Papa: "Accogliere sempre la vita, anche quando è debole e
malata", 3/01/2012, http://vaticaninsider.lastampa.it
Benedetto XVI
Il messaggio di Benedetto XVI per
la XX Giornata del malato che si celebrerà l’11 febbraio
Roma
«Nell’accoglienza generosa e
amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il
cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica,
sull’esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e
spirituali dell’uomo per guarirle».
Nel testo del messaggio, diffuso
oggi, Benedetto XVI esprime la propria «spirituale vicinanza a tutti i malati
che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a
ciascuno la sollecitudine e l’affetto di tutta la Chiesa» e ricorda come «il
momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di
abbandonarsi allo scoraggiamento alla disperazione, si trasforma in tempo di
grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola,
ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la
nostalgia dell’abbraccio del Padre e ripercorrere il cammino verso la sua
Casa».
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA XX GIORNATA MONDIALE DEL
MALATO (11 FEBBRAIO 2012), 03.01.2012
Pubblichiamo di seguito il
Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI in occasione della XX Giornata Mondiale
del Malato, che come di consueto si celebra l’11 febbraio, nella ricorrenza
della memoria della Beata Vergine di Lourdes:
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
«Àlzati e va'; la tua fede ti ha
salvato!» (Lc 17,19)
Cari fratelli e sorelle!
In occasione della Giornata
Mondiale del Malato, che celebreremo il prossimo 11 febbraio 2012, memoria
della Beata Vergine di Lourdes, desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza
a tutti i malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle
famiglie, esprimendo a ciascuno la sollecitudine e l'affetto di tutta la
Chiesa.
Nell'accoglienza generosa e
amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il
cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica,
sull'esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e
spirituali dell'uomo per guarirle.
1. In quest'anno, che costituisce
la preparazione più prossima alla Solenne Giornata Mondiale del Malato che si
celebrerà in Germania l'11 febbraio 2013 e che si soffermerà sull'emblematica
figura evangelica del samaritano (cfr Lc 10,29-37), vorrei porre l'accento sui
«Sacramenti di guarigione», cioè sul Sacramento della Penitenza e della
Riconciliazione, e su quello dell'Unzione degli Infermi, che hanno il loro
naturale compimento nella Comunione Eucaristica.
L'incontro di Gesù con i dieci
lebbrosi, narrato nel Vangelo di san Luca (cfr Lc 17, 11-19), in particolare le
parole che il Signore rivolge ad uno di questi: «Àlzati e va'; la tua fede ti
ha salvato!» (v. 19), aiutano a prendere coscienza dell'importanza della fede
per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al
Signore. Nell'incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non
è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce
e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel
profondo il nostro cuore (cfr Mc 2 , 1-12).
La fede di quell'unico lebbroso
che, vedendosi sanato, pieno di stupore e di gioia, a differenza degli altri,
ritorna subito da Gesù per manifestare la propria riconoscenza, lascia
intravedere che la salute riacquistata è segno di qualcosa di più prezioso
della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso
Cristo; essa trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato.
Chi, nella propria sofferenza e
malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e
che anche l'amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera
salvifica, non viene mai meno. La guarigione fisica, espressione della salvezza
più profonda, rivela così l'importanza che l'uomo, nella sua interezza di anima
e di corpo, riveste per il Signore. Ogni Sacramento, del resto, esprime e attua
la prossimità di Dio stesso, il Quale, in modo assolutamente gratuito, «ci
tocca per mezzo di realtà materiali …, che Egli assume al suo servizio,
facendone strumenti dell'incontro tra noi e Lui stesso» (Omelia, S. Messa del
Crisma, 1 aprile 2010). «L'unità tra creazione e redenzione si rende visibile.
I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia
corpo e anima, l'uomo intero» (Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011).
Il compito principale della
Chiesa è certamente l'annuncio del Regno di Dio, «ma proprio questo stesso
annuncio deve essere un processo di guarigione: "... fasciare le piaghe
dei cuori spezzati" (Is 61,1)» (ibid.), secondo l'incarico affidato da
Gesù ai suoi discepoli (cfr Lc 9,1-2; Mt 10,1.5-14; Mc 6 ,7-13). Il binomio tra
salute fisica e rinnovamento dalle lacerazioni dell'anima ci aiuta quindi a
comprendere meglio i «Sacramenti di guarigione».
