I poveri illusi dalla cocaina di Mario Iannaccone, 06-03-2012, http://www.labussolaquotidiana.it/
Che la cocaina non sia più la
droga da performance esclusiva delle classi alte, dei ricchi professionisti o
della gente di spettacolo non è notizia di oggi. Una recente inchiesta di
Repubblica (febbraio 2012) informa, come fosse una novità, che ora si “dopano”
di cocaina anche artigiani, infermieri, magazzinieri, camionisti o medici.
La cocaina è la droga da
performance più assunta del mondo da almeno trent’anni. I medici sono stati i
primi – come dimostrano i casi di Sigmund Freud o William Halsted – ma da tempo
si registra un aumento dei consumatori in categorie più umili. Dagli anni
Ottanta, solidi studi epidemiologici dimostrano che la cocaina è entrata nel
consumo di lavoratori e professionisti di tutte le categorie, dal magistrato
all’operaio specializzato. La variabile capace di cambiare la platea di consumo
nel breve periodo è il costo medio della dose da mezzo grammo. Quando i costi
della “striscia” aumentano temporaneamente per effetto del contrasto di
polizia, dei sequestri, dello smantellamento delle organizzazioni criminali che
gestiscono il traffico, i consumatori ripiegano su sostanze dagli effetti
simili alla cocaina come le anfetamine.
Negli ultimi dieci anni
l’estensione dell’uso abituale e non occasionale della cocaina si è estesa
ulteriormente alle categorie “più umili”, un tempo esenti da questo consumo. Lo
psichiatra Roberto Bertolli autore (con Fulvio Ravera) del libro Un fiume di
coca dichiara che “dopo i camionisti e i cottimisti, l’ultima novità sono gli
artigiani: idraulici, elettricisti, imbianchini” e persino operai della Fiat.
Questo si spiega in due modi: da un lato l’offerta capillare della droga nei
luoghi di svago (soprattutto discoteche), dall’altro la stabilizzazione del
prezzo verso il basso dopo brevi impennate verso l’alto. Nello studio
finanziato dall’ONU, The Transatlantic Cocaine Market, si rileva che il consumo
di cocaina negli ultimi dieci anni in Europa è raddoppiato e che è in gran
parte di origine colombiana. Un raddoppio si spiega non tanto con l’aumento
delle categorie implicate nel consumo ma, ancor più tragicamente, con l’aumento
del numero totale dei consumatori in ogni singola categoria.
Il successo delle operazioni di
polizia, che varia di anno in anno, non ha eliminato la quantità totale di
droga disponibile sui mercati europei. I trafficanti trovano sempre nuovi modi
per importarla dai paesi produttori (principalmente Colombia, Perù e Bolivia)
attraverso gli aeroporti e i porti marittimi così i costanti sequestri di
tonnellate di cocaina pura non riescono a diminuire significativamente
l’offerta della droga. Ciò significa che (come già per eroina e l’ecstasy)
l’opera di contrasto non potrà mai sradicare alla radice il problema. I
trafficanti cambiano accessi e sistemi di occultamento. Bisognerebbe controllare
miliardi di tonnellate di merci in entrata in Europa per contrastare davvero
l’importanzione della cocaina. Cosa impossibile.
I neurologi avvertono che il
consumo di cocaina regala l’illusione di innocuità per circa un anno, poi
arrivano i danni neurologici: cambiamento della personalità, sviluppo di
problemi psichiatrici e malattie mentali. Durante i primi tempi si potrà
aumentare anche la resistenza sul lavoro ma presto la droga presenta il conto.
Oltre ai danni neurologici, la cocaina provoca emicranie croniche, danni al
sistema circolatorio e al fegato, ictus e arresti cardiaci; essa porta (lo fa
ogni giorno) a situazioni cliniche tragiche ed irreversibili. Finché
esisteranno consumatori convinti di passare indenni attraverso questa
dipendenza, la lotta alla cocaina sarà sempre perdente.
L’unica, vera, soluzione, oltre
alle necessarie azioni di contrasto e investigazione, restano le campagne
informative capaci non tanto di “sensibilizzare” (non basta più) quanto di
impaurire, per far comprendere le devastazioni della cocaina. Recentemente ha
fatto molto discutere una campagna australiana contro il fumo i cui testimonial
sono persone la cui bocca è stata devastata dal cancro orale. Terribile a
vedersi. Anni fa fece scalpore una campagna contro la guida pericolosa nella
quale si mostravano le foto vere degli incidenti e i volti dei bambini e dei
giovani uccisi in quelle sciagure. Questa modalità di comunicazione diretta e
scioccante è continuata con risultati incoraggianti. Esse non piacciono a molti
perché turbano, sembrano poco civili ma ottengono effetti clamorosi per mutare
certi comportamenti.
Occorrerebbe anche in Italia una
vera campagna mediatica deterrente, che facesse leva non semplicemente sul
paternalistico “non drogarti”, perché non basta più. Bisogna riprodurre
situazioni reali, tragedie, malattie causate dall’uso continuo della cocaina.
Qualcosa che spaventi, che stimoli l’istinto di sopravvivenza. Non è più tempo
di delicatezze. È tempo di verità.
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