martedì 6 marzo 2012


Le uniformi a scuola contro la sindrome Lolita -  La senatrice parigina Chantal Jouanno, ex ministro dello Sport e campionessa di judo, ha presentato in Parlamento il suo rapporto intitolato Contro l’iper-sessualizzazione di Stefano Montefiori http://27esimaora.corriere.it

Se nei primi anni Novanta facevano scandalo le sedicenni in piscina di Non è la Rai, il limite di età per l’ammiccamento improprio sembra essere notevolmente sceso: tra gli 8 e i 12 anni, in età un tempo prepuberale, le bambine ora conoscono un’adolescenza precoce fatta di reggiseni a balconcino, trucchi e vestiti da donne o quasi. La sindrome di Lolita (la dodicenne Dolores Haze nel romanzo di Vladimir Nabokov) preoccupa le autorità francesi tanto che la senatrice parigina Chantal Jouanno, ex ministro dello Sport e campionessa di judo, ieri ha presentato in Parlamento il suo rapporto intitolato «Contro l’iper-sessualizzazione, una nuova battaglia per l’uguaglianza», e il ministro della Solidarietà Roselyne Bachelot ha promesso di seguirne le raccomandazioni.

Per «difendere i nostri bambini dalla confusione illustrata dallo stesso termine di pre adolescenza», che toglie anni preziosi a quella che dovrebbe essere «infanzia», il rapporto Jouanno auspica alcune prime misure concrete: divieto dei concorsi di bellezza per «mini-miss», e ritorno all’uniforme scolastica sin dalle elementari. Se l’erotizzazione dell’esistenza comincia presto, bisogna allora anticipare anche la lotta contro i jeans a vita bassa.

Hyper-sexualisation è un termine usato da alcuni anni dalla sessuologa canadese del Québec Jocelyne Robert per indicare la «rappresentazione del bambino come una sorta di adulto sessuale in miniatura». In Sexy Inc, del 2007, la documentarista sempre canadese Sophie Bissonnette ha mostrato efficacemente che cosa si intende per erotizzazione precoce: dalle decine di vestiti, riviste e accessori con connotati seduttivi e sessuali rivolti alle tweens, cioè le bambine sotto i 12 anni, al bombardamento visivo nei videoclip dell’eroina nazionale Nelly Furtado, all’ossessione di certe mamme per i concorsi di bellezza. L’anno scorso il tema è arrivato in Europa per l’intervento del premier britannico David Cameron, che con lo slogan “let the children be children” (lasciate che i bambini siano bambini) ha chiesto di arginare la hyper-sexualization; e in Francia lo scandalo di  Vogue — una bambina-modella fotografata in pose provocanti — è costato il posto alla potente direttrice Carine Roitfeld, regina del porno chic. In questo clima, uno dei concorsi per «mini-miss» che cominciano a diffondersi sempre di più in Francia è stato annullato ad Auch, nei Pirenei, perché nella locandina una bambina era troppo truccata.

Si incrociano tanti temi:

l’adolescenza precoce è provocata da fattori culturali ma anche, secondo ricerche americane, da diete troppo ricche di grassi e di estrogeni; e se sembra giusto difendersi dallo sfruttamento commerciale dello sviluppo puberale, c’è il rischio di cadere nell’eccesso opposto di un nuovo oscurantismo.
È questo il senso di uno dei pochi commenti scettici sul rapporto Jouanno, espresso su Libération dal sociologo Michel Fize:

«Bisogna riconoscere che oggi le ragazzine pure molto giovani affermano una femminilità della quale vanno fiere, mentre il loro punto di vista è totalmente assente nel rapporto. Più che sottomesse, direi poi che padroneggiano completamente l’uguaglianza tra i sessi. Infine, l’erotizzazione diffusa è un problema che tocca tutta la società, è difficile isolarlo e combatterlo solo sotto i 12 anni».
Il dibattito tra chi plaude all’intervento del governo e chi lo considera troppo invadente appare solo all’inizio.

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