2. Il Sacramento della Penitenza
è stato spesso al centro della riflessione dei Pastori della Chiesa, proprio a
motivo della grande importanza nel cammino della vita cristiana, dal momento
che «tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di
Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia» (Catechismo della Chiesa
Cattolica, 1468). La Chiesa, continuando l'annuncio di perdono e di
riconciliazione fatto risuonare da Gesù, non cessa di invitare l'umanità intera
a convertirsi e a credere al Vangelo. Essa fa proprio l'appello dell'apostolo Paolo:
«In nome di Cristo ... siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che
esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2
Cor 5,20). Gesù, nella sua vita, annuncia e rende presente la misericordia del
Padre. Egli è venuto non per condannare, ma per perdonare e salvare, per dare
speranza anche nel buio più profondo della sofferenza e del peccato, per donare
la vita eterna; così nel Sacramento della Penitenza, nella «medicina della
confessione», l'esperienza del peccato non degenera in disperazione, ma
incontra l'Amore che perdona e trasforma (cfr GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap.
postsin. Reconciliatio et Paenitentia, 31).
Dio, «ricco di misericordia» (Ef
2,4), come il padre della parabola evangelica (cfr Lc 15, 11-32), non chiude il
cuore a nessuno dei suoi figli, ma li attende, li cerca, li raggiunge là dove
il rifiuto della comunione imprigiona nell'isolamento e nella divisione, li
chiama a raccogliersi intorno alla sua mensa, nella gioia della festa del
perdono e della riconciliazione. Il momento della sofferenza, nel quale
potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla
disperazione, può trasformarsi così in tempo di grazia per rientrare in se
stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita,
riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell'abbraccio del
Padre e ripercorrere il cammino verso la sua Casa. Egli, nel suo grande amore,
sempre e comunque veglia sulla nostra esistenza e ci attende per offrire ad
ogni figlio che torna da Lui, il dono della piena riconciliazione e della
gioia.
3. Dalla lettura dei Vangeli,
emerge chiaramente come Gesù abbia sempre mostrato una particolare attenzione
verso gli infermi. Egli non solo ha inviato i suoi discepoli a curarne le
ferite (cfr Mt 10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito per loro un
Sacramento specifico: l'Unzione degli Infermi. La Lettera di Giacomo attesta la
presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr
5,14-16): con l'Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei
presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e
glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi
spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al
bene del Popolo di Dio.
Tale Sacramento ci porta a
contemplare il duplice mistero del Monte degli Ulivi, dove Gesù si è trovato
drammaticamente davanti alla via indicatagli dal Padre, quella della Passione,
del supremo atto di amore, e l'ha accolta. In quell'ora di prova, Egli è il
mediatore, «trasportando in sé, assumendo in sé la sofferenza e la passione del
mondo, trasformandola in grido verso Dio, portandola davanti agli occhi e nelle
mani di Dio, e così portandola realmente al momento della Redenzione» (Lectio
divina, Incontro con il Clero di Roma, 18 febbraio 2010). Ma «l'Orto degli
Ulivi è ... anche il luogo dal quale Egli è asceso al Padre, è quindi il luogo
della Redenzione ... Questo duplice mistero del Monte degli Ulivi è anche
sempre "attivo" nell'olio sacramentale della Chiesa ... segno della
bontà di Dio che ci tocca» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010).
Nell'Unzione degli Infermi, la materia sacramentale dell'olio ci viene offerta,
per così dire, «quale medicina di Dio ... che ora ci rende certi della sua
bontà, ci deve rafforzare e consolare, ma che, allo stesso tempo, al di là del
momento della malattia, rimanda alla guarigione definitiva, alla risurrezione
(cfr Gc 5,14)» (ibid.).
Questo Sacramento merita oggi una
maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell'azione
pastorale presso i malati. Valorizzando i contenuti della preghiera liturgica
che si adattano alle diverse situazioni umane legate alla malattia e non solo
quando si è alla fine della vita (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1514),
l'Unzione degli Infermi non deve essere ritenuta quasi «un sacramento minore»
rispetto agli altri. L'attenzione e la cura pastorale verso gli infermi, se da
un lato è segno della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza, dall'altro
arreca vantaggio spirituale anche ai sacerdoti e a tutta la comunità cristiana,
nella consapevolezza che quanto è fatto al più piccolo, è fatto a Gesù stesso
(cfr Mt 25,40).
