Nigeria, ultimatum ai cristiani, 04-01-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
Tre giorni di tempo per andarsene
o sarà una strage: è questo l’ultimatum di Boko Haram ai cristiani della
Nigeria originari del sud, ma residenti negli Stati settentrionali a
maggioranza islamica.
La nuova minaccia del movimento
integralista musulmano, responsabile degli attentati contro i cristiani che a
Natale hanno causato oltre 50 vittime e più di 100 feriti, è stata definita
dalla polizia nigeriana inconsistente, ma tuttavia fa tremare le comunità
cristiane già tanto provate negli ultimi anni dalla violenza di Boko Haram che
ormai, nel nord dove trova i maggiori consensi, mette a segno attentati e
aggressioni quasi quotidianamente.
Se anche le forze dell’ordine
riusciranno a scongiurare un ulteriore bagno di sangue, quel che si teme è che
i terroristi riescano nell’intento di
rafforzare l’ostilità che già mina i rapporti tra le etnie nigeriane divise non
solo dalla fede, ma anche da antiche rivalità di natura economica,
particolarmente accentuate tra le comunità dedite alla pastorizia e quelle
agricole. Inoltre è chiaro che i Boko Haram mirano a far crescere nella
popolazione di religione islamica sfiducia e diffidenza nei confronti del
presidente Goodluck Jonathan, un cristiano nato nel sud. In questa direzione
vanno l’appello ai nigeriani islamici che vivono negli stati meridionali a fuggire
al più presto verso nord per salvarsi da imminenti attacchi da parte dei
militari e la dichiarazione ai mass-media che esistono fondate ragioni di
ritenere che negli Stati del nord in cui è stato dichiarato lo stato di
emergenza le forze dell’ordine si preparino a far strage di musulmani
innocenti: «noi li affronteremo in modo deciso - ha detto un portavoce di Boko
Haram - per proteggere i nostri fratelli».
Convincere i musulmani nigeriani
a diffidare di un governo “in mano ai cristiani” non è difficile. A ogni
campagna elettorale i leader del nord islamico puntano su questo elemento per
raccogliere consensi accusando gli avversari cristiani di corruzione,
malgoverno e clientelismo in favore delle etnie del sud: una strategia che,
peraltro, alle elezioni dello scorso anno ha avuto meno successo del solito,
come dimostrano i discreti risultati ottenuti da Jonathan e dal suo partito
anche nel nord. In compenso Boko Haram ha conquistato consensi nelle fasce di
popolazione più povere, oltre a godere adesso del sostegno di alcuni dei leader
islamici sconfitti.
L’offensiva di Boko Haram giunge
inoltre in un momento molto difficile per il governo nigeriano la cui
popolarità è decisamente ai minimi storici da quando ha annunciato la
soppressione a partire dal 1° gennaio 2012 dei sussidi statali che per decenni
hanno contenuto i prezzi dei prodotti petroliferi. Gli effetti del
provvedimento si sono immediatamente fatti sentire. In due giorni il prezzo
della benzina e del cherosene usato in tutte le famiglie per cucinare è più che
raddoppiato e già si hanno ricadute altrettanto pesanti sul costo dei trasporti
e di alcune merci.
Uno dei paradossi di questo Paese
è che, pur essendo da decenni il primo produttore africano di petrolio, manca
di raffinerie - se ne contano in tutto soltanto quattro, vecchie e mal
funzionanti - e per questo è costretto a importare il 90% del proprio
fabbisogno di carburante. La soppressione dei sussidi statali farà risparmiare
al governo nigeriano circa sei miliardi di euro all’anno che dovrebbero essere
investiti, insieme ad altri capitali, in piani di sviluppo: questo ha promesso
il presidente Jonathan durante la campagna elettorale. Intanto però i rincari
appaiono insostenibili per una popolazione che per due terzi vive con meno di 1,25
dollari al giorno, vale a dire sotto la soglia della povertà. Il governo ha
invitato i nigeriani a non farsi prendere dal panico, ma già si sono avute
manifestazioni di protesta che nella ex capitale Lagos hanno costretto la
polizia a intervenire con i gas lacrimogeni. In realtà i sussidi pur favorendo
i più poveri erano anche un’occasione di corruzione: molto carburante, ad
esempio, veniva rivenduto oltreconfine a prezzi di mercato. Ma di questo
nessuno si lamentava. Adesso le principali confederazioni sindacali annunciano
una mobilitazione nazionale. Il maggior partito all’opposizione, il Congress
for Progressive Change guidato dall’ex dittatore Muhammadu Buhari, soffia sul
fuoco: «il presidente Jonathan sta facendo la guerra ai nigeriani».
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