chiarire le idee sul tempo
che stiamo vivendo, per la molteplicità dei suoi significati. Il più semplice e
concreto riguarda l'economia: in questa «era della globalizzazione», è nato il
mercato «globale»; nel senso che non ci sono più specializzazioni. Non più
l'Occidente avanzato che produce idee, scienza, tecnologia, e macchinari da
esportare, e tutti gli altri «in via di sviluppo» che offrono soprattutto
materie prime. Oggi tutti fanno tutto, producono tutto, investono, comprano e
vendono dappertutto. Il mondo, ripetiamolo, è tutto Occidente. Questa la realtà
del quadro economico globale.
Ma globalizzazione vuol anche
dire mercato mondiale delle idee. E questo pone alle grandi religioni problemi
nuovi. Le grandi religioni, soprattutto il cristianesimo con le sue radici
ebraiche e l'islamismo con le sue radici ebraico-cristiane, propongono, per
loro natura, a tutti i popoli verità universali. In passato hanno anche cercato
di imporle con la forza a chi non le riconosceva come tali, e l'uso della
violenza per diffondere e difendere ciascuna il proprio credo non è del tutto
passato di moda. Anzi, la nascita di un mercato globale delle idee, mentre
offre loro un nuovo illimitato campo d'azione, è anche una sfida, proponendo
nuovi confronti e conflitti fra di loro.
Beninteso, non è soltanto nelle
religioni il seme oscuro della violenza. Anzi, nelle religioni è anche il seme
dell'amore universale. Se il Novecento è stato il secolo dei grandi massacri
non è stato per colpa di nessuna delle grandi religioni: ma di religioni
laiche, che tali erano fascismo, nazismo, comunismo, più spietate di quanto
fossero mai state le religioni storiche, con la loro fede in una divinità
suprema. Tutto sommato, anche se dobbiamo a loro molte guerre, molto sangue
sparso, hanno avuto anche, e oggi forse più che mai continuano ad avere, una
funzione determinante nel «civilizzare» il mondo. Sono state portatrici, e
forse lo sono oggi ancor più che in passato, di grandi valori, capaci di
confrontarsi con l'ideologia, anch'essa presente in tutto il mondo,
dell'umanesimo laico, per sua natura tollerante ed aperto a tutte le idee, che
ha del resto una buona parte delle sue radici nelle grandi visioni del pensiero
religioso.
Ma la società globale pone anche
le grandi religioni a confronto diretto l'una con l'altra in tutti i
continenti, come non è mai accaduto prima. Afghanistan, Pakistan o Indonesia
sono società geograficamente remote, per il cristianesimo come per l'islamismo
delle origini. Oggi comunità che si ispirano all'una o all'altra religione vi
si trovano a confronto diretto, e il confronto è spesso violento. Bisogna pur
dire che in verità, ai tempi nostri, a un cristianesimo più mite e tollerante
di quanto sia mai stato in passato (e il merito va in buona parte al contagio e
all'influenza delle tolleranti idealità liberali), si contrappone, in verità,
un islamismo che sembra aver ritrovato, in alcune sue espressioni,
l'intolleranza superba e la violenza di un lontano passato. E la novità sta nel
fatto che teatro di questi scontri possono essere Paesi d'ogni continente, che
la globalizzazione culturale ha reso vicini, anche se così lontani nel tempo e
nello spazio.
Ma l'era nucleare in cui viviamo
e vivremo non tollera conflitti: non solo conflitti d'interesse, o
storico-politici, ma anche conflitti tra idealità e religioni diverse. Non
possiamo permetterceli. È necessario capirsi, non odiarsi, se vogliamo
sopravvivere. Così si spiega lo storico discorso d'apertura di Barack Obama, al
Cairo, nei confronti dell'islamismo. Così si giustifica l'ansia con la quale un
Papa come Benedetto XVI, pur non privo, per la sua formazione, di qualche
antico pregiudizio, cerca con disperato impegno un dialogo col mondo, a
cominciare dal dialogo con le altre religioni. Non sono mancati analoghi esempi
di mano tesa all'Occidente cristiano da autorevoli esponenti islamici. Incontri
fra le religioni non sono più l'eccezione.
Tuttavia, rimane la sensazione
inquietante che ciò non basti, che occorrano più clamorosi e continui slanci di
pace che insorgano e facciano sentire la voce dell'amore reciproco in incontri
solenni fra chi parla a Dio con nomi diversi, e comuni categoriche condanne di
chi traduce la propria fede in atti d'odio e di violenza: queste sono ancora
rare. Ma com'è difficile vivere in pace in questo mondo globale!
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