Le uniformi a scuola contro la sindrome Lolita - La senatrice parigina Chantal Jouanno, ex
ministro dello Sport e campionessa di judo, ha presentato in Parlamento il suo
rapporto intitolato Contro l’iper-sessualizzazione di Stefano Montefiori http://27esimaora.corriere.it
Se nei primi anni Novanta facevano
scandalo le sedicenni in piscina di Non è la Rai, il limite di età per
l’ammiccamento improprio sembra essere notevolmente sceso: tra gli 8 e i 12
anni, in età un tempo prepuberale, le bambine ora conoscono un’adolescenza
precoce fatta di reggiseni a balconcino, trucchi e vestiti da donne o quasi. La
sindrome di Lolita (la dodicenne Dolores Haze nel romanzo di Vladimir Nabokov)
preoccupa le autorità francesi tanto che la senatrice parigina Chantal Jouanno,
ex ministro dello Sport e campionessa di judo, ieri ha presentato in Parlamento
il suo rapporto intitolato «Contro l’iper-sessualizzazione, una nuova battaglia
per l’uguaglianza», e il ministro della Solidarietà Roselyne Bachelot ha
promesso di seguirne le raccomandazioni.
Per «difendere i nostri bambini
dalla confusione illustrata dallo stesso termine di pre adolescenza», che
toglie anni preziosi a quella che dovrebbe essere «infanzia», il rapporto
Jouanno auspica alcune prime misure concrete: divieto dei concorsi di bellezza
per «mini-miss», e ritorno all’uniforme scolastica sin dalle elementari. Se
l’erotizzazione dell’esistenza comincia presto, bisogna allora anticipare anche
la lotta contro i jeans a vita bassa.
Hyper-sexualisation è un termine
usato da alcuni anni dalla sessuologa canadese del Québec Jocelyne Robert per
indicare la «rappresentazione del bambino come una sorta di adulto sessuale in
miniatura». In Sexy Inc, del 2007, la documentarista sempre canadese Sophie
Bissonnette ha mostrato efficacemente che cosa si intende per erotizzazione
precoce: dalle decine di vestiti, riviste e accessori con connotati seduttivi e
sessuali rivolti alle tweens, cioè le bambine sotto i 12 anni, al bombardamento
visivo nei videoclip dell’eroina nazionale Nelly Furtado, all’ossessione di
certe mamme per i concorsi di bellezza. L’anno scorso il tema è arrivato in
Europa per l’intervento del premier britannico David Cameron, che con lo slogan
“let the children be children” (lasciate che i bambini siano bambini) ha
chiesto di arginare la hyper-sexualization; e in Francia lo scandalo di Vogue — una bambina-modella fotografata in
pose provocanti — è costato il posto alla potente direttrice Carine Roitfeld,
regina del porno chic. In questo clima, uno dei concorsi per «mini-miss» che
cominciano a diffondersi sempre di più in Francia è stato annullato ad Auch,
nei Pirenei, perché nella locandina una bambina era troppo truccata.
Si incrociano tanti temi:
l’adolescenza precoce è provocata
da fattori culturali ma anche, secondo ricerche americane, da diete troppo
ricche di grassi e di estrogeni; e se sembra giusto difendersi dallo
sfruttamento commerciale dello sviluppo puberale, c’è il rischio di cadere
nell’eccesso opposto di un nuovo oscurantismo.
È questo il senso di uno dei
pochi commenti scettici sul rapporto Jouanno, espresso su Libération dal
sociologo Michel Fize:
«Bisogna riconoscere che oggi le
ragazzine pure molto giovani affermano una femminilità della quale vanno fiere,
mentre il loro punto di vista è totalmente assente nel rapporto. Più che
sottomesse, direi poi che padroneggiano completamente l’uguaglianza tra i
sessi. Infine, l’erotizzazione diffusa è un problema che tocca tutta la
società, è difficile isolarlo e combatterlo solo sotto i 12 anni».
Il dibattito tra chi plaude
all’intervento del governo e chi lo considera troppo invadente appare solo
all’inizio.
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