CATECHESI DEL SANTO PADRE - L’UDIENZA GENERALE, 02.11.2011
L’Udienza Generale di questa
mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre
Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e
da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana
il Papa ha incentrato la sua meditazione sull’odierna Commemorazione di tutti i
fedeli defunti e sulla realtà della morte.
Dopo aver riassunto la Sua
catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari
espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti e un appello per la riuscita
del vertice di Capi di Stato o di Governo del G-20 che si tiene domani e
dopodomani a Cannes.
L’Udienza Generale si è conclusa
con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
CATECHESI DEL SANTO PADRE IN
LINGUA ITALIANA
Cari fratelli e sorelle!
Dopo avere celebrato la Solennità
di Tutti i Santi, la Chiesa ci invita oggi a commemorare tutti i fedeli
defunti, a volgere il nostro sguardo a tanti volti che ci hanno preceduto e che
hanno concluso il cammino terreno.
Nell’Udienza di questo giorno,
allora, vorrei proporvi alcuni semplici pensieri sulla realtà della morte, che
per noi cristiani è illuminata dalla Risurrezione di Cristo, e per rinnovare la
nostra fede nella vita eterna.
Come già dicevo ieri all’Angelus,
in questi giorni ci si reca al cimitero per pregare per le persone care che ci
hanno lasciato, quasi un andare a visitarle per esprimere loro, ancora una
volta, il nostro affetto, per sentirle ancora vicine, ricordando anche, in
questo modo, un articolo del Credo: nella comunione dei santi c’è uno stretto
legame tra noi che camminiamo ancora su questa terra e tanti fratelli e sorelle
che hanno già raggiunto l’eternità.
Da sempre l’uomo si è preoccupato
dei suoi morti e ha cercato di dare loro una sorta di seconda vita attraverso
l’attenzione, la cura, l’affetto. In un certo modo si vuole conservare la loro
esperienza di vita; e, paradossalmente, come essi hanno vissuto, che cosa hanno
amato, che cosa hanno temuto, che cosa hanno sperato e che cosa hanno
detestato, noi lo scopriamo proprio dalle tombe, davanti alle quali si
affollano ricordi. Esse sono quasi uno specchio del loro mondo.
Perché è così?
Perché, nonostante la morte sia
spesso un tema quasi proibito nella nostra società, e vi sia il tentativo
continuo di levare dalla nostra mente il solo pensiero della morte, essa
riguarda ciascuno di noi, riguarda l’uomo di ogni tempo e di ogni spazio. E
davanti a questo mistero tutti, anche inconsciamente, cerchiamo qualcosa che ci
inviti a sperare, un segnale che ci dia consolazione, che si apra qualche
orizzonte, che offra ancora un futuro.
La strada della morte, in realtà,
è una via della speranza e percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le
scritte sulle tombe è compiere un cammino segnato dalla speranza di eternità.
Ma ci chiediamo: perché proviamo
timore davanti alla morte? Perché l’umanità, in una sua larga parte, mai si è
rassegnata a credere che al di là di essa non vi sia semplicemente il nulla?
Direi che le risposte sono molteplici: abbiamo timore davanti alla morte perché
abbiamo paura del nulla, di questo partire verso qualcosa che non conosciamo,
che ci è ignoto. E allora c’è in noi un senso di rifiuto perché non possiamo
accettare che tutto ciò che di bello e di grande è stato realizzato durante
un’intera esistenza, venga improvvisamente cancellato, cada nell’abisso del
nulla. Soprattutto noi sentiamo che l’amore richiama e chiede eternità e non è
possibile accettare che esso venga distrutto dalla morte in un solo momento.
