Avvenire.it 17 marzo 2012, SENTENZA CASSAZIONE - Borgna: «Coniugi
omosessuali? - Non è il sentire comune»
«È stata radicalmente superata la
concezione secondo cui la diversità di sesso è presupposto indispensabile, per
così dire naturalistico, dell’esistenza del matrimonio». Così la Cassazione
l’altroieri, con una sentenza che ha, sì, ribadito l’inammissibilità del
matrimonio tra omosessuali, ma nel contempo ha con questa affermazione
allargato le maglie del diritto, interpretando in modo discutibile il comune
sentire della nostra società e quasi stimolando a un nuovo ordinamento. Ma
davvero l’idea che per contrarre matrimonio occorra essere un uomo e una donna
appartiene al passato? «Il sentire comune non è affatto questo», sostiene
Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di
Novara, che subito indica un pericolo, «e cioè che di fronte a tali forzature
nascano reazioni contrarie ed eticamente inaccettabili, come il rifiuto
aggressivo delle persone omosessuali».
Posto che, come recita la stessa
sentenza, le coppie gay "hanno il diritto a vivere liberamente una
condizione di coppia", è concepibile anche un matrimonio?
Il matrimonio nasce
dall’integrazione delle due psicologie diverse, quella femminile e quella
maschile, con i loro problemi e dissonanze, ma anche con le armonie e
l’amalgamazione di due diversi orizzonti di senso, da cui nascono la ricchezza
delle relazioni, il confronto, la creatività. Legami che prescindano da questa
integrazione femminile/maschile si muovono su un campo diverso dal matrimonio e
dall’istituto della famiglia, senza con questo discriminare nessuno: sono
realtà profondamente differenti.
Come commenta l’affermazione
secondo cui ormai è radicalmente superata la necessità che i coniugi siano di
sesso diverso?
Scusi, ma superata da chi? Chi
propone questa tesi? Questa è un’affermazione addirittura apodittica, non
motivata: non rivela il cammino con cui ci si è arrivati, non dà argomentazioni
né ricostruzioni storiche e psicologiche. Insomma, è una fucilata che giunge
senza un’origine, una opinione strana, tutt’altro che univoca e soprattutto non
razionale, perché dà per scontato ciò che non lo è.
Lei che ha il polso della
situazione da un punto di vista della comune sensibilità, come la vede, invece?
Il senso comune è radicalmente -
questa volta sì - allergico a una tesi simile. Semmai c’è il rischio che oltrepassi
la misura e sfoci in aggressività, perché queste esperienze sono guardate con
paura, forse con angoscia, certamente con diffidenza. E aberrazioni come
pensare che ci si possa sposare tra due uomini o tra due donne, e magari voler
pure essere genitori, mette a repentaglio anche ciò che è riconosciuto, ovvero
- come dicevamo prima - il diritto dei gay a vivere liberamente una condizione
di coppia. Cosa ben diversa dal matrimonio, che nella nostra concezione della
vita nasce dalla contestuale presenza dei due diversi mondi che lungo un
progetto unitario uniscono le loro storie personali, anche sessuali, necessarie
l’una all’altra per completarsi. Tanto più se ci sono figli, che senza ombra di
dubbio hanno bisogno di una madre e di un padre, di due polarità ben precise,
anche sessualmente definite. Secondo natura.
A questo proposito, la sentenza
nega una valenza "naturalistica" alla differenza di sesso tra
coniugi...
E meno male! Perché il termine
"naturalistico" in psichiatria, che è una scienza biologica,
significa una degenerazione del naturale, una deformazione. Insomma, chi ha
redatto la sentenza ha usato un termine errato, incorrendo in un lapsus
fragoroso e dicendo alla fine il contrario di ciò che intendeva sostenere. Cosa
significa naturale? Ciò che si sviluppa spontaneamente, lungo orizzonti
ontologici predicati nella condizione umana. Il "naturalistico"
invece tradisce l’umano. Dunque sono d’accordo: la necessità che i due coniugi
siano uomo e donna non è "naturalistica", infatti è naturale.
C’è dunque uno scollamento tra
sentire comune e certe sentenze, ma anche opinioni espresse da intellettuali,
politici e media?
Uno scollamento flagrante,
radicale, mascherato da sovrastrutture ideologiche: certo la gente non si
riconosce nelle parole di questa sentenza. Nemmeno chi a voce alta non ha
coraggio di dirlo.
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