4. A proposito dei «Sacramenti di
guarigione» S. Agostino afferma: «Dio guarisce tutte le tue infermità. Non
temere dunque: tutte le tue infermità saranno guarite... Tu devi solo
permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue mani» (Esposizione sul
Salmo 102, 5: PL 36, 1319-1320). Si tratta di mezzi preziosi della Grazia di
Dio, che aiutano il malato a conformarsi sempre più pienamente al Mistero della
Morte e Risurrezione di Cristo. Assieme a questi due Sacramenti, vorrei
sottolineare anche l'importanza dell'Eucaristia. Ricevuta nel momento della
malattia contribuisce, in maniera singolare, ad operare tale trasformazione,
associando colui che si nutre del Corpo e del Sangue di Gesù all'offerta che
Egli ha fatto di Se stesso al Padre per la salvezza di tutti. L'intera comunità
ecclesiale, e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione
nell'assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione
sacramentale a coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi
nei luoghi di culto. In tal modo, a questi fratelli e sorelle viene offerta la
possibilità di rafforzare il rapporto con Cristo crocifisso e risorto,
partecipando, con la loro vita offerta per amore di Cristo, alla missione
stessa della Chiesa. In questa prospettiva, è importante che i sacerdoti che
prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le
abitazioni dei malati si sentano veri «"ministri degli infermi",
segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo
segnato dalla sofferenza» (Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale del Malato,
22 novembre 2009).
La conformazione al Mistero
Pasquale di Cristo, realizzata anche mediante la pratica della Comunione
spirituale, assume un significato del tutto particolare quando l'Eucaristia è
amministrata e accolta come viatico. In quel momento dell'esistenza risuonano
in modo ancora più incisivo le parole del Signore: «Chi mangia la mia carne e
beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno»
(Gv 6,54). L'Eucaristia, infatti, soprattutto come viatico è - secondo la
definizione di sant'Ignazio d'Antiochia - «farmaco di immortalità, antidoto
contro la morte» (Lettera agli Efesini, 20: PG 5, 661), sacramento del
passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre, che tutti attende
nella Gerusalemme celeste.
5. Il tema di questo Messaggio
per la XX Giornata Mondiale del Malato, «Àlzati e va'; la tua fede ti ha
salvato!», guarda anche al prossimo «Anno della fede», che inizierà l'11
ottobre 2012, occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la
bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella
vita di ogni giorno (cfr Lett. ap. Porta fidei, 11 ottobre 2011). Desidero
incoraggiare i malati e i sofferenti a trovare sempre un'ancora sicura nella
fede, alimentata dall'ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e
dai Sacramenti, mentre invito i Pastori ad essere sempre più disponibili alla
loro celebrazione per gli infermi. Sull'esempio del Buon Pastore e come guide
del gregge loro affidato, i sacerdoti siano pieni di gioia, premurosi verso i
più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l'infinita misericordia di
Dio con le parole rassicuranti della speranza (cfr S. AGOSTINO, Lettera 95, 1:
PL 33, 351-352).
A quanti operano nel mondo della
salute, come pure alle famiglie che nei propri congiunti vedono il Volto
sofferente del Signore Gesù, rinnovo il ringraziamento mio e della Chiesa,
perché, nella competenza professionale e nel silenzio, spesso anche senza
nominare il nome di Cristo, Lo manifestano concretamente (cfr Omelia, S. Messa
del Crisma, 21 aprile 2011).
A Maria, Madre di Misericordia e
Salute degli Infermi, eleviamo il nostro sguardo fiducioso e la nostra
orazione; la sua materna compassione, vissuta accanto al Figlio morente sulla
Croce, accompagni e sostenga la fede e la speranza di ogni persona ammalata e
sofferente nel cammino di guarigione dalle ferite del corpo e dello spirito.
A tutti assicuro il mio ricordo
nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 20 novembre 2011,
Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo.
BENEDICTUS PP XVI
© Copyright 2011 - Libreria
Editrice Vaticana
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