Ancora, abbiamo timore davanti
alla morte perché, quando ci troviamo verso la fine dell’esistenza, c’è la
percezione che vi sia un giudizio sulle nostre azioni, su come abbiamo condotto
la nostra vita, soprattutto su quei punti d’ombra che, con abilità, sappiamo
spesso rimuovere o tentiamo di rimuovere dalla nostra coscienza. Direi che
proprio la questione del giudizio è spesso sottesa alla cura dell’uomo di tutti
i tempi per i defunti, all’attenzione verso le persone che sono state
significative per lui e che non gli sono più accanto nel cammino della vita
terrena. In un certo senso i gesti di affetto, di amore che circondano il
defunto, sono un modo per proteggerlo nella convinzione che essi non rimangano
senza effetto sul giudizio. Questo lo possiamo cogliere nella maggior parte
delle culture che caratterizzano la storia dell’uomo.
Oggi il mondo è diventato
apparentemente molto più razionale, o meglio, si è diffusa la tendenza a
pensare che ogni realtà debba essere affrontata con i criteri della scienza
sperimentale, e che anche alla grande questione della morte si debba rispondere
non tanto con la fede, ma partendo da conoscenze sperimentabili, empiriche. Non
ci si rende sufficientemente conto, però, che proprio in questo modo si è
finiti per cadere in forme di spiritismo, nel tentativo di avere un qualche
contatto con il mondo al di là della morte, quasi immaginando che vi sia una
realtà che, alla fine, sarebbe una copia di quella presente.
Cari amici, la solennità di tutti
i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti ci dicono che solamente
chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può anche vivere una vita
a partire dalla speranza. Se noi riduciamo l’uomo esclusivamente alla sua
dimensione orizzontale, a ciò che si può percepire empiricamente, la stessa
vita perde il suo senso profondo. L’uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra
speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata. L’uomo è spiegabile
solamente se c’è un Amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte,
in una totalità che trascenda anche lo spazio e il tempo. L’uomo è spiegabile,
trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio. E noi sappiamo che Dio è
uscito dalla sua lontananza e si è fatto vicino, è entrato nella nostra vita e
ci dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore
vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno» (Gv 11,25-26).
Pensiamo un momento alla scena
del Calvario e riascoltiamo le parole che Gesù, dall’alto della Croce, rivolge
al malfattore crocifisso alla sua destra: «In verità io ti dico: oggi con me
sarai nel paradiso» (Lc 23,43). Pensiamo ai due discepoli sulla strada di
Emmaus, quando, dopo aver percorso un tratto di strada con Gesù Risorto, lo
riconoscono e partono senza indugio verso Gerusalemme per annunciare la
Risurrezione del Signore (cfr Lc 24,13-35). Alla mente ritornano con rinnovata
chiarezza le parole del Maestro: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede
in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte
dimore. Se no non vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?» (Gv
14,1-2). Dio si è veramente mostrato, è diventato accessibile, ha tanto amato
il mondo «da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non
vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16), e nel supremo atto di amore
della Croce, immergendosi nell’abisso della morte, l’ha vinta, è risorto ed ha
aperto anche a noi le porte dell’eternità. Cristo ci sostiene attraverso la
notte della morte che Egli stesso ha attraversato; è il Buon Pastore, alla cui
guida ci si può affidare senza alcuna paura, poiché Egli conosce bene la
strada, anche attraverso l’oscurità.
Ogni domenica, recitando il
Credo, noi riaffermiamo questa verità. E nel recarci ai cimiteri a pregare con
affetto e con amore per i nostri defunti, siamo invitati, ancora una volta, a
rinnovare con coraggio e con forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a
vivere con questa grande speranza e testimoniarla al mondo: dietro il presente
non c’è il nulla. E proprio la fede nella vita eterna dà al cristiano il
coraggio di amare ancora più intensamente questa nostra terra e di lavorare per
costruirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza. Grazie!
APPELLO DEL SANTO PADRE
Il 3 e il 4 novembre prossimi -
domani e dopo domani - i Capi di Stato o di Governo del G-20 si riuniranno a
Cannes, per esaminare le principali problematiche connesse con l’economia
globale. Auspico che l’incontro aiuti a superare le difficoltà che, a livello
mondiale, ostacolano la promozione di uno sviluppo autenticamente umano e
integrale.
© Copyright 2011 - Libreria
Editrice Vaticana
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