la ricerca - Nanotech, dentro la materia una rivoluzione culturale - «Medicina,
ambiente, elettronica: serve un uso responsabile» di Roberta Scorranese, 16
marzo 2012, http://www.corriere.it
Spesso le grandi idee nascono da
intelligenti distrazioni. Come quella che, nel XVII secolo, indusse l'astronomo
tedesco Johannes Kepler a distogliere gli occhi dalle stelle per osservare un
minuscolo fiocco di neve. Lo scienziato si limitò ad annotare un dettaglio
semplice ma essenziale: la sua armonia era dovuta alla disposizione di elementi
minuscoli e uniformi, schierati secondo un ordine perfetto.
Si cominciava a «pensare in
piccolo», punto di partenza delle ricerche sulle nanotecnologie. Certo,
Democrito e gli atomisti avevano ipotizzato l'atomo secoli prima ma la base
scientifica nasceva con la costante osservazione della natura. «Osservazione
che continua ancora oggi - dice il professor Marcello Cacace, dell'Istituto di
Materiali Nanostrutturati del CNR di Siena - e non smettiamo mai di
meravigliarci». Per la grazia con cui il mondo lillipuziano attraversa la scala
delle grandezze: parliamo di elementi di dimensioni inferiori ai cento
nanometri, miliardesimi di metro. Ed è su questa architettura in piccola scala
che la ricerca scientifica ha deciso di puntare. La Commissione europea è in
prima linea: ogni anno ci investe dai 500 ai 600 milioni di euro. Con un piano
di comunicazione, NanoChannels. «Una iniziativa - spiega Cristina Gabellieri,
project Officer di NanoChannels - nell'ambito della strategia di comunicazione
sulle Nanotecnologie della Commissione europea volto a promuovere informazione
e dialogo sui benefici e l'uso responsabile di queste discipline, utilizzando
vari mezzi di comunicazione: scuole, conferenze, radio e stampa». Ma perché in
tanti ci scommettono?
«Perché è una nuova rivoluzione
culturale - afferma Cacace - un radicale spostamento del punto di vista. È al
tempo stesso un'analisi profonda della materia, isolando le sue componenti
minime e un suo ridimensionamento. Vari i settori, dalla medicina alla difesa
dell'ambiente, all'elettronica». Tecnicamente consiste nel manipolare atomi,
molecole e agglomerati per costruire elementi infinitamente minuti. Ma è molto
di più, è uno sguardo diverso sul mondo, un approccio che presuppone un atto di
coraggio: saper pensare in piccolo. Se alcuni prodotti nano tecnologici sono
ormai di uso comune (creme antirughe con molecole piccolissime, dentifrici ai
nanocristalli, nanoparticelle d'argento nelle calze), oggi i progetti promossi
dalla Commissione europea vanno oltre: si fanno nanocontenitori per veicolare i
medicinali, si ricostruiscono i tessuti partendo dalla trama del legno, si
creano elementi per una diagnostica accurata, nonché microchip sempre più
piccoli. Ma è stato frutto di un percorso lento e difficile.
Medicina
La medicina è tra le applicazioni
principali. «Specie la diagnostica - sottolinea Cacace - fa progressi». Micro
strumenti per controllare da vicino l'effetto della terapia (soprattutto nel
trattamento sui tumori), vettori piccolissimi che rilasciano farmaci, insomma
l'utilizzo dell'infinitamente piccolo per agire con precisione sui punti
interessati. Prendiamo Teresa Pellegrino, dell'Istituto Italiano di Tecnologia
di Genova (nonché dell'Istituto di Nanoscienze del CNR di Lecce), a capo del
progetto Magnifyco: realizza nanocontenitori magnetici per il «trasporto» di
farmaci antitumorali. «Combiniamo l'effetto dell'ipertermia con rilascio
controllato del medicinale - spiega Pellegrino - e siamo in grado di monitorare
la risposta al trattamento con maggiore precisione. Lavoriamo in particolare
sulle cellule del tumore ovarico».
