Bufera tra gli anglicani - Il
loro leader si dimette per la «questione gay», Corriere della Sera, 17 marzo
2012, di Fabio Cavalera
Si arrende «l’apostolo di Dio» che ha provato a tenere
uniti i riformisti e i conservatori anglicani. Ma, ormai, era una missione
impossibile. La legalizzazione dei matrimoni gay è la goccia che fa traboccare
il vaso. I vertici ecclesiali della comunione con 77 milioni di fedeli nel
mondo sono spaccati. Da un parte si agitano coloro che richiamano i principi
cristiani e sono pronti ad alzare le barricate contro i piani del governo e di
Westminster. Dall’altra si schierano quanti, con approccio meno dogmatico,
rifiutano la drammatizzazione. Alla fine, chi alza bandiera bianca per assumere
dal prossimo gennaio un incarico accademico al Magdalene College dell’Università
di Cambridge, dove si era laureato in teologia, è Rowan Williams, raffinato
uomo di cultura, il 104˚ arcivescovo di Canterbury che ha celebrato la favola
di Kate e William, l’uomo che spesso si è sentito mettere sul banco degli
imputati per avere espresso posizioni «più a sinistra di quelle dei laburisti».
Questo delicato signore con la folta barba bianca, sposato e padre di due
figli, per dieci anni è stato il leader spirituale della Chiesa d’Inghilterra
ed è riuscito a navigare nel mezzo di tempeste dottrinali superate grazie alla
sua «intelligente opera di mediazione», come gli hanno riconosciuto sempre
amici e nemici. Adesso abbandona, fiaccato dagli scontri, forse annoiato: lui
poeta e teologo di origini gallesi che parla cinque lingue, non riusciva a
reggere il peso di una comunione così spaccata, il suo grande cruccio. Le
mediazioni sono saltate. Non era un presule qualsiasi, Rowan Williams. I suoi
sermoni, i suoi scritti, le sue interviste, i suoi interventi non erano mai
banali. Favorevole al sacerdozio delle donne (una battaglia che ha vinto, visto
che la comunione anglicana ha deciso di ammetterle), favorevole alle unioni
civili fra gay (non al matrimonio, sia pure senza scatenare crociate), sulle
quali si pronunciò già nel 1998, coraggioso al punto di ordinare vescovo di
Reading il dichiarato omosessuale John Jeffrey, Rowan Williams ha scandalizzato
i conservatori della Chiesa d’Inghilterra. Da studente aveva partecipato alle
manifestazioni pacifiste, da arcivescovo ha dato la «benedizione» prima al
movimento contro la guerra in Iraq, e di recente al movimento anticapitalista;
in ultimo ha attaccato il governo Cameron per i tagli alla spesa sociale.
«Abbiamo il diavolo fra noi», sussurravano i nemici interni. Rowan Williams
aveva azzardato che «la Natività può essere solo una leggenda», aveva sostenuto
che l’applicazione della legge islamica fra le comunità musulmane del Regno
Unito «è inevitabile», aveva pure detto che la «Chiesa cattolica ha perso
credibilità per lo scandalo dei preti pedofili»”. Eppure, era riuscito a
svolgere una funzione di mediazione fra gli anglicani. Fallendo, e non volendo
capitolare, su un punto: la riconciliazione con Roma. Adesso che molla per
raggiunti limiti di pazienza, liberali e conservatori s’inchinano a questo
intellettuale. Lui, Rowan Williams, sul successore butta lì una battuta-verità:
«Deve avere la forza di un bue e la pelle di un rinoceronte». Se la giocano, in
ordine: l’arcivescovo di York, l’ugandese John Sentamu, uno che ama lanciarsi
in caduta libera da 5 mila metri, il vescovo di Londra Richard Chartres amico
del principe Carlo, il vescovo di Bradford Nick Baines, blogger e fan di
Twitter, infine il vescovo di Leicester Tim Steven, un altro avversario della
politica economica di Cameron. Gli anglicani si conteranno per capire se
abbracciare un nuovo arcivescovo di Canterbury riformista o tradizionalista.
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