martedì 6 marzo 2012


Sottolineare la differenza tra l’uomo e l’animale è sempre più necessario, 5 marzo, 2012, http://www.uccronline.it/

Esiste oggi una forma di animalismo sfrenato che è davvero deleteria. Non si parla certo di chi difende e protegge gli animali dalla inutile violenza, cosa di grande valore e sensibilità, ma l’accusa è verso quella forma di fanatismo che diventa un vero accanimento verso l’uomo, ritenuto “cancro del pianeta”, un ritorno al panteismo o alla devozione di una Terra Madre (Gea). Ovviamente la componente laicista della società ne approfitta per diffondere il riduzionismo dell’uomo all’animale, si veda ad esempio il pensiero di Singer, Dawkins, Zapatero, Hack, Veronesi. Proprio quest’ultimo ha parlato qualche giorno fa di scimmie come «nostri fratelli e sorelle». Il loro scopo è sempre lo stesso: denigrare la Creatura per negare il Creatore. Contro questo isterico eco-animalismo si è scagliato di recente il filosofo laico Fernando Savater.
E’ evidente che oggi, purtroppo, difendere l’eccezionalità dell’uomo viene oggi visto come una discriminazione diretta degli animali, un preludio per una loro discriminazione. Ma questa è una deduzione folle e completamente ingiustificata: esistono tantissimi cattolici vegani, vegetariani e ambientalisti e con maggiore sensibilità di altri circa le sorti del Creato. Cattolici che si battono per interrompere le crudeltà verso i suini e cattolici che propongono l’ambientalismo blu , altri invece che preferiscono usare il loro tempo per assistere gli uomini, i bambini, gli anziani e gli ammalati. Ognuno fa il suo, senza nessuno fondamentalismo, senza voler paragonare l’uomo all’animale (anzi, solo certi animali, quelli più teneri) o estendere loro i diritti umani. Questa è pura antropomorfizzazione.

In proposito, il filosofo Tommaso Scandroglio ha ottimamente commentato  una recente vicenda giudiziaria tra alcune orche e i proprietari di tre grandi parchi acquatici americani. Gli avvocati di Peta (People for Etichal Treatment of Animals) hanno trascinato in giudizio questi ultimi perché le orche sono ridotte in schiavitù dato che sono state tolte dal loro ambiente naturale, sono costrette a nuotare in piccole vasche e obbligate – come se fossero lavori forzati – ad esibirsi per il divertimento di noi uomini. Questo cozzerebbe con il 13° emendamento della Costituzione americana che vieta la schiavitù e i lavori forzati. Le orche, dicono, non devono essere lese nella loro libertà “personale”, ma devono far ritorno nell’Oceano. I giudici hanno tuttavia respinto la richiesta stabilendo che l’emendamento si applica solo agli esseri umani: «Nella storica frase “We the people…” (“Noi, il popolo…”) nessuno alludeva alle orche». Attenzione: certamente ci sono situazioni in cui in questi parchi acquatici gli animali vengono maltrattati, e quindi è opportuno vigilare come fanno questi attivisti, ma è la strategia usata ad essere assurda, proprio in quanto si è tentato di difendere gli animali paragonandoli agli uomini.

Il filosofo ha fatto alcune considerazioni molto interessanti da cui abbiamo preso spunto per smontare questa ideologia fanta-ecologista disumana, nel vero senso della parola.

1) PERCHE’ SOLO ALCUNI ANIMALI? PERCHE’ NON LE PIANTE?  “Le orche hanno dei diritti”, dicono. E’ possibile essere d’accordo, ma a patto che per non discriminare nessuno dovremmo riconoscere dei diritti non solo ai tenerissimi panda, ma anche a pulci, zecche, pidocchi, ragni, piccioni, topi, scarafaggi, formiche, mosche, zanzare ecc. Ma anche i batteri appartengono al regno animali, dunque se l’animale vale quanto l’uomo dovremmo smettere di curarci l’influenza o l’HIV? Bisognerebbe che questi militanti smettessero anche di girare a piedi o in auto per le loro battaglie, dato che ogni loro movimento comporta il massacro di milioni di animali (sotto le scarpe, sul parabrezza ecc.). E perché poi discriminare le piante? Questi fanatici, aggressivi verso chi non è vegetariano, fanno scorpacciata di vegetali, anche se è dimostrato che vi sia in essi  attività neurologica e, addirittura, gli ortaggi comunicherebbero tra loro lanciandosi richieste di aiuto. Magari quando scorgono in lontananza Michela Brambilla o Margherita Hack? Il diritto delle piante dove va a finire?

