Avvenire.it, 5 marzo 2012 - FRAGILITÀ MINACCIATA - «Diritto di vivere». L’urlo dei disabili di Pino
Ciociola
Non chiedono alle istituzioni
favori o elemosine. Soltanto poter vivere e, per farlo, avere ciò di cui i loro
cari hanno diritto come gli altri, se non qualcuno in più. Cioè smettere di
abbandonarli e magari anche di tagliare l’assistenza. Perché a furia di
"risparmiare" sulla cura di gravissimi disabili come le persone in
stato vegetativo o con la Sla «si va verso la loro eliminazione – spiega
Rosaria Elefante, avvocato, vicepresidente dell’associazione "Vite
vegetative" (Vi.Ve.) –. Le famiglie pian piano non avranno più la
possibilità di far esercitare ai propri cari il loro minimo diritto a vivere.
Dunque, evidentemente, continuando coi tagli, non si farà altro che
incoraggiare la famiglia del disabile ad allontanarsi dal proprio
congiunto...».
La prospettiva per il 2012 è
drammatica. E riguarda direttamente – come minimo – le 3mila persone in stato
vegetativo o di minima coscienza più le 5mila con la Sla, e tutte le loro
famiglie. I primi effetti dei "risparmi" arrivano già in questo
principio d’anno. Perché, fra l’altro, all’inizio del 2011 il governo non
rifinanziò il "Fondo per la non autosufficienza" (che esisteva dal
2007), malgrado le Regioni lo chiedessero a gran voce. Così proprio queste si
sono trovate a gestire tagli pesantissimi. Alcune ce l’hanno fatta, ma soltanto
per l’anno scorso, dopo avere trovato una parziale copertura con propri finanziamenti.
Morale? «La crisi influisce
principalmente sulle Regioni – sottolinea Paolo Fogar, presidente della
Federazione nazionale associazioni trauma cranico –, che riducono quel che
davano finora alle Asl e alle strutture sanitarie. Ormai siamo al paradosso che
è virtuosa la Regione che riesce tutt’al più a continuare i servizi che
forniva, seppure parziali». Un andazzo pericoloso – continua Fogar –, che «la
gente prova sulla sua pelle nelle piccole ma fondamentali cose di ogni giorno:
vanno in farmacia per avere i pannoloni e gli dicono "torni
domani...". Alla fine li compri, è ovvio». C’è di peggio: «In una Regione
del Nord hanno acquistato cateteri che hanno provocato infiammazioni e ricoveri
delle persone con grave disabilità che li avevano usati. Quei cateteri erano
stati pagati pochissimo, e neppure ricordo in quale Paese fossero stati
prodotti».
Lo snodo è sempre quello: la
scure dei tagli di solito cala sulle teste più deboli: «Mentre dovremmo
tutelare proprio chi è più sfortunato – dice Gian Pietro Salvi, presidente de
"La Rete" (le "Associazioni riunite per il trauma cranico e le
gravi cerebrolesioni acquisite") –. Bisognerà farci sentire affinché
ripristinino almeno il "Fondo per la non autosufficienza", che per
noi è importante. Stiamo parlando, è bene non dimenticarlo, delle persone più
deboli».
Tant’è che condizioni quali lo
stato vegetativo o malattie come la Sla cambiano completamente la vita non solo
a una persona ma anche alla sua intera famiglia. «In realtà non possiamo
avvertire grandi peggioramenti, la situazione è sempre stata abbastanza
negativa – racconta <+nero>Vincenzo Soverino, consigliere
dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica<+tondo> (Aisla)
–. Sono anche malato di Sla e voglio vivere, mi creda, io voglio vivere! Però
pare che della mia voglia di vivere non interessi a nessuno. Lo Stato dice
"tu devi vivere" e intanto si dimentica di me: è questo a essere
incredibile. Vorrei, invece, che lo Stato non si dimenticasse di me e nemmeno
della mia famiglia. E che non si dimenticasse della nostra dignità».
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