Il progetto Vibrant, finanziato
da Bruxelles e coordinato dal tedesco Theo Schotten, invece, sviluppa un
sistema basato sulle nanotecnologie per la diagnosi o la terapia del diabete.
Il programma Nanother guidato dallo spagnolo Pedro Heredia sviluppa nanovettori
in grado di andare a «scovare» le cellule malate e veicolare i farmaci con due
tipi di nanoparticelle. Con questi metodi, secondo molti specialisti, si
risolvono diversi problemi legati agli effetti collaterali delle cure contro i
tumori, come la chemioterapia. Certo, il cammino è ancora lungo: i test sono
difficili e il lancio di un brevetto qualche volta richiede una tempestività
che non coincide con i tempi della ricerca.
L’impermeabilità di alcuni
campioni di cuoio coperti da microcapsule testata nei laboratori Bayer di
Leverkusen, in Germania
Ambiente
Il cammino delle nanotecnologie è
lento, paziente, meditato. Dalla felice intuizione del fisico Richard Feynman
(che alla fine degli anni Cinquanta disse: «I principi della fisica non
impediscono di manipolare le cose atomo per atomo») sono trascorsi anni, mondi,
quasi epoche. Così oggi queste ricerche aiutano anche in una delle sfide più
complesse: la salvaguardia dell'ambiente. Il progetto New ED, per dire, che
unisce il lavoro di scienziati europei e israeliani, mira alla purificazione
dell'acqua. Ma le ricerche sull'ambiente sono tante, diversificate: materiali
polimerici per la produzione di imballaggi eco-compatibili, vernici protettive
non inquinanti. Per esempio il piano N2P (www.n2p-project.eu/ ) in cui si va a
modificare la struttura dei pannelli solari migliorandone notevolmente le
potenzialità. E poi ci sono cementi per l'edilizia che catturano gli elementi
inquinanti, rivestimenti ecologici. Ma il principio resta sempre quello:
realizzare oggetti più piccoli, con minore spreco di risorse, di rifiuti ed
emissioni. Anche se rimane il problema dei costi nella produzione di
nanomateriali (come le nanofibre in carbonio), un nodo che la ricerca tenta di
sciogliere da tempo.
Elettronica
Sono passati solo trentasette
anni da quando l'ingegnere americano Kim E. Drexler, parlò di «tecnologia a
livello molecolare», coniando il termine «nanomacchina». Oggi la scienza
dell'infinitamente piccolo fa parte della nostra vita quotidiana, con cellulari
di ultima generazione, chip sempre più minuti ed efficienti, monitor
sofisticati. Ma ci sono anche i progetti più elaborati, come Multiflexioxides,
coordinato da Rodrigo Martins. I ricercatori sviluppano sottili pellicole di
ceramica (contenenti ossidi a più componenti) che permettono di produrre
dispositivi elettronici economici, ecosostenibili e ad elevate prestazioni. C'è
anche il progetto CARBonCHIP, capitanato da Caroline Whelan, che combina i
vantaggi dei nanotubi di carbonio con la tecnologia del silicio, per produrre
materiali ad alta capacità di trasporto di corrente.
La rincorsa all'infinitamente
piccolo è lastricata di domande, discussioni, dubbi. Quali saranno le reali
ricadute sull'ambiente? E i rendimenti saranno in grado di riequilibrare i
costi di questi investimenti? È presto per dirlo ma una cosa è certa: imparare
a sentirsi nani sulle spalle dei giganti, come diceva Bernardo di Chartres, è
un esercizio che impone disciplina costante. E una consapevolezza: quel che
sembra così nuovo, in fondo, ci sta accanto da secoli. Guardiamo le vetrate di
alcune cattedrali: assumono differenti colori a seconda di alcune minuscole
particelle di oro contenute nella struttura. Tutto si trasforma, dunque, con la
necessaria umiltà.
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