sabato 17 marzo 2012


la ricerca - Nanotech, dentro la materia una rivoluzione culturale - «Medicina, ambiente, elettronica: serve un uso responsabile» di Roberta Scorranese, 16 marzo 2012, http://www.corriere.it

Spesso le grandi idee nascono da intelligenti distrazioni. Come quella che, nel XVII secolo, indusse l'astronomo tedesco Johannes Kepler a distogliere gli occhi dalle stelle per osservare un minuscolo fiocco di neve. Lo scienziato si limitò ad annotare un dettaglio semplice ma essenziale: la sua armonia era dovuta alla disposizione di elementi minuscoli e uniformi, schierati secondo un ordine perfetto.

Si cominciava a «pensare in piccolo», punto di partenza delle ricerche sulle nanotecnologie. Certo, Democrito e gli atomisti avevano ipotizzato l'atomo secoli prima ma la base scientifica nasceva con la costante osservazione della natura. «Osservazione che continua ancora oggi - dice il professor Marcello Cacace, dell'Istituto di Materiali Nanostrutturati del CNR di Siena - e non smettiamo mai di meravigliarci». Per la grazia con cui il mondo lillipuziano attraversa la scala delle grandezze: parliamo di elementi di dimensioni inferiori ai cento nanometri, miliardesimi di metro. Ed è su questa architettura in piccola scala che la ricerca scientifica ha deciso di puntare. La Commissione europea è in prima linea: ogni anno ci investe dai 500 ai 600 milioni di euro. Con un piano di comunicazione, NanoChannels. «Una iniziativa - spiega Cristina Gabellieri, project Officer di NanoChannels - nell'ambito della strategia di comunicazione sulle Nanotecnologie della Commissione europea volto a promuovere informazione e dialogo sui benefici e l'uso responsabile di queste discipline, utilizzando vari mezzi di comunicazione: scuole, conferenze, radio e stampa». Ma perché in tanti ci scommettono?


«Perché è una nuova rivoluzione culturale - afferma Cacace - un radicale spostamento del punto di vista. È al tempo stesso un'analisi profonda della materia, isolando le sue componenti minime e un suo ridimensionamento. Vari i settori, dalla medicina alla difesa dell'ambiente, all'elettronica». Tecnicamente consiste nel manipolare atomi, molecole e agglomerati per costruire elementi infinitamente minuti. Ma è molto di più, è uno sguardo diverso sul mondo, un approccio che presuppone un atto di coraggio: saper pensare in piccolo. Se alcuni prodotti nano tecnologici sono ormai di uso comune (creme antirughe con molecole piccolissime, dentifrici ai nanocristalli, nanoparticelle d'argento nelle calze), oggi i progetti promossi dalla Commissione europea vanno oltre: si fanno nanocontenitori per veicolare i medicinali, si ricostruiscono i tessuti partendo dalla trama del legno, si creano elementi per una diagnostica accurata, nonché microchip sempre più piccoli. Ma è stato frutto di un percorso lento e difficile.
Medicina
La medicina è tra le applicazioni principali. «Specie la diagnostica - sottolinea Cacace - fa progressi». Micro strumenti per controllare da vicino l'effetto della terapia (soprattutto nel trattamento sui tumori), vettori piccolissimi che rilasciano farmaci, insomma l'utilizzo dell'infinitamente piccolo per agire con precisione sui punti interessati. Prendiamo Teresa Pellegrino, dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (nonché dell'Istituto di Nanoscienze del CNR di Lecce), a capo del progetto Magnifyco: realizza nanocontenitori magnetici per il «trasporto» di farmaci antitumorali. «Combiniamo l'effetto dell'ipertermia con rilascio controllato del medicinale - spiega Pellegrino - e siamo in grado di monitorare la risposta al trattamento con maggiore precisione. Lavoriamo in particolare sulle cellule del tumore ovarico».
Il progetto Vibrant, finanziato da Bruxelles e coordinato dal tedesco Theo Schotten, invece, sviluppa un sistema basato sulle nanotecnologie per la diagnosi o la terapia del diabete. Il programma Nanother guidato dallo spagnolo Pedro Heredia sviluppa nanovettori in grado di andare a «scovare» le cellule malate e veicolare i farmaci con due tipi di nanoparticelle. Con questi metodi, secondo molti specialisti, si risolvono diversi problemi legati agli effetti collaterali delle cure contro i tumori, come la chemioterapia. Certo, il cammino è ancora lungo: i test sono difficili e il lancio di un brevetto qualche volta richiede una tempestività che non coincide con i tempi della ricerca.


L’impermeabilità di alcuni campioni di cuoio coperti da microcapsule testata nei laboratori Bayer di Leverkusen, in Germania
Ambiente
Il cammino delle nanotecnologie è lento, paziente, meditato. Dalla felice intuizione del fisico Richard Feynman (che alla fine degli anni Cinquanta disse: «I principi della fisica non impediscono di manipolare le cose atomo per atomo») sono trascorsi anni, mondi, quasi epoche. Così oggi queste ricerche aiutano anche in una delle sfide più complesse: la salvaguardia dell'ambiente. Il progetto New ED, per dire, che unisce il lavoro di scienziati europei e israeliani, mira alla purificazione dell'acqua. Ma le ricerche sull'ambiente sono tante, diversificate: materiali polimerici per la produzione di imballaggi eco-compatibili, vernici protettive non inquinanti. Per esempio il piano N2P (www.n2p-project.eu/ ) in cui si va a modificare la struttura dei pannelli solari migliorandone notevolmente le potenzialità. E poi ci sono cementi per l'edilizia che catturano gli elementi inquinanti, rivestimenti ecologici. Ma il principio resta sempre quello: realizzare oggetti più piccoli, con minore spreco di risorse, di rifiuti ed emissioni. Anche se rimane il problema dei costi nella produzione di nanomateriali (come le nanofibre in carbonio), un nodo che la ricerca tenta di sciogliere da tempo.
Elettronica
Sono passati solo trentasette anni da quando l'ingegnere americano Kim E. Drexler, parlò di «tecnologia a livello molecolare», coniando il termine «nanomacchina». Oggi la scienza dell'infinitamente piccolo fa parte della nostra vita quotidiana, con cellulari di ultima generazione, chip sempre più minuti ed efficienti, monitor sofisticati. Ma ci sono anche i progetti più elaborati, come Multiflexioxides, coordinato da Rodrigo Martins. I ricercatori sviluppano sottili pellicole di ceramica (contenenti ossidi a più componenti) che permettono di produrre dispositivi elettronici economici, ecosostenibili e ad elevate prestazioni. C'è anche il progetto CARBonCHIP, capitanato da Caroline Whelan, che combina i vantaggi dei nanotubi di carbonio con la tecnologia del silicio, per produrre materiali ad alta capacità di trasporto di corrente.
La rincorsa all'infinitamente piccolo è lastricata di domande, discussioni, dubbi. Quali saranno le reali ricadute sull'ambiente? E i rendimenti saranno in grado di riequilibrare i costi di questi investimenti? È presto per dirlo ma una cosa è certa: imparare a sentirsi nani sulle spalle dei giganti, come diceva Bernardo di Chartres, è un esercizio che impone disciplina costante. E una consapevolezza: quel che sembra così nuovo, in fondo, ci sta accanto da secoli. Guardiamo le vetrate di alcune cattedrali: assumono differenti colori a seconda di alcune minuscole particelle di oro contenute nella struttura. Tutto si trasforma, dunque, con la necessaria umiltà.

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