martedì 3 gennaio 2012


Preti uccisi, paesi cattolici a rischio di Danilo Quinto, 03-01-2012, http://www.labussolaquotidiana.it

Quel che impressiona, scorrendo l’elenco degli operatori pastorali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, assassinati nel corso del 2011 - pubblicato, come ogni anno, dall’Agenzia FIDES - è il dato relativo all’America. Infatti, in base alle informazioni raccolte dall’Agenzia FIDES, tra i 26 operatori pastorali assassinati (18 sacerdoti, 4 religiose, 4 laici), uno in più rispetto all’anno precedente, 13 sacerdoti e 2 laici sono stati uccisi in America: 6 sacerdoti e un laico in Colombia e 4 sacerdoti e una laica in Messico. Seguono, Brasile, Paraguay, Nicaragua (in ciascuno di questi paesi, è stato ucciso un sacerdote).


Colombia e Messico sono due paesi cattolici che da molti anni, per motivi diversi, sono al centro di violenze di ogni tipo, che colpiscono anche gli operatori pastorali e limitano fortemente la libertà religiosa.


Di anno in anno, aumenta in Messico il numero delle vittime della guerra in corso del narcotraffico (nel 2007, erano state 2.826, nell’intero 2010 se ne sono contate 15.273), che ha registrato episodi molto gravi, come l’irruzione, avvenuta nel 2010, senza mandato e senza avviso preliminare, di circa 200 poliziotti in piena Messa, in una chiesa di Apatzingán (Michoacán): dopo aver chiuso le porte, hanno liberato le donne e i bambini, per poi fermare e registrare gli uomini, nella speranza di catturare il capo supremo del Cartello “La Famiglia”.

La stessa Chiesa cattolica ha subito la violenza dei “cartelli” – riferisce il rapporto sulla libertà religiosa nel mondo dell’Istituto di Diritto Pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” - che hanno assassinato il sacerdote Habacuc Hernández Benítez e, ad Arcelia, i seminaristi Eduardo Oregón Benítez e Silvestre González Cambrón, il cui veicolo è stato investito da almeno venti colpi di fucili automatici. Nel febbraio 2010, il sacerdote della chiesa dell’Assunzione del Sacrario Metropolitano,

José Luis Parra Puerto, è stato assassinato dopo essere stato rapinato di un furgone con cui percorreva uno dei quartieri occidentali del Distretto Federale. Anche la delinquenza comune svolge un ruolo di primo piano: secondo dati dell’Interpol, i templi e le opere d’arte sacra sono i più saccheggiati dell’America Latina.

Uno studio del Centro Cattolico Multimediale, che dipende dall’Episcopato messicano, ha rivelato che il Messico sarebbe il secondo posto più pericoloso per esercitare il sacerdozio in America Latina, dopo la Colombia.


In quest’ultimo paese, i rapimenti colpiscono proprio i pastori evangelici, soprattutto in quelle zone dove la presenza di cristiani può compromettere il mercato clandestino degli stupefacenti. L’associazione “Porte Aperte” afferma di avere testimonianze di guerriglieri, di componenti di gruppi armati e di coltivatori di piante per la produzione di stupefacenti che si convertono e, naturalmente, una volta convertite queste persone abbandonano le loro attività illegali, creando un danno ai gruppi criminali, i quali reagiscono con intimidazioni, minacce, violenze, rapimenti e assassinii. Durante il 2009, in Colombia sono stati assassinati cinque sacerdoti: Juan Gonzalo Aristizabal Isaza, di Medellin; Gabriel Montoya Tamayo e Jesús Ariel Jiménez, ambedue di Vichada; Óscar Cardozo Ossa, di Villavicencio, e Jaramillo Cárdenas di Santa Rosa de Osos. Decine di sacerdoti colombiani prestano il loro servizio sotto le minacce di gruppi armati. Perfino 17 vescovi ricevono protezione da parte della polizia.


Negli altri continenti, in base ai dati dell’Agenzia Fides, la situazione relativa all’anno 2011, registra 6 operatori pastorali assassinati in Africa (due in Burundi, 1 in R.D.Congo, Sud Sudan, Tunisia, Kenya): 2 sacerdoti, 3 religiose, 1 laico; 4 uccisi in Asia (3 in India e 1 nelle Filippine): 2 sacerdoti, 1 religiosa, 1 laico. In Spagna, infine, è stato assassinato un sacerdote.


“Agli elenchi provvisori stilati annualmente - avverte l’Agenzia Fides - deve sempre essere aggiunta la lunga lista dei tanti di cui forse non si avrà mai notizia, o addirittura di cui non si conoscerà il nome, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano con la vita la loro fede in Cristo. Si tratta di quella ‘nube di militi ignoti della grande causa di Dio’ - secondo l’espressione di Papa Giovanni Paolo II – che va dal Ministro pakistano per le minoranze, Shahbaz Bhatti, primo cattolico a ricoprire tale incarico, impegnato per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese, ucciso il 3 marzo, al giovane nigeriano che svolgeva ad Abuja, presso la chiesa di Santa Teresa, il servizio di vigilanza per proteggere i luoghi di culto nel giorno di Natale, ucciso da un attentato insieme ad altre 35 persone”.


Nel decennio 1980-1989 - i dati sono quelli in possesso e diffusi dall’Agenzia FIDES - hanno perso la vita in modo violento 115 missionari: una cifra in difetto, segnala l’agenzia, perché si riferisce solo ai casi accertati e di cui si è avuta notizia. Negli anni 1990-2000 - sempre secondo i dati dell’Agenzia – sarebbero stati 604 i missionari ad gentes in senso stretto e il personale ecclesiastico uccisi. Il numero comprende, segnala l’Agenzia FIDES, le 248 persone appartenenti al personale ecclesiastico che hanno perso la vita durante il genocidio del Ruanda. Negli anni 2001-2010, il totale degli operatori pastorali uccisi è di 255.

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