2) ESTENDERE LORO ANCHE DIRITTI MINORI? Se le orche hanno diritto alla libertà ciò comporta necessariamente riconoscere riconoscere loro anche diritti minori o di pari importanza: diritto di compravendita, di voto, alla pensione, di coniugio, etc. Tutte modalità attraverso cui la libertà di un individuo si esprime e che quindi non possono essere negate.

3) RICADUTE TRAGICOMICHE? Se la sentenza americana avesse avuto esito positivo le ricadute sarebbero state tragicomiche: obbligo di tutti i possessori di bocce in vetro contenenti pesci rossi di sversare il contenuto in mare o nel lago. Anche cardellini, fringuelli, pappagalli e canarini avrebbero visto aprirsi le porte delle loro gabbiette a motivo di questo animalesco indulto (per entrambe le specie ovviamente il risultato sarebbe stato la morte improvvisa dato che sono animali domestici). Da qui ovviamente il divieto perpetuo di trasmettere il cartone animato Gatto Silvestro perché il canarino Titty dietro le sbarre avrebbe sicuramente configurato apologia di reato. Infine il dubbio: forse che anche l’amato cane Fido implicitamente ci chiede di lasciarlo in mezzo ad una strada per ritornare libero allo stato brado condizione originaria dei suoi lontani progenitori, piuttosto che restare legato ad un guinzaglio impacchettato in un maglioncino rosso. Però se lo facessimo saremmo di certo travolti dall’ira di una pletore di animalisti convinti. Insomma ci troveremmo tra due fuochi: Fido libero o ridotto in schiavitù ma non abbandonato? Un’altra domanda: ama di più i pesci o i pappagalli chi li tiene nell’acquario/gabbietta o chi li lascia liberi nel loro ambiente?

4) AVERE DEI DIRITTI COMPORTA DEI DOVERI Se vogliamo estendere agli animali i diritti destinati agli uomini, questa stessa libertà per forza di cose comporterà delle responsabilità. Da che mondo è mondo se io uomo uso male della mia libertà dovrò pagarne le conseguenze: libero di andare in giro in auto, ma se investo una persona me ne assumerò le conseguenze anche legali. La dolce Tilly, una di queste cinque orche, in passato ha sbranato ben due dei suoi addestratori. Nulla di scandaloso: ci sarà pur un motivo se questi cetacei in inglese sono conosciuti con l’appellativo di killer whales. Essendo in America però la nostra Tilly si meriterebbe un’immensa sedia elettrica. In Italia, a Livorno, un branco di cani ha sbranato in questi giorni un camionista, padre di famiglia. Un cane non randagio, addomesticato e “amico dell’uomo” ha massacrato un bimbo di 9 anni nel 2008, nel 2009 la stessa sorte è toccata a un bimbo di un anno, pochi mesi fa un neonato è morto dopo l’aggressione del cane dei genitori. Di fronte a tutto questo, chi invocasse la scriminante “l’animale è innocente perché è l’istinto ad averlo costretto ad agire così”, entrerebbe in palese contraddizione:  se è l’istinto a presiedere alle azioni degli animali, allora dobbiamo concludere che i loro atti sono determinati da madre natura e quindi non sono liberi, come quelli umani. Ma allora significa che cagnolini e orche sono schiavi dell’istinto. E dunque, che senso ha berciare tanto nel difendere i loro diritti “umani” di libertà? Oppure vale anche il contrario: dato che si vuole ridurre l’uomo ad un animale sociale, come la formica o la scimmia, perché non esigiamo che il trattamento di impunità riservato agli animali sia esteso anche agli assassini della nostra specie?

In questo periodo storico in cui ci si batte così tanto per valorizzare le differenze quando si parla di omosessualità, esiste una violenta oppressione verso chi valorizza la differenza tra uomini e animali o, nel campo umano, tra maschi e femmine. Un altro incredibile paradosso?

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