giovedì 5 gennaio 2012


Anche l'ONU cerca di promuovere i diritti GLBT di Stefano Gennari, 05-01-2012, http://www.labussolaquotidiana.it

Passano solo pochi giorni da quando l’Amministrazione statunitense retta da Barack Obama decide di eleggere la promozione dei diritti di omosessuali e transessuali a priorità di politica estera e la Nazioni Unite gli vanno appresso. Lo documenta questa corrispondenza, pubblicata originariamente su Friday Fax, la newsletter settimanale di C-Fam: Catholic Family & Human Rights Institute, fondato e diretto a Washington da Austin Ruse.

Ginevra - Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite apre uno spiraglio per chi, dentro i meccanismi che al Palazzo di Vetro si occupano di tutela dei diritti umani, mira a promuovere e a favorire i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ovvero la comunità definita internazionalmente con la sigla GLBT (all’inglese LGBT), ponendosi obiettivi che vanno ben oltre  la semplice tolleranza.
Il rapporto, prodotto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, riguarda «le pratiche e gli atti di violenza perpetrati contro individui a motivo del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere», e ottempera a una risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (HRC) approvata in giugno con una maggioranza di soli 4 voti.

Il rapporto, di 25 pagine, prende in considerazione un ventaglio di situazioni-tipo, ma si spinge oltre la richiesta di rinunciare a ogni tipo di violenza contro persone GLBT, che di per sé sarebbe consa commendevole. Quel documento invoca infatti il riconoscimento di diritti GLBT completamente nuovi, sostenendo che proprio il non farlo costituirebbe discriminazione.

«La criminalizzazione di atti omosessuali tra privati consenzienti», si legge nelle sue pagine, «viola il diritto della persona alla privacy e alla non-discriminazione, e apre una crepa nella legislazione internazionale sulla tutela dei diritti umani». Il rapporto afferma infatti che, a norma di diritto internazionale, «le coppie omosessuali non sposate debbono essere trattate allo stesso modo e garantite nel godimento dei medesimi benefici delle coppie eterosessuali non sposate», auspicando quindi che gli Stati «facilitino il riconoscimento giuridico della scelta di gender operata dalle persone transgender».

Ora, malgrado gli attivisti gay lo abbiano immediatamente salutato come assolutamente innovativo, in realtà il rapporto non spiana affatto la strada ad alcun diritto GLBT.
Le nuove asserzioni che esso contiene non trovano infatti alcun fondamento nel diritto internazionale. Ripetono solo pappagallescamente altri elementi presenti nel mare di carte prodotte dall’ONU sui diritti umani, quelli che mirano a creare obblighi nuovi a cui poi piegare gli Stati membri senza però avere l’autorità per farlo. Non essendo un documento vincolante, infatti, il citato rapporto non può materialmente promuovere alcun diritto GLBT. Per di più, nessun trattato delle Nazioni Unite menziona diritti GLBT.

Del resto, è del tutto improbabile che la situazione cambi in tempi brevi. Qualsiasi menzione diretta di questioni GLBT dentro organismi delle Nazioni Unite, figuriamoci i diritti, incontra infatti sempre l’opposizione ferma di più della metà dei 192 suoi Stati membri. Nel corso della più recente sessione di lavoro dell’Assemblea Generale, gli Stati membri dell’ONU facenti parte dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC), che afferma di rappresentare due miliardi di musulmani nel mondo, ha condannato l’Ufficio dell’Alta Commissione per avere menzionato l’orientamento sessuale e l’identità di genere. E quando il medesimo tema venne alla ribalta, nei mesi precedenti, al Consiglio per i diritti umani, anche il gruppo dei Paesi africani protestò.

Eppure, malgrado tutto ciò, il rapporto resta comunque significativo, se non altro sul piano storico. Mai si è infatti assistito a una tale esposizione sistematica dell’agenda per la promozione dei diritti GLBT dentro l’intero sistema delle Nazioni Unite. Da questo punto di vista, il rapporto si pone dunque come un compendio di legislazione soft a uso dei promotori di tali diritti.

L’Ufficio del Consiglio per i diritti umani, che è autore del rapporto, si sta insomma ponendosi come la punta di diamante della promozione del diritti GLBT dentro le Nazioni Unite e all’argomento dedica persino una pagina specifica del proprio sito Internet. Proprio quell’Ufficio sostiene infatti che le protezioni dalla discriminazione presenti nella legislazione internazionale debbono essere interpretate inclusivamente in modo da comprendere anche il ceto GLBT…

E invece, mentre possono essere facilmente interpretate come tutelanti qualsiasi persona umana (incluse quelle GLBT) dalla violenza, le provvisioni antidiscriminatorie del diritto internazionale non possono essere affatto usate con disinvoltura per eliminare tutte le distinzioni giuridiche  tradizionalmente basate sulla differenza tra uomo e donna quali la sessualità distinta e il matrimonio. Né le si può adoperare per abolire il potere degli Stati sovrani a legiferare su questioni di morale e di salute pubbliche.

Il Consiglio per i diritti umani tornerà a occuparsi del rapporto a marzo. Sarà allora che potrà lanciare nuove iniziative tese a rialzare il tiro sulla questione dei diritti GLBT dentro le strutture che al Palazzo di Vetro si occupano di diritti umani.

Traduzione di Marco Respinti dell’articolo UN Report Tries Unsuccessfully to Create New LBGT Rights.

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